AGI – Minacciava di avvelenare acque minerali e prodotti alimentari nei supermercati, con iniezioni di cianuro, solfato di tallio e topicida, se non avesse ottenuto il pagamento di un riscatto, richiesto in criptovalute e, per farlo, si nascondeva dietro email anonime, inviate attraverso provider esteri, arrivando al punto di pubblicare video dimostrativi sulle modalità dell’avvelenamento, per apparire ancora più persuasivo nel ricatto alle aziende alimentari, vittime dell’estorsione.
Per questo – grazie all’intervento della Polizia Postale, coordinata dalla procura di Roma – un cittadino italiano di anni 47, residente nella provincia di Trieste è stato arrestato con l’accusa di estorsione, aggravata dal danno patrimoniale di rilevante gravita’, con l’utilizzo di modalità atte a celare la propria identità e in luoghi tali da ostacolare la pubblica e privata difesa.
Per l’uomo su disposizione del gip di Roma è scattata la misura cautelare in carcere.I fatti criminosi accertati a partire dall’agosto 2021 e sino al maggio 2022 ai danni delle aziende vittima dell’estorsione venivano attuati attraverso ricattati operati con comunicazioni via mail, che sfruttavano avanzati sistemi di anonimizzazione; il presunto estorsore richiedeva il pagamento in criptovaluta di ingenti somme di denaro, minacciando l’avvelenamento e l’inserimento in commercio dei prodotti distribuiti dalle aziende contattate, mediante contaminazione con cianuro, solfato di tallio, topicida.
La minaccia prevedeva anche la successiva divulgazione, attraverso gli organi di stampa, dell’avvenuto avvelenamento dei prodotti, con potenziale allarme sociale, danno di immagine ed economico per le aziende e soprattutto determinando un gravissimo pericolo per la salute dei consumatori.
Per dare ulteriore forza e credibilità al proposito estorsivo, nelle comunicazioni si faceva riferimento ad avvelenamenti e inserimenti dei prodotti nella distribuzione già avvenuti. La Polizia Postale di Roma ha trovato in casa dell’indagato anche diversi file-video, che documentavano presunti avvelenamenti dei prodotti e il loro successivo riconfezionamento, in attesa di eventuale inserimento nella catena di distribuzione al pubblico.
Dalle indagini è poi emerso che tali azioni non sono state poste in essere e non risulta che si sia mai verificato l’avvelenamento di prodotti alimentari e di acque, anche grazie alle tempestive indagini eseguite. Le complesse indagini del Nucleo Operativo per la Sicurezza Cibernetica (Nosc) della Polizia Postale del Lazio, coordinate a livello centrale dal Cnaipic – Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche della Polizia di Stato, hanno fatto emergere notizia di numerose altre aziende, italiane ed europee (in Germania, Francia, Spagna, Austria e Svizzera), vittime del medesimo modus operandi criminale.
Proprio l’immediato scambio informativo internazionale condotto dalla procura di Roma e dal Cnaipic, attraverso la cooperazione degli ufficiali di polizia giudiziaria presso Europol ha consentito di realizzate una preziosa collaborazione investigativa tra i cyber-agenti italiani e i colleghi della polizia austriaca impegnati in una similare e ben avviata attività investigativa sul medesimo personaggio, attraverso lo sviluppo delle tracce informatiche e finanziarie lasciate sulla scena.
Contestualmente la procura ha avviato una preziosa e leale collaborazione, attraverso il desk italiano di Eurojust, con la magistratura austriaca, che consentiva di acquisire alle indagini decisivi elementi investigativi. Collaborazione che si è rivelata, poi, decisiva per consentire alle forze dell’ordine di ricostruire le varie tessere del mosaico estorsivo e convergere sull’identificazione del cittadino triestino come principale indiziato di tutte le condotte illecite.
Nel corso della complessa attività investigativa, la polizia postale del Lazio, insieme alla polizia postale del Friuli-Venezia Giulia, ha eseguito un provvedimento di perquisizione personale e domiciliare emesso dai pm di Roma a carico dell’indagato, mentre lo stesso si trovava in regime di affidamento in prova ai servizi sociali, misura alternativa alla detenzione concessagli proprio a seguito di una precedente condanna, in via definitiva, per altri delitti di frode informatica ed estorsione.
La perquisizione informatica è andata avanti per oltre sedici ore, tempo indispensabile al personale operante per il superamento dei complessi sistemi informatici di protezione degli accessi ai propri devices impostati dall’indagato; dopo numerosi tentativi la polizia postale è riuscita ad accedere ai contenuti del portatile dell’indagato, raccogliendo anche nell’immediato preziosi elementi indiziari che confermavano l’ipotesi investigativa.
Inoltre in sede di perquisizione sono stati rinvenuti e posti sotto sequestro una serie di oggetti, tra i quali una tovaglia, un forno, una bilancia per il peso di alimenti, del tutto identici a quelli che comparivano in uno dei video amatoriali girati dall’indagato, nei quali venivano rappresentate le modalità di avvelenamento, da realizzare mediante l’inserimento di solfato di tallio, all’interno di barattoli di prodotto.
La lunga e complessa indagine che ha seguito il sequestro dei reperti operato nel corso della perquisizione, ha visto applicare sia tecniche investigative tradizionali che avanzati e innovativi protocolli di indagine tecnico-informatica, e ha consentito di raccogliere numerosi elementi di indagine relativi alla campagna estorsiva oggetto di investigazioni.
In particolare l’analisi dei devices sequestrati ha consentito di rinvenire tracce dell’utilizzo degli account ricorrenti nella campagna estorsiva; in merito alle dimensioni del fenomeno basti pensare che da consultazione del Sistema informativo Interforze in uso alle forze dell’ordine si rileva l’inserimento di 200 casi analoghi denunciati con l’utilizzo dei medesimi account.
Inoltre, le indagini condotte hanno consentito di acquisire copioso materiale probatorio idoneo a suffragare il coinvolgimento dell’indagato nei fatti a lui contestati nell’ordinanza di custodia cautelare. Gli elementi probatori raccolte dalla polizia postale hanno consentito al giudice di sorveglianza di Trieste di revocare al soggetto la misura premiale, alternativa al carcere, precedentemente accordata, e successivamente al gip di Roma di disporre la misura della detenzione cautelare emesso proprio per il pericolo di reiterazione di analoghi reati e impedire che quelli in corso fossero portati a ulteriori gravi conseguenze.
Il reiterarsi del protocollo criminale – lo stesso tipo di minacce, il medesimo invito a prendere contatti, l’utilizzo di account ricorrenti – consentiranno alla polizia postale, in raccordo con le autorità giudiziarie ove sono state poste in essere le condotte minatorie, di attivare approfondimenti di indagine in relazione a oltre 200 altri reati di estorsione ai danni di aziende italiane ed estere.