L’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani da parte degli americani un fatto sconvolgente che — visto dal miglior giornale del Medioriente, Haaretz, e dal suo miglior analista, Anshel Pfeffer — pone due questioni critiche sull’Iran e due sugli Usa. Vediamole.
1) L’Iran abbandoner la sua prudenza?
Dalla tremenda guerra degli anni ‘80 con l’Iraq, che gli cost oltre un milione di morti, l’essenza della strategia del regime — totalmente incarnata da Soleimani — stata evitare un altro conflitto in campo aperto. Ora sia la sua assenza nelle discussioni tra i leader sia la rabbia generata dalla sua morte possono scalfire questa cautela. La gamma di obiettivi possibili per la rappresaglia ampia. In ogni caso, l’Iran deve calibrare l’escalation, se non vuole che il conflitto tocchi il suo territorio. E il suo stratega principe non c’ pi.
2) Come influir la morte di Soleimani sull’assetto di potere interno?
Il suo ruolo era di importanza gigantesca: comandava le Guardie della Rivoluzione da 22 anni ed era dato perfino tra i possibili successori di Khamenei come Guida Suprema. C’era lui dietro tutte le scelte decisive, dalla destabilizzazione dell’Iraq dopo l’invasione Usa al salvataggio di Assad in Siria. E Khamenei ha continuato a sostenerlo anche dopo i colpi a vuoto: l’impossibilit di creare basi stabili in Siria per via degli attacchi israeliani e le manifestazioni popolari che (come la fazione legata al presidente Rouhani) chiedevano di investire nelle riforme anzich nelle guerre. Senza Soleimani, l’Iran potrebbe per una volta calcolare male la sua risposta e andare a una guerra totale. Ma se le conseguenze sono contenute, c’ anche la speranza che cominci a limitare le sue ambizioni regionali.