AGI – “Era più facile che cadesse un meteorite che un incidente così”. Lo dice con gli occhi gonfi Massimo Fiorese, amministratore delegato della società ‘La Linea’, proprietaria del bus precipitato dal cavalcavia di Mestre. Lo pensano tutti nelle ore in cui si cerca di unire i puntini per dare forma a una spiegazione razionale che tranquillizzi rispetto alla mostruosità dei numeri: ventuno passeggeri morti (nove ucraini, quattro rumeni, tre tedeschi, un italiano, un croato, due portoghesi, un sudafricano), quindici feriti, alcuni molto gravi come una bimba di quattro anni in rianimazione.
Ma è la carta dell’imprevisto quella che sembra restare, più di altre, sul tavolo delle probabilità. Alberto Rizzotto, 40 anni, autista esperto che godeva di buona salute come certificano le visite annuali aziendali, potrebbe essere stato annebbiato da un malore che ha fatto sbandare il bus sul guardrail per una cinquantina di metri prima del volo.
È il procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, a far cadere alcune delle altre possibilità. “Non c’è stato nessun urto con altri mezzi“, l’automobilista che passava in quei momenti è stato anzi il primo a chiamare i soccorsi. E nemmeno si può pensare a un’avaria di un fiammante ‘puledro’ della mobilita’ qual era il bus, con un solo anno di vita.
Fiorese ha individuato nel guardrail, datato anni Cinquanta, “malconcio, con un buco” e in apparenza sottile “come una ringhiera”, una possibile concausa dell’incidente. La Procura lo ha sequestrato, assieme all’intero tratto di strada, ma Cherchi assicura che “indagherà le persone solo ci sono concrete responsabilità, non tanto per farlo”.
Il mezzo “andava piano”, hanno garantito tutti i testimoni, alcuni dei quali ascoltati in ospedale dai carabinieri e dalla polizia locale. Il magistrato sottolinea quanto sia “importante” l’autopsia sulla salma dell’autista che è toccato proprio a Fiorese riconoscere ieri sera, gravato per di più dal dover avvertire i genitori coi quali l’uomo viveva vicino a Treviso.
Il fatto che fosse un mezzo elettrico potrebbe avere influito? Il procuratore ha parlato di “fuoriuscita del gas dalle batterie di litio” che sono state sequestrate. Fiorese, pero’, precisa che “le batterie stanno in un contenitore stagno a cui viene tolto l’ossigeno per evitare esplosioni e c’e’ solo un gas inerte per scongiurare incendi”. E infatti l’incendio non c’e’ stato: solo un principio di rogo e tanto fumo.
Il bus, sequestrato e messo in un deposito, è ancora bianco, non intaccato dalle fiamme. L’ipotesi più probabile è che i decessi siano avvenuti per i traumi causati dall’impatto. All’obitorio allestito vicino all’ospedale dell’Angelo non ci si può avvicinare. Le forze dell’ordine proteggono il dolore dei familiari. Alcuni dei 15 pazienti, quelli non in terapia intensiva, chiedono che fine abbiano fatte i parenti coi quali viaggiavano verso il campeggio Hu. Tutti turisti di un dolce autunno con cieli belli venuti ad assaporare Venezia da tutto il mondo.
Acquisito video con istanti prima dell’incidente
Fondamentale per la ricostruzione della dinamica del tragico incidente è l’analisi dei filmati delle telecamere di videosorveglianza. In uno di questi si vedere il bus precipitare per ragioni ancora inspiegabili. Nel bus precipitato dal cavalcavia ieri a Mestre, oltre a una scatola nera, c’era anche “un impianto che ha registrato dati, come quelli relativi alla velocità, alla posizione e alla frenatura, che restano salvati in cloud per sei mesi e messi a disposizione in tempo reale del Comune di Venezia”. Lo spiega sempre Massimo Fiorese, amministratore delegato della società proprietaria del mezzo. La scatola nera “mantiene in memoria registrazioni continue di quello che accade all’interno e all’esterno”.
Il video segna le 19:38 e 29 secondi quando compare il bus dei turisti di ritorno da Venezia. Viaggia a una velocità ridotta, nel traffico delle ore di punta. Poi scompare pochi istanti nascosto da un altro bus che viaggia nella corsia parallela. Lo si vede ricomparire poi nell’istante esatto in un cui sfonda il guardrail precipitando dal cavalcavia. Le immagini sembrano quindi escludere il coinvolgimenti di altre auto come si era ipotizzato.
L’assessore: “Buco in guardrail? Accuse che indignano”
“Sono davvero indignato… qualcuno mi deve spiegare come può un varco tecnico che è sempre esistito, di appena 1,5 metri, che serve per fare la manutenzione essere la ragione per cui un mezzo di 13 tonnellate è caduto da quel cavalcavia. Prendiamo atto che lo sport nazionale è quello di fingersi tutti ingegneri e professori e lanciare accuse a destra e a manca”. A dirlo è l’assessore comunale ai Trasporti Renato Boraso rispondendo ad una polemica che indica proprio in un varco nel guardrail la causa del tragico incidente di Mestre (Venezia) in cui hanno perso la vita 21 persone.
“L’analisi va fatta in maniera seria e non con battute e valutazioni – ha poi aggiunto – lasciamo fare ai tecnici, io intanto sto valutando il da farsi con i miei legali”. “Mi chiedo e mi piacerebbe sapere, come mai il bus non ha frenato ne’ mai controsterzato? Vogliamo capire che striscia per una decina di metri contro il guardrail e questo non cede mai? Ognuno faccia le sua valutazioni ma anche a me da autista è capitato di toccare il guardail e la prima cosa che si fa istintivamente è controsterzare. Lì bisogna fare chiarezza” aggiunge l’assessore comunale ai Trasporti Renato Boraso rispondendo ad una polemica che indica nel guardrail la causa del tragico incidente di Mestre (Venezia).
“Poi lasciamo ai tecnici della procura di far ogni valutazione – ha poi proseguito – c’e’ una indagine, abbiate rispetto della Procura che sta facendo l’indagine e dei morti”.