AGI – Una stagione promettente dal punto di vista calcistico e da quello editoriale. Urbano Cairo varca la soglia del Senato per partecipare alla presentazione del Torino Club Parlamento e la conferenza stampa diventa l’occasione per ripercorrere la storia della società granata, dalla tragedia di Superga, al fallimento di undici anni fa e la nuova stagione inaugurata, un po’ rocambolescamente, dall’imprenditore di Masio.
Una conferenza stampa fiume al termine della quale l’editore si è soffermato oltre mezz’ora per scattare selfie con gli ‘onorevoli tifosi’ e per rispondere alle domande ‘fuori sacco’ dei cronisti. “Ovunque vada raccolgo grandi simpatie per il Toro”, esordisce Cairo: “Sarà sicuramente per la storia del Grande Toro e per la sua fine tragica. Si tratta in ogni caso di una simpatia che attraversa l’Italia, da Nord a Sud”.
Cairo guida il Toro dal 2 settembre 2005. “La società era fallita. In estate mi chiama il sindaco di Torino Chiamparino. Sapeva che vengo da una famiglia di fede granata. Mia madre e mio padre mi hanno trasmesso l’amore per i colori e per i valori che rappresenta il Torino”, ricorda Cairo attorniato da senatori e deputati di maggioranza e opposizione, da Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia a Enrico Borghi di Italia Viva, passando per il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.
“Era agosto, risposi che il calcio è complicato, che non me la sentivo di intraprendere una avventura del genere e che, soprattutto, mia moglie stava aspettando di poter partire per le vacanze a Forte dei Marmi. Quindi, faccio i bagagli e parto. Ma arrivato a Forte mi richiama il sindaco per fare un altro tentativo. Gli rispondo che ci avrei pensato, ma non ero convinto. Il 16 di agosto, però, ricevo un’altra telefonata. Mi dicono che il Torino può ripartire dalla serie B”. È la notizia che genera una crepa nella determinazione di Cairo a non avventurarsi nel mondo del calcio.
La seconda ‘picconata’ nel muro alzato dall’imprenditore arriva dall’interno della sua famiglia: “Mia madre era una maestra elementare. La persona più prudente del mondo. Ma era anche una grande tifosa granata. Mi telefonò e mi chiese impaziente se avevo deciso: la sua impazienza, in quel momento, mi convinse. Sentendola così motivata decisi di andare a Torino. Dissi a mia moglie che mi sarei assentato solo per mezza giornata, ma lei vide che riempivo la valigia di camicie. ‘Tutte quelle camicie per mezza giornata?’, mi chiese. Le risposi che faceva caldo e che mi sarebbero serviti dei cambi. Cosi’ partii per Torino. E non sono più tornato indietro”.
Rocambolesca è stata l’acquisizione della società, ma altrettanto rocambolesca è stata la costruzione della squadra. “È stata una battaglia”, ricorda ancora Cairo. “Siamo riusciti a partire il due di settembre avendo solo una settimana per fare campagna acquisti. Dal due al nove settembre abbiamo acquistato nove giocatori, tra cui Muzzi della Lazio a un minuto dalla fine del calciomercato”.
Non solo: “Acquistammo Muzzi la sera prima della prima di campionato. Il giorno dopo parti’ da Roma alle 12 e alle 15 era già in campo. Una cosa da armata Brancaleone. Con mia moglie, mia figlia e mio figlio, che allora erano piccoli, abbiamo fatto un giro di campo e loro erano un po’ spaventati. Abbiamo vinto uno a zero con l’Albinoleffe con un gol forse fantasma. Abbiamo fatto una cavalcata incredibile e siamo arrivati al terzo posto arrivando ai playoff. A Mantova, nella finale playoff, perdiamo quattro a uno. Poi vinciamo tre a zero a Torino e siamo in serie A. Per i tifosi del Toro ero Papà Urbano. Oggi un po’ mi contestano”.
Oggi, Cairo si trova a fare i conti – in tutti i sensi – con un calcio molto diverso. “È un mondo in cui il Torino fattura cento milioni e deve competere con squadre che fatturano quattrocento milioni. In dodici anni siamo ancora in serie A, avendo raggiunto ottimi risultati”.
Una gestione da ‘pater familias’ come dimostra anche la vicenda Buongiorno. “Io non ho mai voluto vendere Buongiorno. L’Atalanta mi ha chiesto Buongiorno. Ho ascoltato, il giocatore ci ha pensato e ha detto che preferiva rimanere al Toro, ho rinunciato a 25 milioni e sono stato felice così”, sottolinea ancora il presidente del Toro. “Abbiamo comprato Zapata, che non è male”, sorride.
E se qualche mal di pancia tra i tifosi persiste, Cairo confessa di aver commissionato un sondaggio da cui risulta che “il 75 per cento dei tifosi è dalla mia parte. Da parte mia c’è grande voglia di fare bene, dedico molto tempo alla squadra, al Toro ritaglio sempre almeno il venti per cento del mio tempo, diviso sempre fra mille impegni”. E per il futuro, Cairo si mostra ottimista: “L’Inter è superiore, poi viene il Milan e il Napoli tornerà. Ma anche il Torino farà bene”.
