MILANO – Ore 10:45. Continua la bonaccia sui titoli di Stato, italiani e non, mentre Giuseppe Conte riceve dal Presidente della Repubblica l’incarico di formare un nuovo esecutivo a trazione M5s-Pd, accettato con riserva. Il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi scende fino a 168 punti base, dai 175 della chiusura di ieri e il rendimento del titolo italiano aggiorna il minimo storico allo 0,97%. Oggi il Tesoro ha in agenda l’asta a medio lungo termine e proprio sulla scadenza decennale potrebbe mettere a segno un nuovo record al ribasso.
L’idea di estromettere la Lega di Salvini dal governo e sostituirla con una forza come il Pd piace ovviamente agli investitori, che vedono meno a rischio la traiettoria delle Finanze pubbliche italiane con un simile esecutivo. Ma il movimento dei Btp non si può leggere senza considerare la congiuntura internazionale: le Banche centrali sono pronte a intervenire di nuovo, visti i molti segnali di rallentamento economico che arrivano da ogni parte del mondo (Germania e Cina in testa), quindi i titoli di Stato sono appetiti sui mercati. In particolare quelli, come gli italiani, che ancora offrono un minimo rendimento a fronte di una sicurezza solida. A scendere non sono solo i nostri rendimenti: quelli dei Treasury trentennali sono per esempio arrivato al minimo storico dell’1,9%. Tanto che ora Mnuchin accarezza l’idea di emettere un titolo a un secolo, come già sta facendo la Svezia.
Sui mercati azionari, invece, sono sempre le mosse di Usa e Cina sul fronte commerciale a dettare il passo. Il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha detto di aspettarsi una visita a Washington dalla controparte asiatica, ma è ancora incerto se l’appuntamento di settembre che si erano dati in passato sia ancora valido. Di buono, per gli investitori, è arrivato il messaggio cinese che ha escluso immediate ritorsioni in vista dell’innalzamento delle tariffe Usa, annunciate da Trump e previste per il mese di settembre.
Messaggio distensivo accolto con piacere dai listini europei, che avevano avviato gli scambi deboli e poi migliorano. Milano si mette in luce come maglia rosa del Vecchio continente e il Ftse Mib sale dell’1,4%, spinto dai titoli industriali come Cnh e Prysmian. Recuperano anche le altre: Francoforte sale dello 0,8%, Parigi dell’1,1% e Londra dello 0,85%.
Questa mattina le azioni asiatiche hanno trattato incerte, in attesa di importanti dati macro quali il Pil Usa del secondo trimestre (atteso a +2%). Sempre alta l’allerta per la situazione britannica, con la mossa di Boris Johnson di tagliar fuori il Parlamento per andare a una Brexit dura e la sterlina in picchiata. La Borsa di Tokyo ha chiuso in calo dello 0,09%, disperdendo i guadagni di ieri sera a Wall Street dove il Dow Jones ha guadagnato l’1%, lo S&P500 è salito dello 0,65% e il Nasdaq dello 0,38%.
L’euro è stabile all’avvio di giornata. La moneta unica segna sui mercati 1,1084 dollari con una variazione di +0,05% e 0,90 sterline. In Asia lo yen passa di mano a 105,9 dollari. Male le rilevazioni di Istat sull’industria italiana, con fatturato e ordinativi in calo.
Tra le materie prime, il prezzo del petrolio è in calo: il greggio Wti del Texas cala dello 0,57% a 55,4 dollari al barile mentre il Brent del Mare del Nord scende sotto i 60 dollari a 59,4 dollari (-0,7%). Prezzo dell’oro in lieve crescita. Il metallo con consegna immediata passa di mano a 1546 dollari l’oncia con gli investitori che guardano sempre all’andamento delle trattative sui dazi fra Cina e Usa.