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Usavano materiale scadente per i lavori di ristrutturazione del viadotto Morandi di Catanzaro

Nov 4, 2021

AGI – Usavano prodotti scadenti e ne erano consapevoli i titolari della ditta incaricata di ristrutturare il prestigioso viadotto Morandi di Catanzaro e i muri di contenimento della statale 280 dei Due Mari, che ne è la naturale prosecuzione; lo erano al punto da dire che i prodotti impiegati “fanno cagare”, ma li utilizzavano comunque per contenere i costi.

Ora i due fratelli imprenditori, che agivano con la complicità di un dirigente dell’Anas e del direttore dei lavori, devono rispondere di intestazione fittizia e associazione per delinquere aggravati, rispettivamente, dalla modalità e finalità mafiosa; corruzione, auto riciclaggio, frode in pubbliche forniture, truffa.

I provvedimenti del Gip sono stati chiesti dalla procura di Catanzaro. Le accuse, formulate a vario titolo, sono riportate nell’ordinanza eseguita stamane dalla Guardia di Finanza nei confronti di 6 persone, di cui 4 arrestate.

La frode riguarda quei materiali inidonei che non garantivano la qualità dell’intervento. L’operazione è stata denominata in codice “Brooklyn”, con chiaro riferimento al celebre ponte. In carcere sono finiti gli imprenditori Eugenio e Sebastiano Sgromo, di 52 e 55 anni,  coinvolti anche nell’operazione “Basso profilo”, e un militare della Guardia di Finanza, Michele Marinaro, 52 anni, che, secondo l’accusa, informava gli indagati sulle mosse della magistratura catanzarese e dei suoi stessi colleghi: il suo nome era già emerso nella maxi operazione antimafia “Rinascita-Scott”. Arresti domiciliari per una collaboratrice dei due fratelli, Rosa Cavaliere, di 54 anni.

Interdetti dall’esercizio della professione due tecnici dell’Anas: Gaetano Curcio, 42 anni, e Silvio Baudi, 43. A carico dei 6 l’aggravante di aver agevolato associazioni di tipo mafioso in relazione all’esecuzione dei lavori. Il Gip ha anche disposto il sequestro preventivo di tre società di costruzione e di oltre 200.000 euro come profitto dei reati contestati.

Il ponte Morandi di Catanzaro è considerato una pietra miliare dell’ingegneria ed è il simbolo del capoluogo della Calabria. Realizzato negli anni sessanta (i lavori terminarono, con l’inaugurazione, nel 1962) dalla società romana Sogene e progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi, era, all’epoca del suo completamento, il secondo ponte ad arco singolo nel mondo per ampiezza della luce.

Collega il centro del capoluogo calabrese con la parte ovest del territorio comunale, in particolare con  i quartieri Gagliano e Mater Domini, e, attraverso viale De Filippis, con la statale 280 che consente di raggiungere l’autostrada A2. L’opera, realizzata in calcestruzzo armato, sovrasta il torrente Fiumarella. 

Considerato un vero e proprio monumento, il ponte è stato valorizzato con un’illuminazione che, nelle ore notturne, ne esalta le linee architettoniche. Nel 1963 fece la sua comparsa nel film “La ballata dei mariti” insieme con il vecchio albergo Moderno della città e con altre località turistiche della provincia.

La magistratura ne ha disposto il sequestro con facoltà d’uso. Stesso provvedimento per la gallerita del Sansinato che immette sulla statale 280.

Il sindaco Sergio Abramo, interpellato dall’AGI, rassicura, comunque, sulla stabilità dell’opera simbolo della città. “Due anni prima che il ponte Morandi di Genova crollasse – racconta Abramo – una signora mi portò delle foto che aveva scattato e in cui si evidenziava il deterioramento delle strutture. Allarmato, mi precipitai all’Anas chiedendo un intervento immediato e devo dire che la società si mosse con grande rapidità. Furono fatti dei sondaggi – spiega – i cui risultati mi furono mostrati e da cui si evinceva che l’interno della struttura non è deteriorato, sebbene si rendesse necessario un intervento per rifare l’intonaco. Si procedette quindi alla gara d’appalto. Ho seguito la pratica, avviata in tempi non sospetti, giorno per giorno. L’intervento della magistratura riguarda l’esecuzione delle opere e non le fasi dell’appalto. La struttura, ripeto, è solida – conclude – come si evince dai controlli”.

Allarmata la reazione di Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia. “Questa volta il disastro è stato evitato, perché gli arresti sono arrivati prima del dramma” scrive su Facebook.

“L’attività investigativa – aggiunge – ha delineato un grave quadro indiziario, a carico di imprenditori, i quali a causa di problemi finanziari, con la complicità  del direttore dei lavori e di un ingegnere dell’Anas, impiegavano nelle lavorazioni un tipo di malta di qualità scadente, ma più economico di quello inizialmente utilizzato. Un altro Ponte Morandi, che ci fa tornare alla mente quello, più noto, di Genova. Come detto, questa volta – rileva il presidente della Commissione parlamentare antimafia – il disastro è stato evitato. Bene, complimenti agli inquirenti. Le imprese che si occupano di certi appalti devono essere trasparenti e lavorare con qualità ed efficienza. Più controlliamo a monte, meno rischi correremo. Chi in nome della velocità vorrebbe evitarlo – conclude Morra – è un irresponsabile che non fa il bene del Paese”.

Per Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, “sarà indispensabile approfondire al più presto questa delicata vicenda. Se ci sono stati illeciti è giusto che i responsabili ne rispondano davanti alla giustizia. Non si scherza – dichiara – con la sicurezza dei cittadini”.

Interviene anche il senatore Ernesto Magorno, di Iv, che scrive: “Il sequestro del Ponte Morandi a Catanzaro è un atto a tutela dei cittadini. Grazie al Procuratore Nicola Gratteri per lo straordinario lavoro che realizza quotidianamente. A lui rinnoviamo tutto il nostro sostegno”. 

La senatrice de “L’Alternativa C’è”, Bianca Laura Granato, anticipa all’AGI: “Chiederò che la Regione e il Comune di Catanzaro si costituiscano parte civile in primo grado e io stessa in quanto senatrice eletta residente nel capoluogo farò altrettanto”.

Secondo il deputato del M5S Paolo Parentela, catanzarese come Granato, “la vicenda conferma la pervasività della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici. Ancora una volta, da quanto emerso, per interessi e affari della ‘ndrangheta viene messa a rischio la vita dei calabresi, a quanto pare anche con inammissibili forme di complicità in ambiti pubblici”.

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