AGI – In pennarello rosso e nero ‘No al gassificatore’ è tra i libri, i gelati, i vestiti, i profumi, gli annunci immobiliari, gli scheletri di Halloween. Nave del gas vs. cittadini, il manifesto di chi non la vuole è in quasi tutte le vetrine e tra gli scaffali dei negozi di Piombino. Sembrerebbe un corpo a corpo, un duello tra lillipuziani e l’enorme imbarcazione galleggiante che dovrebbe essere messa in acqua entro il prossimo settembre per ridurre la dipendenza dell’Italia dal gas russo. Invece è una storia corale che si allunga in un tempo vasto e con pulsioni contrastanti.
Lo sfondo è un pezzo d’Italia che si sente vittima dello Stato dopo avere perso la sua identità, il regno liquefatto dell’acciaieria Lucchini di cui restano esili spoglie senza più il fuoco dell’altoforno che faceva gonfiare il petto agli operai. Tra i protagonisti un sindaco di Fratelli d’Italia, Francesco Ferrari, il primo di destra dopo una supremazia solida di sinistra, che guida la protesta senza più l’appoggio iniziale della premier del suo partito, Giorgia Meloni, e un Pd che col presidente della Regione Toscana e commissario straordinario del governo, Eugenio Giani, ha firmato l’autorizzazione al gassificatore ma a livello locale è spaccato tra chi lo vuole (pochi) e chi lo teme, “per ragioni però diverse da quelle della destra”.
I problemi di salute pubblica
A inquietare la popolazione i dati di morti e ricoverati negli ultimi 5 anni che indicano “elementi di criticità sia sotto il profilo della salute generale che su quello specifico per i fattori di rischio rilevanti per l’opera” in relazione ad alcune patologie, tra cui cancro e infarti, come attesta l’Istituto Superiore della Sanità in un documento finito nell’altissima pila di carte e pareri. Potrebbero essere dovute agli inquinanti dell’acciaieria e delle 4 discariche ma non ci sono al momento certezze sul nesso causale.
E poi loro, i quattro comitati ‘contro’ dei cittadini. “Perché non uno solo?” chiediamo a un’attivista: “Perché ognuno parte dalla sua patologia” risponde, ridendo. Diverse aree politiche di riferimento ma anche altro, come scopriremo.
A confondere ancora di più i 35 enti, tra i quali l’Autorità Portuale e l’Arpat, l’ufficio per la tutela ambientale, che sono a favore, compreso l’Iss che però chiede analisi approfondite sui rischi sanitari tenendo conto anche del possibile effetto combinato di vecchi e nuovi inquinanti.
“Danneggerà il turismo e la pesca, fermando la rinascita”
Accompagnati da Ugo Preziosi del comitato ‘La Piazza’ e Francesca Marino del gruppo ‘Salute Pubblica’ saliamo alla Tolla Alta da dove si scorge in piccolo ma con nitore dove sarà piazzata la Golar Tundra di Snam, lunga 297 metri e larga 40 con una capacità di rigassificazione stimata in 5 miliardi di metri cubi all’anno, il 6,5% del fabbisogno nazionale di gas.
“Vedi la Moby laggiù, lì viene la Golar – indica col dito Preziosi -. Il tubo esce all’incirca sotto il mare dove c’è la terza pala eolica, e poi fa 8 km e mezzo e arriva a due capannoni che purificano questo gas e lo mettono in rete, anche se il progetto Snam non chiarisce in che percentuale ci finisca. Dietro il capannone verde c’è un porto turistico. Qui sotto ci sono le case, a poche centinaia di metri, e poco più lontano gli stabilimenti balneari, l’allevamento delle cozze e le vasche dei pesci. Si può immaginare che danno farà la nave al turismo e alla pesca. Proprio ora che, dopo la crisi dell’acciaieria, piano piano ci si stava risollevando con queste attività… E tutta questa è zona Sin, cioé sito inquinato di interesse nazionale che dovrebbe essere ripulito da anni”.
