• 8 Gennaio 2025 14:57

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Valentino Rossi, la verità 13 anni dopo: cosa accadde davvero in Ducati

Dic 31, 2024

‘Cosa sarebbe successo se…?’. Tra corsi e ricorsi storici nella MotoGP, uno dei più grandi misteri dell’epoca moderna vede per protagonisti Valentino Rossi e Ducati: una combinazione che prometteva di unire il meglio del motociclismo italiano. Dopo anni di successi in Yamaha, il Dottore avrebbe dovuto portare la Desmosedici al vertice. Ma il progetto si rivelò una delle sfide più complicate da lui mai affrontate in carriera. Dal primo ingresso nel box, la tensione era palpabile, e i risultati sul circuito non tardarono a riflettere le difficoltà di adattamento.

I motivi del fiasco

In un biennio, Rossi conquistò solo due podi. Numeri impietosi, che misero a dura prova il rapporto tra il campione di Tavullia e la squadra di Borgo Panigale. Partiti con l’ambizione di scrivere pagine memorabili, le due eccellenze fallirono. A tanti anni da allora, i tifosi ancora si interrogano su cosa sia andato storto. Ora, grazie al documentario DAZN Life in Red, i nodi vengono al pettine.

“Era la moto peggiore che avrei potuto avere ai suoi tempi, era pessima”, osserva Loris Capirossi in riferimento alla GP11. Tuttavia, come sottolinea Martinez, “alla fine, è stato l’arrivo sognato da tutti gli italiani per un marchio italiano. Il problema è che non sapevamo bene come fosse quella moto. L’arrivo di Valentino, la necessità di mettere a disposizione di Valentino una moto che fosse abbastanza competitiva”. Opinioni condivise da Mauro Grassilli, secondo cui “il suo problema problema era che era arrivato in Ducati come un fenomeno che poteva salvare la Ducati da una situazione, non difficile, ma migliorabile”. Propositi naufragati una volta salito in sella sulla due ruote.

A livello tecnico, Martínez spiega che “in linea di massima la moto progettata da Filippo Preziosi era una moto pensata e concepita per non avere un telaio perimetrale, e l’arrivo di Valentino ha cambiato anche questa parte molto importante del progetto, un po’ con l’intento di svoltare una Ducati in una Yamaha”. Memore delle soddisfazioni raccolte nel team giapponese, VR46 sentiva fosse la strada giusta. Eppure, le previsioni furono disattese.

“Poiché concettualmente la moto non è concepita allo stesso modo, alla fine i risultati non sono stati esattamente gli stessi”, aggiunge Martínez, evidenziando che in Ducati “sono state realizzate sette versioni di moto diverse in due anni” per cercare di ottenere risultati con Rossi.

Il telaio perimetrale in alluminio utilizzato su un “motore che non è stato progettato e concepito” ad hoc per la configurazione rendeva la due ruote “motore che non è stato progettato e concepito”. Ciò “limitava la capacità di movimento dei ciclisti sulla moto, ostacolandone le prestazioni”.

Pioggia di critiche

I risultati sotto le aspettative determinarono “momenti di grande tensione”, rivale il tecnico spagnolo: “Tutto trema. Tremano le fondamenta dell’azienda stessa. Le persone sono molto affezionate al marchio e, indipendentemente dal nome che gli viene posto sopra, sono ducatisti, che sono stati molto critici”.

Talmente la situazione degenerò che “ad un certo punto hanno dovuto bloccare i social network a causa di critiche rivolte al management o ai risultati che lo stesso Valentino stava ottenendo, e questo ha colpito tutti i punti della fabbrica, a partire dalla fabbrica stessa. Domenicali fino in fondo”. L’entusiasmo iniziale non venne, dunque, confermato, lasciando un senso di incompiuto, che, ancora oggi, non fa chiudere occhio ai fan.

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