MILANO – Sono 39 indagati che rischiano di andare a giudizio per come hanno condotto, in barba alle regole del mercato, la gestione di Ubi, la quarta banca italiana, nata dalla fusione fusione tra le banche di Brescia e Bergamo. Tra di loro figurano Giovanni Bazoli, come presidente dell’associazione Ablp, e la figlia Francesca, l’amministratore delegato di Ubi Victor Massiah, Emilio Zanetti, come presidente dell’associazione ‘Amici di Ubi’, il vicepresidente di Ubi Mario Cera, nonché il presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e l’imprenditore Giampiero Pesenti.
Secondo il documento di chiusura delle indagini, Bazoli era “tra i componenti della cabina di regia che sul lato bresciano decideva le nomine degli organi della banca e delle sue partecipate in condivisione con quelle decise dalla ‘commissione Zanetti’ costituita sul lato bergamasco”.
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Tutti in concorso tra loro erano a conoscenza dell’esistenza di un patto parasociale stretto tra le Associazioni Ablp e Amici di Ubi Banca, direttamente riconducibili a Bazoli e Zanetti, un patto che permetteva di decidere l’alternanza negli organi di governo della banca, dirigendo con i loro voti l’assemblea dei soci. Per di più nessuno ha comunicato alle Autorità di vigilanza, Consob e Banca d’Italia, il patto parasociale e i metodi con i quali venivano decise le nomine, lasciando intendere al mercato che fossero garantiti i principi di “pariteticità e alternatività”. Invece erano le due associazioni esterne alla banca a decidere i vertici del gruppo e come se non bastasse hanno preso le decisioni anche sulle maggiori questioni aziendali, al di fuori degli organi di governo societario e dei relativi comitati. I due fronti guidati da Bazoli e Zanetti hanno creato un apparato organizzativo capace di creare consenso in favore delle lista dei candidati che facevano loro riferimento, che si è manifestato da ultimo nell’assemblea soci del 2013. Convolti nella raccolta deleghe anche la Compagnia delle Opere, la Sodali spa, il consorzio Fidi imprese artigiane di Bergamo.
A Bazoli è anche contestato di aver ignorato il divieto di possedere due cariche in due gruppi concorrenti, Ubi e Banca Intesa: “E’ vietato ai titolari di cariche negli organi gestionali di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nel mercato del credito, assicurativi o finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti”. Dal 29 marzo 2012 Bazoli ha continuato a mantenere la presidenza del gruppo bancario Intesa Sanpaolo oltre che ad amministrare di fatto il gruppo Ubi. E Bazoli avrebbe anche negato durante l’interrogatorio presso la Consob l’esistenza del governo occulto di Ubi.
E la banca non solo era gestita in modo occulto, ma favoriva anche alcuni clienti. Il documento di chiusura dell’inchiesta su Ubi ripercorre alcune operazioni della banca svolte per lo più in conflitto di interesse. Per questo rischia il processo anche Italo Lucchini, componente del consiglio di sorveglianza di Ubi, perché tramite la società della figlia Silvia, la Tuscany Charter, aveva acquistato dalla società di Leasing della banca Ubi una barca da diporto, chiamata “Beata of Southampton”, senza denunciare il conflitto di interessi e senza alcun via libera da parte dell’organo di controllo. Il tutto per permettere all’imprenditore Giampiero Pesenti, anche lui indagato, di acquistare a sua volta la barca a un prezzo di favore: il risparmio secondo la procura sarebbe stato di due milioni, a danno ovviamente della banca.
La barca sarebbe stata venduta per circa 3,5 milioni di euro contro un valore di mercato iniziale di 12 milioni, prima alla Tuscany Charter srl di Silvia Lucchini che poi l’avrebbe girata a una società di Nicosia riconducibile a Pesenti.
A Pesenti e Silvia Lucchini, oltre alle comesse comunicazioni e ai raggiri, viene contestato anche un mancato versamento Iva pari a 735mila euro, a cui si aggiungono oltre 100mila euro di Iva per false fatturazioni. Sono finite nell’occhio del nucleo valutario della guardia di finanza anche i rifornimenti di carburante dello yatch, fittiziamente destinato all’attività di charter che beneficia del regime di esenzione delle accise, cosa invece non possibile quando la barca è privata. Per tutti questi rifornimenti a Pesenti è contestato anche il reato di ricettazione.
Ecco chi rischia il giudizio: Franco Polotti, Andrea Moltrasio, Victor Massiah, Mario Cera, Giovanni Bazoli, Francesca Bazoli, Enrico Minelli, Flavio Pizzini, Federico Manzoni, Emilio Zanetti, Giuseppe Calvi, Armando Santus, Carlo Garavaglia, Mario Mazzoleni, Pierpaolo Camadini, Italo Folonari, Giuseppe Medda, Italo Lucchini, Silvia Lucchini, Gianpiero Bertoli, Alessandro Maggi, Guido Cominotti, Alessandro Miele, Giampiero Pesenti, Giuseppe Sciarrotta, Guido Marchesi, Marco Mandelli, Gemma Maria Baglioni, Enrico Invernizzi, Antonella Bardoni, Rossano Breno, Matteo Brivio, Ettore Ongis, Angelo Ondei, Stefano Lorenzi, Giovanni D’Aloia, Marco Martelli, Marco Fermi, Francesco Morlè.