MILANO – Da una parte il Tesoro – che sta lavorando alacremente per mettere a punto su Mps un pacchetto che non risulti troppo indigesto – dall’altra gli azionisti privati dell’unico interlocutore al momento su piazza, Unicredit, che recalcitrano. Nella migliore delle ipotesi esprimono perplessità e dubbi, forse almeno in parte puntano i piedi. In mezzo una banca, Mps, che necessariamente deve trovare una collocazione entro tempi brevi (se non altro per prescrizione della Commissione europea) e deve mettere a punto un rafforzamento patrimoniale fino a 2,5 miliardi.
In una serie di incontri prima di Natale, i principali soci italiani di Unicredit hanno incontrato – individualmente – il neo presidente della banca, Pier Carlo Padoan. È possibile che gli abbiano espresso perplessità sull’ipotesi Monte; il meno convinto sembra Leonardo Del Vecchio, primo azionista privato della banca con l’1,9%, davanti alla Fondazione Cariverona (1,79%) e Fondazione Crt (1,64%). Non c’è un fronte comune tra i soci, che hanno poco più del 5% della banca; però è ragionevole che ci sia un comune sentire: la preoccupazione per l’andamento del titolo e per le scarse soddisfazioni in termini di redditività. Che vedono messi potenzialmente ancor più a rischio da un’operazione “politica” come Mps: il faro, secondo le ricostruzioni, deve essere la creazione di valore per la banca e per gli azionisti.
Il che non esclude il Montepaschi, se come sta emergendo in queste ore il Mef sta cercando di agghindare al meglio la sua creatura. Consapevole che sia bene trovare una soluzione alla banca, piuttosto che trovarsi dopodomani con un problema più grande. Nelle ipotesi di questi giorni ci sarebbe un pacchetto di misure che probabilmente supera i 6 miliardi di “dote” tra sgravi fiscali, acquisto a prezzi non aggressivi degli Npl di Unicredit attraverso la pubblica Amco (una voce stimata sopra il miliardo rispetto ad altre cessioni sul mercato), partecipazione al rafforzamento patrimoniale e forse garanzie sul contenzioso legale.
La partita del risiko si intreccia con la ricerca del nuovo ad in Unicredit. Il 13 gennaio si terrà un cda ordinario, preceduto dalla riunione dei vari comitati, comitato nomine compreso. Si farà il punto della situazione, il candidato vero emergerà probabilmente entro fine mese. E alla fine toccherà a lui portare avanti la trattativa formale con il Mef (i contatti per ora li sta tenendo Jean Pierre Mustier). Destinato, in questo schema, a diventare il primo azionista (con una quota intorno all’11%) della realtà post fusione e a restarci anche se per un tempo non infinito.