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Virus, l’anomala ondata dell’Umbria: “Diverse varianti nei tamponi”

Feb 3, 2021

PERUGIA – L’ondata anomala di Covid che nell’Umbria arancione (+15,6% rispetto alla settimana precedente ) ha fatto impennare i contagi e chiudere le scuole a Perugia e in altri 25 comuni porta con sé l’incognita di due varianti del virus. La “brasiliana”, sulla quale c’è un primo riscontro, e quella “inglese”, che per adesso rimane un timore consegnato ai laboratori dell’Istituto superiore di sanità.

Il primo responso è arrivato ieri proprio dall’Iss di Roma, che ha comunicato ai vertici della sanità umbra “la sospetta presenza di una variante brasiliana (o similare)” in due tamponi prelevati l’8 gennaio da altrettanti pazienti ricoverati all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia.

Il primo risultato sulla presenza della mutazione particolarmente aggressiva del virus e meno riconoscibile dal sistema immunitario è in queste ore soggetto a ulteriori approfondimenti da parte dell’Iss, che entro il fine settimana dovrà comunicare anche i risultati per altri 42 tamponi inviati dall’Umbria perché considerati sospetti a vario titolo.

Nove di questi campioni sono legati a “cluster nosocomiali”, focolai scoppiati proprio al Santa Maria della Misericordia, che nel mentre ha chiuso le porte ai visitatori e conta una settantina di operatori positivi a Covid. La maggior parte di loro avevano ricevuto una dose di vaccino, mentre un sanitario del personale infermieristico è risultato positivo al virus sette giorni dopo avere ricevuto anche la seconda fiala.

Due casi di sospetta “brasiliana”

I due tamponi, che hanno dato primo esito positivo alla variante P1 del virus, identificata il dieci gennaio in Giappone e comparsa in Italia in un caso a Varese e tre in Abruzzo, appartengono a un 89enne di Perugia e un 78enne, originario di Magione, uno dei comuni più colpiti dall’impennata iniziata dopo le feste di Natale. Il primo, con diverse patologie a carico, è morto nei giorni scorsi. L’altro risulta ancora ricoverato.

Due casi con nessun “link epidemiologico”. Non si riusciva in sostanza a capire dove si fossero infettati: non avevano avuto contatti accertati con altri positivi al Covid e non avevano fatto viaggi all’estero.

Incognite in altri 42 tamponi

I 42 tamponi spediti ieri dall’Umbria, prelevati all’ospedale di Perugia e da vari focolai della provincia, hanno destato sospetti negli esperti perché prelevati da cluster che si sono propagati in maniera molto rapida, perché appartengono a casi di contagi non riconducibili a una causa diretta o relativi a probabili reinfezioni, da soggetti guariti dal Covid e nuovamente positivi.

Il virus estratto da alcuni di questi tamponi, al test molecolare nei laboratori umbri, non ha “evidenziato” il “gene S” della proteina Spike, usata dal coronavirus per agganciarsi alle cellule. Una caratteristica presente nella variante “inglese” del Sars-Cov-2, che fa temere la presenza contemporanea di più mutazioni ad alimentare i focolai della provincia di Perugia, dove il contagio corre a passo più sostenuto che nel resto della regione e in controtendenza nazionale. A ieri il comune capoluogo contava su base settimanale 344 nuovi contagi ogni 100mila abitanti, contro i 76 di Terni.

Il sospetto che la corsa del Covid potesse avere alle spalle la spinta di mutazioni più contagiose del virus, i vertici della sanità umbra lo avevano esternato già giovedì scorso nel punto stampa settimanale. “L’indagine è nata dall’analisi epidemiologica sul territorio. La differenza dei contagi rispetto al livello nazionale e la diversa pressione tra la provincia di Perugia e Terni ci avevano già indotto a disporre accertamenti sulla possibile presenza di una variante”, commenta Massimo D’Angelo, commissario regionale all’emergenza Covid, che comunque argomenta con cautela, in attesa dei risultati definitivi.

Tracciamento e scuole chiuse

Il vero rebus adesso diventa il tracciamento nei comuni che hanno superato i 200 nuovi casi ogni 100mila abitanti. Soglia oltre la quale identificare tutti i contatti dei positivi diventa molto complesso. In 26 cittadine che hanno superato tale proporzione di nuovi contagi, Perugia compresa, i sindaci avevano già sospeso per due settimane la didattica in presenza, dalle elementari alle superiori, e molti avevano applicato misure restrittive, come l’anticipo del coprifuoco alle 21. Misure che la direzione Salute della Regione Umbria per ora ha considera sufficienti e la cui efficacia sarà soggetta a monitoraggio costante.

“Al momento – ha comunicato la Regione – le misure adottate con le ordinanze emanate dai sindaci delle aree interessate dall’alta incidenza dei contagi sono state ritenute idonee a governare l’attuale fase epidemica. Infatti, anche sulla scorta delle raccomandazioni dell’Istituto di Sanità, prevedono alcune misure rafforzate, come il coprifuoco e la chiusura delle scuole, alla luce dell’incremento del tasso di incidenza sulle fasce giovanili, peraltro dimostrato in caso di variante”.

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