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Verso un Universo olografico con gli scienziati italiani

Feb 6, 2017

Una ricerca in collaborazione tra Italia, Canada e Gran Bretagna ha fornito ciò che i ricercatori pensano sia la prima evidenza sperimentale che il nostro Universo sia un gigantesco ologramma. Lo studio dei ricercatori N. Ashordi, C. Corianò, L. Delle Rose, E. Gould e K. Skenderis si è basato sul confronto dei dati raccolti dal satellite Planck sulla radiazione cosmica di fondo con dei modelli olografici in grado di spiegare l’Universo primordiale.

Mappa del fondo cosmico di Microonde realizzata dalla missione PLANCK (2013)Mappa del fondo cosmico di Microonde realizzata dalla missione PLANCK (2013)
Mappa del fondo cosmico di Microonde realizzata dalla missione PLANCK (2013)

La radiazione cosmica di fondo è una radiazione elettromagnetica che pervade l’Universo. Questa è tutto ciò che ci resta come effetto dell’origine dell’Universo, il Big Bang. La sua osservazione, dunque, è fondamentale per riuscire a formulare dei modelli cosmologici per la comprensione dell’origine ed evoluzione dell’Universo.

Crediti ESA - D DucrosCrediti ESA - D Ducros
Satellite Plank. Crediti: ESA – D Ducros

Uno dei modelli cosmologici attualmente usati è il modello standard della cosmologia, anche noto come modello ΛCDM (Cold Dark Matter), che finora emergeva come l’unico in grado di riprodurre in maniera fedele le osservazioni fenomenologiche.

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I risultati di questa ricerca mostrano che il modello olografico dell’Universo primordiale, al pari del modello standard della cosmologia, è in accordo con i dati sperimentali. Siamo di fronte, quindi, alla prima conferma empirica della validità di un modello olografico dell’Universo.

Abbiamo intervistato il Professore C. Corianò dell’Università del Salento, che ha preso parte a questo studio: “credo che siamo alla vigilia di una nuova fase della Fisica teorica. Questa ricerca ci ha permesso di studiare le fasi primordiali dell’Universo e ci ha dato importanti informazioni riguardo a un modello olografico“.

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In che senso l’Universo è un gigantesco ologramma?

“Per rispondere a questa domanda, dobbiamo andare indietro nel tempo fino al 1975 quando un giovane fisico, Stephen William Hawking, studiando i buchi neri, arrivò al cosiddetto paradosso dell’informazione. Un buco nero è una regione dello spazio molto piccola, composta da materia estremamente densa e caratterizzata da una forza gravitazionale così grande che, in prossimità del suo punto critico detto orizzonte degli eventi, nulla può scappare da esso.

La conclusione a cui arrivò fu che tutto ciò che cade in un buco nero viene perso completamente e non può uscirne più fuori. D’altra parte, la meccanica quantistica ha come principio fondamentale il fatto che nulla può essere veramente perso, in particolar modo l’informazione. Dunque, Hawking giunse al paradosso che i buchi neri violano i principi della meccanica quantistica.

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Tale paradosso può essere risolto superando l’idea della Fisica classica che un oggetto può occupare un certo spazio e non può essere in due posti contemporaneamente. La meccanica quantistica permette di affermare, invece, che può esistere nello stesso istante di tempo una condizione per cui l’oggetto è localizzato in due posti differenti.

Applicando questo principio alla teoria dei buchi neri, Gerard t’Hooft e Leonard Susskind pensarono che l’orizzonte degli eventi fosse molto simile a un ologramma e che la superficie del buco nero fosse come una pellicola fotografica. La loro idea si basava sul fatto che qualsiasi oggetto, cadendo in un buco nero, rimane intrappolato all’interno ma, allo stesso tempo, una copia esatta dell’oggetto, è preservata sull’orizzonte.

Si pensò, successivamente, di applicare quest’idea in maniera più generale: l’intero spazio tridimensionale può essere pensato come una proiezione di un orizzonte molto distante che ci circonda, l’orizzonte dell’universo, sul quale la nostra realtà è bidimensionale”.

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Ma cosa è reale e cosa non lo è?

“Il fatto che noi non percepiamo questo tipo di Universo bidimensionale deriva dal nostro essere inseriti in una realtà tridimensionale. L’olografia è un concetto molto difficile da comprendere per un organismo adattivo come il nostro. In questa teoria non viene messa in discussione la nostra realtà, ma viene data un’equivalenza tra il nostro Universo tridimensionale e quello bidimensionale sul bordo, di cui siamo un ologramma”, aggiunge il Prof. Corianò e continua: “l’idea che sembra emergere da questi studi è che lo spazio e il tempo non sono delle entità fondamentali, bensì contengono al loro interno informazioni molto più complesse. Gli stessi concetti di spazio e tempo che conosciamo verranno sicuramente ampliati e modificati secondo questo nuovo modello di universo olografico. Mi aspetto un grande sviluppo della Fisica teorica finalizzato a una comprensione più vasta e profonda dell’Universo”

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