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Università, rettore di Ferrara accusato di plagio: “Campagna di discredito”

Set 3, 2019

ROMA – C’è un blogger tedesco, Leonid Schneider, che sta mettendo in difficoltà uno dei rettori più brillanti del panorama universitario italiano. Schneider, che alimenta con vigore il suo sito “For better science”, già ricercatore di Medicina molecolare e oncologica (anche in Italia), da maggio 2018 sostiene che in alcuni studi del 2007 e del 2008 firmati dal professor Giorgio Zauli, oggi rettore dell’Università di Ferrara, ci siano evidenti plagi. Nello specifico, immagini scientifiche riutilizzate e riprodotte più volte. Perlopiù autoplagi, ovvero lavori dello stesso autore riproposti successivamente senza specificarlo e con finalità fraudolente.

Il professor Zauli, 59 anni, è a sua volta un clinico di Medicina molecolare, un ricercatore oncologico. Si è laureato con il massimo dei voti e poi dottorato all’Università di Bologna, quindi ha percorso tutti i gradini della carriera accademica. Il suo curriculum scientifico parla di 194 pubblicazioni sui riviste internazionali (citate sul Journal citation reports).

Il giornalista Schneider, con il suo stile aggressivo, si è focalizzato su specifici lavori di una decina di anni fa, ma la piattaforma “pubpeer.com”, che consente ai ricercatori di segnalare gli studi con potenziali contestazioni, a sua volta ha messo online quarantun ricerche degli ultimi vent’anni (1998-2018) riconducibili al professor Zauli, spesso coordinatore del progetto citato. L’arco di tempo copre l’intera carriera dell’accademico, da ricercatore a rettore, e in calce ai dossier si possono leggere commenti di “pari grado” che in alcuni casi confermano l’ipotesi del plagio: “I due istogrammi sono identici”.

In un primo tempo il professor Zauli aveva ipotizzato querela nei confronti di Schneider, poi ha rinunciato. Nel 2018 la commissione etica dell’Università di Ferrara ha aperto un procedimento nei confronti del rettore, a giugno ha giudicato inammissibile l’istanza presentata dal giornalista tedesco (per statuto si può procedere solo su atti interni) e, quindi, ha scelto di indagare sulla base dei documenti dell’accademico accusato. A gennaio 2019 la commissione ha archiviato: “Nessun plagio”. Un giornalista di Ferrara ha chiesto di poter vedere le motivazioni dell’archiviazione, ma il rettore ha negato l’accesso agli atti: “È in corso una campagna di discredito nei miei confronti, le motivazioni restano riservate”.

Non sono servite sollecitazioni arrivate dallo stesso mondo accademico (il professor Lucio Picci, dell’Università di Bologna), Zauli è irremovibile: “Da una parte c’è un oggettivo pregiudizio nella richiesta e dall’altra dobbiamo tutelare chi si rivolge alla Commissione etica perché ha subito un torto. Non abbiamo mai reso pubblici gli atti, non vedo perché dovremmo farlo in questo caso”.

Già. Venerdì scorso i vertici della commissione, che otto mesi fa aveva archiviato il procedimento, si sono dimessi. Il costituzionalista Andrea Pugiotto, presidente, ha spiegato: “Siamo in parziale dissenso con le motivazioni con le quali l’ufficio legale ha negato l’accesso agli atti”. Domani, tra l’altro, la Commissione etica porterà la relazione annuale – caso Zauli compreso – in Senato accademico.

Il rettore è in difficoltà e in un sol fiato ora dice: “Alla base di questa vicenda ci sono alcuni errori materiali commessi molti anni fa nella composizione di tabelle di controllo, a corredo di esperimenti. Per esempio un grafico, su centinaia realizzati, è stato pubblicato due volte. Il giornalista Schneider ha scritto a molte riviste scientifiche segnalando ipotetiche frodi e una soltanto ci ha chiesto spiegazioni. Le abbiamo date e i redattori si sono detti soddisfatti. La storia della scienza mondiale è piena di errori materiali. Sulla piattaforma da cui è nato tutto, “pubpeer.com”, sono stati messi in croce molti miei colleghi rettori e i top scientist del nostro Paese, compreso Carlo Maria Croce, il più famoso oncologo italiano. Spesso le contestazioni si sono rivelate fesserie”.

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“Nel nostro caso – continua – nessuno di quegli errori materiali ha influenzato i dati finali. A volte le imprecisioni sono state del gruppo di ricerca, a volte degli editori: in quell’arco di carriera abbiamo fatto venticinquemila esperimenti, gran parte trasferiti su floppy disk. E vorrei dire che, a volte, le pressioni della scienza contemporanea possono portare ad alcune inaccuratezze, ma nella mia vita non ho mai taroccato un dato. Ho il sospetto che certe mie politiche accademiche espansive, vicine agli studenti, abbiano dato fastidio al mondo accademico. Non riesco a spiegare altrimenti questo attacco così pesante e reiterato”.

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