Genova – A soli due mesi dai 43 morti del Morandi, c’era un altro ponte che agitava i sonni degli addetti ai controlli di Spea: «Non è possibile una superficialità così spinta dopo il 14 agosto. Cioè, vuol dire che la gente coinvolta non ha capito veramente un c… ma proprio eticamente».
Sono stati giorni convulsi, quelli fra il 17 e il 20 ottobre del 2018. Andrea Indovino, ingegnere addetto ai monitoraggi e dipendente di Spea (società controllata da Autostrade per l’Italia), non ci dorme la notte: «Qui la prendiamo nel c…».
A preoccuparlo è il reale stato di salute del viadotto Pecetti, tratto genovese della A26, il cui ammaloramento è stato coperto da un report “taroccato”: dopo la rottura di un cavo, il tecnico Alessandro Costa aveva segnalato alla sua catena di comando un deterioramento della precompressione (dunque della tenuta) del 33%, percentuale “sbianchettata” dai suoi superiori (in particolare Maurizio Ceneri, superiore di Indovino) e corretta con un più tranquillizzante 18%.
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