AGI – Una stagione promettente dal punto di vista calcistico e da quello editoriale. Urbano Cairo varca la soglia del Senato per partecipare alla presentazione del Torino Club Parlamento e la conferenza stampa diventa l’occasione per ripercorrere la storia della società granata, dalla tragedia di Superga, al fallimento di undici anni fa e la nuova stagione inaugurata, un po’ rocambolescamente, dall’imprenditore di Masio.
Una conferenza stampa fiume al termine della quale l’editore si è soffermato oltre mezz’ora per scattare selfie con gli ‘onorevoli tifosi’ e per rispondere alle domande ‘fuori sacco’ dei cronisti. “Ovunque vada raccolgo grandi simpatie per il Toro”, esordisce Cairo: “Sarà sicuramente per la storia del Grande Toro e per la sua fine tragica. Si tratta in ogni caso di una simpatia che attraversa l’Italia, da Nord a Sud”.
Cairo guida il Toro dal 2 settembre 2005. “La società era fallita. In estate mi chiama il sindaco di Torino Chiamparino. Sapeva che vengo da una famiglia di fede granata. Mia madre e mio padre mi hanno trasmesso l’amore per i colori e per i valori che rappresenta il Torino”, ricorda Cairo attorniato da senatori e deputati di maggioranza e opposizione, da Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia a Enrico Borghi di Italia Viva, passando per il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.
“Era agosto, risposi che il calcio è complicato, che non me la sentivo di intraprendere una avventura del genere e che, soprattutto, mia moglie stava aspettando di poter partire per le vacanze a Forte dei Marmi. Quindi, faccio i bagagli e parto. Ma arrivato a Forte mi richiama il sindaco per fare un altro tentativo. Gli rispondo che ci avrei pensato, ma non ero convinto. Il 16 di agosto, però, ricevo un’altra telefonata. Mi dicono che il Torino può ripartire dalla serie B”. È la notizia che genera una crepa nella determinazione di Cairo a non avventurarsi nel mondo del calcio.
La seconda ‘picconata’ nel muro alzato dall’imprenditore arriva dall’interno della sua famiglia: “Mia madre era una maestra elementare. La persona più prudente del mondo. Ma era anche una grande tifosa granata. Mi telefonò e mi chiese impaziente se avevo deciso: la sua impazienza, in quel momento, mi convinse. Sentendola così motivata decisi di andare a Torino. Dissi a mia moglie che mi sarei assentato solo per mezza giornata, ma lei vide che riempivo la valigia di camicie. ‘Tutte quelle camicie per mezza giornata?’, mi chiese. Le risposi che faceva caldo e che mi sarebbero serviti dei cambi. Cosi’ partii per Torino. E non sono più tornato indietro”.
Rocambolesca è stata l’acquisizione della società, ma altrettanto rocambolesca è stata la costruzione della squadra. “È stata una battaglia”, ricorda ancora Cairo. “Siamo riusciti a partire il due di settembre avendo solo una settimana per fare campagna acquisti. Dal due al nove settembre abbiamo acquistato nove giocatori, tra cui Muzzi della Lazio a un minuto dalla fine del calciomercato”.
Non solo: “Acquistammo Muzzi la sera prima della prima di campionato. Il giorno dopo parti’ da Roma alle 12 e alle 15 era già in campo. Una cosa da armata Brancaleone. Con mia moglie, mia figlia e mio figlio, che allora erano piccoli, abbiamo fatto un giro di campo e loro erano un po’ spaventati. Abbiamo vinto uno a zero con l’Albinoleffe con un gol forse fantasma. Abbiamo fatto una cavalcata incredibile e siamo arrivati al terzo posto arrivando ai playoff. A Mantova, nella finale playoff, perdiamo quattro a uno. Poi vinciamo tre a zero a Torino e siamo in serie A. Per i tifosi del Toro ero Papà Urbano. Oggi un po’ mi contestano”.
Oggi, Cairo si trova a fare i conti – in tutti i sensi – con un calcio molto diverso. “È un mondo in cui il Torino fattura cento milioni e deve competere con squadre che fatturano quattrocento milioni. In dodici anni siamo ancora in serie A, avendo raggiunto ottimi risultati”.
Una gestione da ‘pater familias’ come dimostra anche la vicenda Buongiorno. “Io non ho mai voluto vendere Buongiorno. L’Atalanta mi ha chiesto Buongiorno. Ho ascoltato, il giocatore ci ha pensato e ha detto che preferiva rimanere al Toro, ho rinunciato a 25 milioni e sono stato felice così”, sottolinea ancora il presidente del Toro. “Abbiamo comprato Zapata, che non è male”, sorride.
E se qualche mal di pancia tra i tifosi persiste, Cairo confessa di aver commissionato un sondaggio da cui risulta che “il 75 per cento dei tifosi è dalla mia parte. Da parte mia c’è grande voglia di fare bene, dedico molto tempo alla squadra, al Toro ritaglio sempre almeno il venti per cento del mio tempo, diviso sempre fra mille impegni”. E per il futuro, Cairo si mostra ottimista: “L’Inter è superiore, poi viene il Milan e il Napoli tornerà. Ma anche il Torino farà bene”.