• 16 Novembre 2024 17:19

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Viaggio straordinario nel cervello umano

Mag 14, 2024

Ho viaggiato dentro un assone di un cervello umano. Se, quando ho studiato fisiologia del sistema nervoso, mi avessero presentato una dichiarazione come questa, avrei dubitato della sanità mentale del mio interlocutore. Tipicamente, un assone è un filamento che unisce due neuroni e permette la trasmissione di un impulso elettrico (la base di ogni attività cerebrale) che ha un diametro medio intorno ad un milionesimo di metro, che può tuttavia essere anche di un ordine di grandezza inferiore, e quindi al di sotto del limite di risoluzione di un microscopio ottico convenzionale. Altre tecniche di microscopia, molto più potenti, possono tipicamente risolvere anche strutture di queste dimensioni, ma il punto è che per ottenere una ricostruzione tridimensionale degli assoni di un cervello umano, comprendente almeno qualche migliaio di neuroni, era fino ad adesso fuori portata, non fosse altro che per la difficoltà nel gestire in tempo reale una matrice tridimensionale di punti così ampia da contenere tutta l’informazione necessaria.

Invece, qualche giorno fa un gruppo internazionale di ricercatori, comprendente anche scienziati che lavorano presso Google, ha pubblicato su Science e reso disponibile a tutti la mappa tridimensionale di piccola parte del cervello umano, e precisamente della corteccia temporale, corrispondente ad un solo millimetro cubo – circa un milionesimo di un cervello umano intero – con dettagli sorprendenti, ad una risoluzione elevatissima (al miliardesimo di metro).

In questa mappa, sono contenuti 57000 cellule e 150 milioni di sinapsi, per un totale di 1,4 petabyte di dati di microscopia elettronica. Tecniche di calcolo molto potenti hanno consentito di isolare i singoli neuroni, i loro dendriti e assoni uno per uno, in modo che chiunque oggi nella mappa ottenuta può ottenere una visione chiara di ogni più piccola caratteristica di ogni singolo neurone incluso, invece che trovarsi alle prese con una matassa confusa di tessuto cerebrale. Naturalmente, i ricercatori che per primi hanno potuto navigare virtualmente questa mappa hanno già scoperto alcune cose sorprendenti, mai osservate prima. Innanzitutto, mentre – come era noto in precedenza – i neuroni tendono generalmente a formare una, al massimo due connessioni con ciascun altro neurone con cui comunicano, alcuni di essi formano anche 50 sinapsi con un altro neurone, ovvero hanno una connessione fortissima con partner privilegiati. Quale sia il ruolo di questo tipo di strutture è ignoto, ma si intravede la possibilità di modulare in maniera molto diversa la forza con cui un neurone può inviare segnali ai propri vicini, un ulteriore elemento di plasticità sinaptica. I ricercatori hanno anche trovato neuroni che formano strutture a viticcio, abbarbicandosi l’uno all’altro; anche in questo caso, una struttura mai vista prima e di ignota funzione, così come certe singolari coppie di neuroni speculari l’uno all’altro, cioè con forma e connessioni che paiono le une il riflesso delle altre.
Per parte mia, la mia “navigazione” di questa mappa digitale, guidata dalla curiosità del biologo, si è presto trasformata in un’esperienza che forse solo i dati che arrivano dallo spazio profondo, grazie alle nuove, potentissime macchine che abbiamo in orbita, possono eguagliare. Mi sono cioè trovato a fare lo stesso percorso che in un vero cervello umano farebbe un impulso nervoso, passando da un neurone ad un altro, ma soprattutto – e questo è l’elemento più spettacolare – in una foresta di complessità imponderabile.

Eccola qui, davanti ai nostri occhi, la vera base della cognizione complessa: 85 miliardi di neuroni, ciascuno formante migliaia e migliaia di connessioni con altri neuroni vicini e lontani, in una rete scolpita dall’evoluzione biologica, dai geni e dall’esperienza, che rappresenta un degno supporto fisico per il pensiero e per quanto altro il nostro cervello è in grado di fare. Nessuna dei più avanzati cervelli artificiali odierni può gareggiare con questa struttura in quanto a complessità fisica, e se da questa – come pare probabile – dipendono in maniera univoca le funzioni cerebrali, la nostra migliore tecnologia attuale non potrà mai raggiungerle per via di imitazione strutturale; dovremo inventare qualcosa di completamente diverso, se mai è possibile. Di fronte a questo millimetro cubo di complessità enorme, ingrandito miliardi di volte e a disposizione sullo schermo del mio PC, è più viva che mai una sensazione precisa, quella che forse più di ogni altra spinge il lavoro del ricercatore: la bellezza che tanti cercano in quello che chiamerei il sentimento poetico non può essere che aumentata dalla conoscenza e dalla scienza, e non vi è errore più grande del pensare che quest’ultima spenga e inaridisca il primo.

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