Dall’8 giugno a oggi, per 36 volte i cittadini sono scesi in piazza, l’ultima in tremila. Ad appoggiarli sostenitori anche da vicine località turistiche, come Follonica, Cecina, San Vincenzo, timorosi per possibili ripercussioni su tutto il territorio. Marino mette in fila le sue paure. “In cima, la poca sicurezza per eventuali esplosioni, come in Texas nel 2014, e incendi che hanno anche provocato morti altrove. Qui è ancora più pericoloso perché la nave è proprio in porto a differenza che a Livorno e a Ravenna dove i rigassificatori stanno al largo. Poi c’è la mazzata sul turismo. Un agente immobiliare mi ha detto che da quando si è saputo del rigassificatore tante persone che prima avevano manifestato interesse per una casa hanno cambiato idea”.
Passa il signor Giovanni, ex dipendente di un’agenzia marittima. Saluta con slancio: “Ehi, combattenti!” e lascia la sua preoccupazione. “Quando ci saranno le mareggiate cosa succederà? Io lavoravo qui, d’estate ci sono centinaia di corse che vanno e vengono da e per l’Elba, questo è il secondo porto passeggeri nazionale. La presenza della nave potrebbe intralciare il traffico”.
“Non siamo egoisti, lottiamo per tutti gli italiani”
“Non siamo egoisti, come ci tacciano – riprende la parola Preziosi, per tre decenni operaio all’altoforno, “militante di estrema sinistra ma con molta stima per il nostro sindaco” – Piombino ha dato tantissimo all’italia, se i cittadini vanno in metropolitana è grazie a noi, alle rotaie firmate Lucchini. Abbiamo avuto una discarica che si è presa i rifiuti di nove regioni fino a che è fallita 4 anni fa. Abbiamo accolto, unici in Italia, la nave piena di gente col Covid all’inizio della pandemia. Siamo considerati la pattumiera d’Italia dopo quanto s’è dato a questo Paese ma la nostra lotta è per tutti gli italiani. Quello che succede qui accadrà altrove se non lo fermiamo”.
Incrociamo anche Giuseppe Atzeni, medico e consigliere comunale dell’Udc: “A Piombino esiste un grosso problema di salute pubblica, come certificano dati ufficiali. Se suoni alle porte delle case in ognuna c’è un malato di tumore. Ma tutti fanno finta di niente. Ho presentato un esposto e mi ha denunciato un’esponente della sanità pubblica locale per procurato allarme. L’archiviazione è arrivata dopo 3 anni”.
Le ragioni del sì
Nell’ordinanza di 765 pagine pubblicata sul sito della Regione, il Commissario Straordinario spiega perché non il gassificatore non dovrebbe far paura. Quanto agli “effetti dello scarico in termini di concentrazioni di cloro, si esauriscono nell’area portuale” e comunque saranno effettuati controlli sulla fauna ittica. Sui possibili rischi per gli abitati vicini, “lo stoccaggio e la movimentazione delle sostanze pericolose per l’ambiente sarà effettuato con modalità operative e secondo procedure standard che rendono remota la possibilità di contaminazione di matrice ambientale e non vi sono quindi elementi che in questa fase facciano presumere l’insorgenza di rischi ambientali con ricadute di carattere sanitario”. E per la sicurezza hanno garantito gli enti preposti, tra cui i Vigili del Fuoco, concedendo i certificati.
Nel suo parere l’Istituto Superiore, pur ravvisando che “i livelli di esposizione medi annui agli inquinanti d’interesse sanitario stimati sono relativamente contenuti ed è previsto che l’opera rimanga solo tre anni”, invita Snam, prima che la nave entri in funzione, a svolgere “uno studio sulla dispersione per tutti gli inquinanti anche nelle ore diurne quando in prevalenza arrivano le metaniere” e a condurre attività epidemiologiche “con attenzione agli esiti a breve termine per esposizione alle polveri sottili”.
