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Valle d’Aosta e il vino: piccoli numeri per una grande qualità

Set 4, 2016
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La Valle d’Aosta, grazie alle Alpi che la proteggono a nord dalle correnti fredde ed a ovest dalle correnti umide dell’Atlantico, gode di un clima, nella valle centrale percorsa dalla Dora Baltea, adatto alla coltivazione della vite, che cresce ad altezze comprese tra i 350 ed i 1.250 metri s.l.m., nella maggior parte dei casi su pendii ripidi, con terrazzamenti ottenuti con muretti a secco.

L’area vitivinicola si estende sulle pendici pedemontane che corrono da Pont-Saint-Martin a Morgex, interessando maggiormente le coste soleggiate della sinistra orografica: un percorso di neppure 90 km, una sorta di solco che taglia in 2 la regione, climaticamente caratterizzato da scarse precipitazioni, escursioni termiche importanti tra giorno e notte e ventilazione costante.

Le prime Denominazioni di Origine Controllata sono del 1971 e 1972, rispettivamente per i vini Donnas, almeno 85 % a base Nebbiolo, ed Enfer, almeno 85 % a base Petit Rouge, fino ad arrivare al 1985 con l’introduzione di una sola DOC “Valle d’Aosta” o “Vallée d’Aoste”, comprendente tutti i vini di qualità della Valle.

Oggi la denominazione “Valle d’Aosta – Vallée d’Aoste” è rappresentata da 7 sottodenominazioni di zona e da 19 sottodenominazioni di vitigno, che possono poi differenziarsi per colore (bianco, rosso, rosato) e tipologia di vinificazione (novello, passito, vendemmia tardiva e spumante).

La storia della vite in valle ha origine antiche: è estremamente probabile che la vite vi sia giunta, grazie a scambi commerciali, prima dell’arrivo delle legioni romane (fino al 25 a.C. i Romani non riuscirono ad avere il totale dominio del territorio): i resti d’anfore ritrovati nella necropoli d’Aosta, risalenti al V sec a.C., probabilmente sono le prime testimonianze di attività vitivinicole. La viticoltura conobbe periodi di prosperità e di abbandono a causa delle carestie e delle invasioni barbariche e saracene (i Saraceni occuparono la valle nel X secolo d.C., 938-1000). Successivamente si ebbe uno sviluppo continuo della viticoltura nei secoli, che ha portato alla massima espansione del vigneto valdostano a fine ‘800, con circa 3.000 ettari coltivati.

Dopo la filossera la superficie vitata ha continuato a contrarsi, fino ai dati ISTAT del censimento 2010 che parlano di 463 ettari di vigneto in Valle d’Aosta, di cui 301 DOC. I 162 ettari non DOC spesso non sono identificati in termini di vitigno ma lasciati “vaghi”.

L’essere Regione a Statuto Speciale ha portato negli anni importanti risorse finanziarie per lo sviluppo della viticoltura, soprattutto dopo il 2000, permettendo il recupero, la selezione ed il reimpianto di vitigni autoctoni e tradizionali, un vero e proprio patrimonio di rarità enologiche da custodire e tutelare.

Dei 463 ettari vitati, circa 74 sono coltivati a Petit Rouge, 44 a Nebbiolo, 30 per il Pinot Nero, che precede il Prié blanc, con 29 ettari il più importante vitigno bianco. A ruota il Fumin con 24 ettari, seguito dai vitigni bianchi Moscato, Chardonnay e Petite Arvine, rispettivamente a 19,18 e 17 ettari. Dando qualche altro numero, la produzione di vino, in migliaia di ettolitri, delle vendemmie 2013, 2014 e 2015 è stata, rispettivamente di 20, 15 e 23, con un’incidenza media sulla produzione italiana dello 0,04 %. Irrisoria per numeri, ma altamente significativa per qualità e tipicità.

