Scontro social
The Donald twitta dal profilo Potus, ma il social network rimuove anche quei tweet. L’ira dei repubblicani. Kim si fa sentire: «Usa nostro nemico»
The Donald twitta dal profilo Potus, ma il social network rimuove anche quei tweet. L’ira dei repubblicani. Kim si fa sentire: «Usa nostro nemico»
9 gennaio 2021
4′ di lettura
Twitter chiude definitivamente l’account di Donald Trump, per «il rischio che inciti la violenza» anche il 17 gennaio. Il presidente Usa allora twitta da quello ufficiale Potus, ma il social cancella anche quei post. In un comunicato, Trump annuncia di valutare una sua piattaforma. Piogge di critiche al social network dai repubblicani. Intanto torna ad accendersi il fronte diplomatico del Far East: «Gli Usa sono il nostro più grande nemico», afferma il leader nordcoreano Kim Jong-un.
La nota ufficiale di Twitter
Intorno alla Mezzanotte del 9 gennaio, ora italiana, è arrivata la notizia della sospensione permanente, da parte di Twitter, dell’account @realDonaldTrump, quello del presidente americano. «Dopo aver rivisto i recenti tweet da @realDonaldTrump, abbiamo deciso di sospendere permanentemente l’account per il rischio di ulteriore incitamento alla violenza», recitava una nota del social network. Una mossa che ha avuto immediate ripercussioni borsistiche: i titoli di Twitter a Wall Street hanno infatti perso il 2,78% nelle contrattazioni after-hours. Si è fatto sentire anche lo staff di Trump: «Disgustoso. Big Tech vuole cancellate tutti i 75 milioni di sostenitori di Donald Trump», ha twittato Jason Miller, consigliere della campagna del presidente Usa uscente, commentando la decisione del social network. «Vi sbagliate – dice Miller – se pensate che non prendano di mira voi dopo».
La reazione del figlio di Trump
Si fa sentire anche Donald Trump Jr., figlio del presidente uscente: gli Stati Uniti «stanno vivendo 1984 di Orwell. La libertà di parola non esiste più in America. È morta con big tech e quello che ne è rimasto è solo per pochi prescelti. È un’assoluta pazzia. L’ayatollah e altri regimi dittatoriali possono avere account Twitter senza problemi nonostante minaccino il genocidio di interi paesi e uccidano gli omosessuali, ma il presidente degli Stati Uniti deve essere sospeso in via permanente. Mao sarebbe orgoglioso».
La reazione di Trump: «Apro una mia piattaforma»
Non tarda a farsi sentire il diretto interessato. «Twitter non è libertà di parola, è per promuovere la piattaforma della sinistra radicale», afferma il presidente uscente in una nota: «Non ci metteranno a tacere». Stavolta twitta dall’account ufficiale Potus (President of the Unites States) e, criticando Twitter per aver sospeso il suo, annuncia: «Siamo in trattative con altri siti. Stiamo valutando la possibilità di costruire una nostra piattaforma. Come dico da tempo, Twitter si è spinta ben oltre il vietare la libertà di parola e stasera i suoi dipendenti si sono coordinati con i democratici e la sinistra radicale per rimuovere il mio account dalla loro piattaforma, per far tacere me, voi e i 75 milioni di americani che mi hanno votato», afferma Trump. «Avevo previsto che sarebbe accaduto – mette in evidenza il presidente Usa -. Stiamo trattando con vari altri siti e avremo un grande annuncio a breve. Stiamo anche valutando la possibilità di una nostra piattaforma in un breve futuro. Non ci metteranno a tacere. Twitter non è libertà di parola».
Rimossi i tweet dell’account Potus
Twitter ha così rimosso pure i «cinguettii» effettuati dall’account Potus. Secondo le regole del social network, se Trump dovesse cercare di aprire un nuovo account questo sarebbe sospeso non appena rintracciato. «Gli attacchi» di Twitter «ai conservatori sono vergognosi», afferma il senatore repubblicano Rick Scott. «Twitter ha sospeso il presidente Trump ma consente ai cinesi di vantarsi del genocidio e all’ayatollah di parlare sulla possibilità di spazzare via Israele dalle cartine geografiche», lamenta Scott dando voce alla frustrazione della destra nei confronti dei social media, accusati di essere liberal e faziosi. «Mettere a tacere la gente, per non parlare del presidente americano, è quello che succede in Cina, non nel nostro Paese», gli fa eco Nikki Haley, l’ex ambasciatrice all’Onu di Trump e aspirante per i repubblicani alla Casa Bianca nel 2024. Più o meno con le stesse parole si esprime il New York Post di Rupert Murdoch: «Alcuni dei tweet di Donald Trump non erano la verità ed erano provocatori, ma lo stesso sono quelli dell’ayatollah Khamenei, il cui account è in rete. La differenza è che Twitter è guidata da liberal americani, che mettono sotto esame solo un tipo di persona e solo un’area politica», afferma il board editoriale del quotidiano.