Il sindaco, che ha affidato le sue ragioni (respinte da Giani) anche a studiosi del Cnr, depositerà a breve, attraverso l’avvocato Michele Greco, un ricorso al Tar contro l’ordinanza di autorizzazione. Il legale punta molto sulle numerose prescrizioni allegate dagli enti consultati al via libera di Giani. Alcune sarebbero vincolanti, secondo quanto dichiarato da Greco in un incontro pubblico, come per esempio i lavori per accogliere la nave al porto necessari per non mettere in difficoltà chi già opera nella darsena. Adattamenti che richiederebbero tempo, forse anni facendo slittare la messa in acqua della nave a chissù quando.
La strategia giudiziaria non piace al segretario Pd della Val di Cornia, Simone De Rosas: “E’ inutile, il Tar nel merito non può esprimersi. La soluzione dovrebbe essere politica. Ferrari aveva garantito poche settimane fa che, se Meloni avesse vinto le elezioni, avrebbe trovato il modo di spostarlo da Piombino ma ora col problema delle bollette non lo farà. Risolva con lei la questione oppure, a questo punto, che si trasformi questo passaggio in opportunità con le compensazioni. Sono contrario al rigassificatore ma non condivido gli argomenti demagogici del sindaco”.
Il primo cittadino in queste ore non ha voglia di rispondere a domande sulla posizione di Meloni, dal suo entourage fanno sapere però che tra i due i rapporti sono buoni e non ci sono contrasti.
Quello che resta del fiore dell’acciaio
Massimo Lami, 54 anni, da 30 lavora all’acciaieria ed è iscritto all’Usb, l’unico sindacato che si è schierato apertamente contro la nave. Il fiore dell’acciaio che fu è appassito in una sterminata distesa di ruderi industriali, abbandonati a loro stessi dal 2014 quando chiuse l’altoforno. Le finestrelle aperte nel muro da cui un tempo le donne passavano i pasti ai loro uomini in lunghi scioperi sono murate. Delle piantine ci hanno messo le radici.
Su 1.600 dipendenti 700 sono in cassa integrazione “Una volta a partire dal minerale facevamo l’acciaio, era una cosa spettacolare. Ora ci arriva dall’India e ci dedichiamo solo alla parte della laminazione. Il gassificatore può farci perdere altri posti di lavoro perché intralcerà il carico e scarico delle merci. Le compensazioni? Non sono nuove, sono promesse che non mantengono da anni, cose che ci spetterebbero comunque”.
Uno dei gestori dell’hotel Centrale in piazza Verdi respinge l”offerta’ dello sconto delle bollette. Nemmeno essere stato costretto a spegnere i frigo bar nelle camere per i costi esplosivi dovuti alla crisi energetica lo persuade. “Col gassificatore noi di Piombino non ci incastriamo. Nemmeno se mi dimezzassero i costi del gas lo vorrei”. Ci sarebbe una contropartita che alcuni però ritengono adeguata. “Serve un ospedale che torni a funzionare. E’ stato smantellato negli ultimi anni, è un disastro. Negli ultimi tempi le donne partoriscono spesso in casa o nell’ambulanza perché qui non si può più e si deve andare in altre città” spiega un lavoratore al porto.
L’esperienza no vax prima della lotta alla nave
Il 4 novembre in un’assemblea pubblica i cittadini si confronteranno su come portare avanti la protesta. Partecipiamo all’inizio di una riunione del gruppo ‘Salute Pubblica’. In una stanza siedono in cerchio una trentina di attivisti che appaiono molto agguerriti. Chiediamo come si conoscono, se questa è per loro la prima esperienza insieme. Raccontano che il comitato è nato per battersi contro il vaccino.
“Non siamo no vax – precisano subito con foga – ma no cavie perché quello non è un vaccino, è un farmaco sperimentale, un ordigno chimico che avrebbero voluto iniettarci. Un giorno la storia ci darà ragione”. E la battaglia contro il gassificatore “ha delle analogie perché anche qui tuteliamo il nostro diritto alla salute”. Francesca Marino fa un paragone: “Io partecipo soprattutto per mio figlio perché non voglio che la nave del gas sia come il Vajont: tutti sapevano che la montagna sarebbe franata ma nessuno fece nulla”.