Come detto, oltre ad alcuni vitigni internazionali, Pinot Nero, Pinot Grigio, Chardonnay, Syrah, etc, la Valle d’Aosta è patria di un incredibile numero di vitigni autoctoni, molti dei quali si esprimono al massimo delle potenzialità solo lì. Voglio citare, tra quelli a bacca scura, il Petit Rouge, il Cornalin, il Fumin ed il Mayolet; il Prié Blanc è l’unico vitigno a bacca bianca sicuramente autoctono. Particolarità del Prié Blanc è l’essere una delle rare varietà a piede franco, non innestate su vite americana, in quanto non è stato colpito dalla fillossera. Di seguito presento 2 aziende familiari di cui ho particolarmente apprezzato i vini: Maison Anselmet e Lo Triolet

Maison Anselmet – Villeneuve (AO)

La famiglia Anselmet fa vino almeno dal 1585, data a cui risale un contratto d’acquisto di una vigna in località Villeneuve. Tradizione che si è tramandata con passione di generazione in generazione, ma sempre per il proprio consumo. Nel 1978 Renato Anselmet decide che vuole produrre vino non solo ad uso familiare: vengono imbottigliate le prime 70 bottiglie per la vendita, con etichette fatte a mano. Sembrano poche , ma è solo un primo passo, di anno in anno viene ampliata la superficie dei vigneti con acquisti o contratti di affitto di lunga durata, si selezionano i vitigni, la produzione aumenta e la qualità migliora. Nel 2001 l’azienda passa a Giorgio, il figlio di Renato, che dopo essesi diplomato all’Institut Agricole Règional ha maturato diverse esperienze lavorative nel settore.

Fondamentale è stato avere tra i docenti il direttore dell’Institut, il canonico Joseph Vaudan, membro illustre dell’Accademia italiana della vite e del vino e vero punto di riferimento della viticoltura valdostana, capace di appassionare generazioni di allievi.

Nel 2007 viene inaugurata la nuova cantina, moderna e tradizionale allo stesso tempo, realizzata anche con i consigli di Beppe Caviola. L’azienda cresce con continuità e progettualità, fino ad arrivare ad oggi con 14 ettari di vigneti, di cui 2,5 non ancora in produzione, con una produzione annua intorno alle 75.000 bottiglie, ripartite su 15 etichette diverse. Giorgio coltiva sia vitigni autoctoni che internazionali. Tutta la famiglia è impegnata con lui in azienda, a partire da papà Renato che, essendone la memoria storica, si occupa dell’accoglienza. La moglie Bruna Cavagnet, originaria di Cogne, maestra di sci, si occupa delle lavorazioni in vigna. Non manca il contributo dei figli Henri, Arline e Stephanie, anche se Henri ora è concentrato su un suo progetto, avendo fondato l’azienda vinicola La Plantze. Il vino di punta dell’azienda è Le Prisonnier, da me assaggiato e su cui c’è molto da dire.

Le Prisonnier 2013

La prima annata di questo vino è il 2001: si tratta di un uvaggio di Petit Rouge al 40%, Cornalin al 35%, Fumin al 20% e Mayolet al 5%, provenienti da una parcella singola nel comune di Saint Pierre, a 750-800 metri s.l.m. Vendemmia manuale, dopo la vinificazione l’affinamento è per 18 mesi in barrique francese con bâtonnage, di cui solo il 10 % di primo passaggio. La produzione è di 1.300 bottiglie con un tenore alcolico del 14,5 %.

Il vigneto è costituito da 7 terrazze “imprigionate” – da qui il nome – sopra e sotto da pareti rocciose. Questo comporta una doppia escursione termica, con un primo picco a mezzogiorno, ed un secondo picco serale, quando le rocce rilasciano il calore accumulato durante il giorno.

Quando fu acquistato il vigneto, l’dea era di produrre del Torrette DOC, ma non è stato possibile farlo perchè i filari di Petit Rouge presenti nella vigna non raggiungevano la quantità minima del 70% stabilita dal disciplinare. Prima di espiantare e ripartire con nuove barbatelle si è fatta una prima vendemmia, prendendo come riferimento il “Saggio sulle viti e sui vini della Valle d’Aosta” del 1838 di Lorenzo Francesco Gatta, che definiva il vino prodotto in quell’area tra i migliori d’Italia: si è così fatto nel 2001 un vino con le modalità del 1838! E poichè i risultati di questo salto nel tempo sono stati eccezionali, si è continuato così. Anzi, volendo espandere questa vigna, Giorgio, con l’appoggio di Giulio Moriondo, ha iniziato un percorso di selezione e clonazione delle viti, che ha portato alla produzione di circa 3.000 barbatelle, barbatelle che saranno impiantate in 2.800 mq di nuovi terrazzamenti realizzati con tronchi di castagno.

