• 30 Novembre 2024 3:41

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Viaggio a Spiez dentro il deposito svizzero dei virus del mondo voluto dall’Oms

Mag 29, 2021

AGI Il laboratorio che conterrà il deposito dei virus del mondo è un edificio grigio in cemento armato sovrastato da una montagna metà rocciosa e metà alberata alla periferia di Spiez, a una quarantina di chilometri da Berna. Siamo in un’area molto defilata e poco attraente rispetto al centro del grazioso borgo di lingua tedesca affacciato sul lago di Thun dove un accordo tra l’Oms e il Governo svizzero ha fatto nascere il ‘BioHub’, così lo hanno battezzato, all’interno di un centro di ricerca creato nel 1925 alla luce dell’esperienza dei gas tossici nella prima guerra mondiale e poi diventato un punto di riferimento nello studio delle minacce biologiche, nucleari e chimiche. Ci lavorano un centinaio di persone che ora “saranno di più”, spiega all’AGI il direttore Marc Cadish, “perché avremo bisogno di altro personale finanziato dal Governo per venire incontro alle esigenze del nuovo progetto”. 

Quello che interessa al mondo a Spiez lo sanno in pochi 

Dopo l’annuncio dato nei giorni scorsi all’Assemblea mondiale della Sanità che qui confluiranno da ogni parte del globo i campioni degli agenti patogeni emergenti pericolosi per la salute pubblica, “si è creata grande curiosità per noi da parte della stampa internazionale”, dice Andreas Bucher, il portavoce dello Spiez Lab.

Non solo la portata scientifica del progetto finalizzato a prevenire nuove pandemie ma anche la suggestione di un’analogia tra Spiez e Wuhan ispirata dalla presenza di una potenziale ‘bomba’ di virus alimentata in continuazione, sollecita angosce e domande nel resto del mondo ma non, parrebbe, nei 12mila abitanti. 

Soprattutto perché la notizia che inorgoglisce Cadish e i suoi ricercatori, “onorati di poter dare un contributo all’Oms”, sembra essere rimasta impigliata tra le potenti mura presidiate giorno e notte dai militari – presenza indispensabile vista la delicatezza delle sostanze custodite – e mai arrivata a chi vive nelle tradizionali case coi balconi di legno intarsiato sul lago o tra le floride vallate e i vigneti che ispirano lo squisito rosé locale.

“Che ne pensate del fatto che Spiez diventi la ‘capitale’ dello studio dei virus?”. La risposta è lo sguardo stranito di una decina di ragazzi  che discutono in cerchio, a distanza Covid, di fronte alla biblioteca. Poi, l’ammissione di non saperne nulla. “Ora che lo sapete, siete preoccupati per la vostra incolumità?”. Risponde solo una di loro, assicurando di non nutrire timori di questo genere. Nella scuola accanto, un uomo che sta parlando con un amico elude il quesito: “Non posso rispondere, devo correre a prendere il treno”.

Anche la gentile funzionaria allo sportello del Comune appare sorpresa alla richiesta di fissare  un appuntamento con la sindaca per approfondire il tema dell”archivio’ universale dei virus. “Non ne ero a conoscenza”, afferma un po’ imbarazzata. 

Per la sindaca è “un grande orgoglio e un’opportunità economica”

E la stessa sindaca, Jolanda Brunner, esponente del partito nazionalista e conservatore SVP, la mattina dopo confessa con un sorriso di avere scoperto da noi della creazione del BioHub e di avere in seguito preso informazioni telefonando a Cadish. “Non penso che la popolazione abbia saputo che è stato istituito questo centro dell’Oms ma sappiamo che il laboratorio è un luogo ad alta sicurezza con molta esperienza internazionale e già coinvolto in diverse sfide impegnative, quindi non ci sono problemi. I miei concittadini non hanno mai manifestato reazioni negative alle sue attività” aggiunge la rappresentante di Spiez che dal canto suo manifesta entusiasmo per l’iniziativa.

“Siamo orgogliosi del nostro laboratorio apprezzato a livello internazionale  e abituati a vedere arrivare campioni di materiale biologico da tutto il mondo. Non so se ci saranno ricadute positive a livello economico, ma è possibile che in futuro si svolgano conferenze o altre iniziative che possano avere un buon impatto. Siamo abituati a vedere visitatori giunti da altri Paesi per il laboratorio e ben contenti di accoglierne altri. Credo che sarà necessario un coordinamento continuo tra i ricercatori di tutti gli Stati, non si potrà fare tutto a Spiez”. 

 Nessuna preoccupazione su eventuali incidenti che potrebbero provocare la fuga di virus, come, secondo una tesi sempre più accreditata, sarebbe avvenuto a Wuhan, l’epicentro cinese della pandemia. “L’elevata sicurezza del laboratorio è garantita dal 1997 (da quando il laboratorio si trova a Spiez, ndr), stiamo parlando di un luogo dove si è abituati a trattare materiale pericoloso. Diversi abitanti di Spiez lavorano o hanno lavorato lì. In ogni caso, tutti hanno la possibilità nel nostro sistema democratico di  chiedere e ottenere informazioni se qualcosa non li convince ma non credo che lo faranno perché non ce n’è ragione”.

Il laboratorio del Canton Berna è classificato al livello 4 di sicurezza, uno standard molto elevato riconosciuto nel mondo solo a una cinquantina di istituti che sono ritenuti in grado di maneggiare gli agenti patogeni più pericolosi, come l’Ebola. Nel 2019 nell’ambito di una presunta vicenda di spionaggio tre agenti segreti russi erano stati indagati perché avrebbero preparato un “attacco”, contro il laboratorio.

Un anno prima, riporta sempre il sito della Radio Svizzera Italiana, era stato messo nel mirino da due 007 russi mentre i suoi ricercatori partecipavano alle analisi della sostanza usata per avvelenare l’ex agente Serghiei Skripal e la figlia.  

“L’alone di mistero intorno al laboratorio”

Un italiano da molti anni residente nel paese sostiene che “ci sia un alone di mistero su quello che accade lì dentro, soprattutto di notte, però è anche vero che non è mai successo nulla di male o almeno non è mai emerso”. Esprime dubbi sulla scelta di adibirlo a sede del deposito dei virus: “Io avrei preferito che facessero questi studi sulle montagne qua intorno, invece è vicino al fiume e non lontano dal centro”. E aggiunge che chi è contrario, “e ce ne sono”, garantisce, “non lo dice ad alta voce. E’ una questione culturale, le persone qui sono molto discrete”.

Per il direttore Cadish, che è originario della vicina Thun e da 17 anni guida la struttura, questa è “l’occasione di contribuire a salvarci da epidemie che possono essere peggiori del Covid . La condivisione di informazioni sugli agenti patogeni finora avveniva solo sulla base di accordi bilaterali complicati e di lenta attivazione. Il sistema del BioHub consentirà lo sviluppo accelerato di contromisure mediche a future epidemie e pandemie”. 

Nel 2021 gli studi saranno concentrati sul Covid e le sue varianti, dall’anno dopo il campo sarà allargato ad altri patogeni. L’auspicio fissato sulla pagina web del laboratorio “Un mondo senza armi di distruzione di massa” andrà aggiornato.          

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