Parliamo ora del vino: di color rubino, è di estrema complessità nel suo bouquet, con frutta rossa quasi in confettura, sottobosco, spezie dolci, terra, cuoio, note ferrose e di legno aromatico. Al sorso è morbido, estremamente elegante, potente, di struttura, persistente nel suo finale fruttato. E’ un vino di grande piacevolezza, quasi “coccoloso”.

Prezzo in enoteca: € 50-60

Lo Triolet – Introd (AO)

Marco Martin fonda la sua azienda vitivinicola nel 1993: all’inizio la produzione è di solo 1.000 bottiglie. La passione per la viticoltura gli arriva dal nonno che faceva vino per la famiglia e un po’ lo vendeva in damigiana. Marco, classe 1965, lavorava come tecnico in viticoltura presso la Regione: diventare lui stesso produttore era probabilmente un passo inevitabile.

Lo Triolet si trova a soli 5 km dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, ed oltre alla cantina vi è un agriturismo, in un vecchio edificio del 1656, e sta per essere inaugurata la nuova sala di degustazione, dotata di cucina. Il punto di forza di Marco è il Pinot Gris, con cui da diversi anni ormai fa “collezione” di 3 bicchieri del Gambero Rosso, tanto da reimpiantarlo su un vecchio vigneto di Petit Rouge a 900 metri di altitudine. I suoi vigneti sono situati nei comuni di Introd, Villeneuve e Nus, ad una altitudine che varia dai 600 ai 900 metri, su suoli sabbiosi, di origine morenica, con una forte componente minerale. La gestione del vigneto segue i pricipi della lotta integrata. Martin possiede e lavora 4 ettari di vigna, a cui si aggiungono 2 ettari di diversi conferitori che gli vendono l’uva: in totale riesce a produrre circa 50.000 bottiglie divise su 11 etichette, più….una sorpresa, un nuovo vino che entrerà in commercio tra 1-2 anni, ma di questo parleremo al momento opportuno ! E’ aiutato un po’ da tutta la famiglia, dai genitori Renè ed Emilia, alla moglie Paola. I suoi vini sono venduti per il 60 % nella valle, per il 15 % nel resto d’Italia, e per il 25 % all’estero, prevalentemente USA, ed in misura minore Canada, Francia, Belgio. Ho degustato il Pinot Gris 2014.

Vallée d’Aoste Pinot Gris 2015

Pinot Grigio in purezza. Le 12.000 bottiglie prodotte hanno un tenore alcolico del 14 %.

La vendemmia, manuale in cassetta, è stata il 12 settembre. Vinificazione in acciaio, così come l’affinamento, che dura 6 mesi.

Nel bicchiere è di colore giallo paglierino, luminoso e di buona intensità. E’ un vino che, nonostante l’annata calda, mantiene freschezza ed acidità grazie all’altezza del vigneto: i profumi principali sono di pera williams, di erbe di montagna, mela e miele, oltre ad una sottile striatura balsamica. Note fruttate e sapidità al palato, strutturato e complesso, persistente ma soprattutto fresco. Un Pinot Grigio intrigante e di grande soddisfazione: da non perdere !

Prezzo in enoteca: € 15 – 16

DA NON PERDERE

Dal 02/09/2016 al 11/09/2016 – Chiuro (SO)

33esima edizione del Grappolo d’Oro : Il vino valtellinese volta protagonista per 10 giorni ricchi di storia, incontri con il gusto, spettacoli, eventi culturali ed un concorso enologico.

Per info: http://www.italiadelvino.com/news.asp?id_news=1227

Dal 08/09/2016 al 11/09/2016 – Scanzorosciate (BG)

11esima edizione della Festa del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi : Il Moscato di Scanzo, pregiato passito rosso, sarà il protagonista della manifestazione nell’affascinante borgo storico di Rosciate.

Per info: http://www.italiadelvino.com/news.asp?id_news=1228

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