Vi ricordate del film neorealista di Remo Garpelli “Biglietto amaro”? Se non ci riuscite tranquilli, in realtà non esiste, era soltanto il titolo di un famoso sketch di Aldo, Giovanni a Giacomo dove i tre comici rappresentavano la tipica scena in cui il passeggero di un autobus veniva multato per non avere il biglietto. Al di là delle risate però, l’evasione tariffaria nel trasporto pubblico è un problema attualmente più serio di quanto sembri.
Incide infatti sugli introiti delle aziende di TPL (Trasporto Pubblico Locale) e quindi sulla qualità del servizio che possono offrire. A tutto ciò è direttamente associato l’utilizzo da parte delle persone, quelle che dovrebbero rappresentare il ritorno economico. Se le cose non funzionano come dovrebbero, calano i soldi in entrata per le aziende, il che significa meno manutenzione, meno mezzi circolanti, meno copertura stradale e perciò più veicoli privati (che tradotto vuol dire ingorghi e inquinamento).
Al netto di scorrette gestioni aziendali (purtroppo molto diffuse), tutti questi problemi partono dall’evasione, colpevole di innescare un complicato circolo vizioso. Come si può intervenire? Per provare a capirlo è necessario partire dall’inizio, cercando innanzitutto di comprendere perché si evade e perché in alcune città il fenomeno è meno diffuso.
Perché si evade
Secondo vari studi, il fenomeno dell’evasione è associato alle più comuni motivazioni che possono venirci in mente. La facilità con cui è possibile eludere è una di loro, e molte persone fanno leva su questo aspetto; un’altra è la bassa probabilità di essere scoperti, che fa apparire l’evasione più conveniente in termini economici. Molti ormai si sono specializzati in tecniche di “clandestinaggio”, stanno attenti se i controllori salgono, si posizionano vicino alle porte di discesa oppure saltano i tornelli con gesti atletici rapidi e impeccabili.
Ci sono però ricerche, come una condotta recentemente a New York, che pongono l’accento su un altro aspetto, quello che a ben vedere fa da comune denominatore a tutte le precedenti motivazioni: la mancanza di denaro.
Escludendo chi sceglie consapevolmente di evadere e chi, magari da giovane e squattrinato, ha fatto qualche volta come Ajeje Brazorf, ci sono molte persone che non possono permettersi di pagare il biglietto. Se per andare al lavoro spendo la metà di quello che guadagno vuol dire che c’è un corto circuito nel sistema. Alla base dell’evasione c’è spesso un fattore economico da tenere presente nelle strategie di contrasto.
Ma perché in alcune città il fenomeno della clandestinità è meno accentuato? È legato alla qualità della vita o ci sono altre cause di cui tenere conto?
Le città con il miglior trasporto pubblico
Nonostante la quantità enorme di classifiche che si possono trovare sull’argomento, le migliori città dal punto di vista del trasporto pubblico sono quasi sempre le stesse. Negli elenchi compaiono metropoli come:
Berlino;
Praga;
Tokyo;
Hong Kong;
Taiwan;
Vilnius;
Londra;
Singapore;
Edinburgo;
Si tratta di località che hanno ricevuto apprezzamenti da chi ci vive, da chi le ha frequentate come turista e dalle aziende che ne gestiscono il servizio. Come hanno fatto queste città a diventare leader nei servizi di trasporto pubblico? Quali sono le principali strategie che applicano? Pur sapendo che un ruolo determinante la svolge la cornice socio-culturale in cui si trova a operare ogni TPL, proviamo a vedere quali punti in comune hanno questi centri urbani.
Le strategie comuni
Ogni città menzionata adotta delle strategie funzionali al proprio contesto: alcune, come Tokyo, hanno impostato il loro reticolo urbano creando delle poli attrattivi intorno alle fermate delle metropolitana; altre puntano sulla semplificazione dei biglietti, oppure sulla frequenza dei veicoli circolanti. Per tutti questi cittadini significa potersi appoggiare con fiducia al TPL, rinunciando ai mezzi privati a volte quasi totalmente .
Consultando i siti ufficiali del trasporto pubblico di queste città, si nota però un minimo comune denominatore che compare regolarmente, ossia la tariffazione in base alla distanza o al tempo.
Quanti di voi si sono mai chiesti perché si debba pagare lo stesso biglietto sia che si effettuino dieci fermate oppure solo due? Ebbene queste città hanno risposto alla domanda, fornendo soluzioni che appaiono non solo più giuste socialmente, ma anche più sensate dal punto di vista economico.
Short Term ticket
Città come Berlino, Praga o Vilnius adottano i cosiddetti Short-Term Tickets, ossia i biglietti a breve termine il cui costo è inferiore rispetto agli ordinari. Si tratta di titoli di viaggio pensati per chi deve utilizzare il servizio di trasporto pubblico per poco tempo, di solito 30 minuti, oppure per poche fermate.
A Berlino è possibile acquistare un biglietto di questo tipo valido per un massimo di 3 fermate sulle S-Bahn e U-Bahn e fino a 6 fermate sui servizi di autobus o tram, risparmiando così 1€ rispetto al prezzo pieno di 3,20€.
A Praga il biglietto ordinario ha validità 90 minuti e costa 1,65€ (40 corone ceche), mentre quello da 30 minuti costa 1,24 € (30 corone ceche). A Vilnius invece il biglietto a breve termine da 30 minuti costa 0,65 €, quello da 60 minuti 0,90€ e alcune città in Polonia come Wroclaw hanno Short-term tickets addirittura da 15 minuti.
Certo, i biglietti tendono ad essere più convenienti quando costano di più, ma la cosa importante è che siano proporzionali al potere d’acquisto delle persone. L’Italia ad esempio è l’unico Paese europeo in cui negli ultimi anni gli stipendi non si sono alzati ma addirittura abbassati, sarebbe assurdo perciò applicare i prezzi di Berlino o alzare il prezzo dei biglietti ordinari per fare comunque cassa con quelli a breve termine.
Usati correttamente, gli short-term tickets sono invece una soluzione conveniente per tutti, leale verso il cliente che si trova così incentivato a pagare solo per quello di cui realmente usufruisce.
Tariffe in base alla distanza
Altrettanto interessanti e maggiormente diffuse rispetto ai biglietti a breve termine sono le tariffe in base alla distanza. In Europa tantissime città sono zonizzate e i titoli di viaggio variano a seconda dell’area che devono coprire. Attualmente però la tecnologia permette una maggior precisione, facendo pagare al passeggero soltanto gli effettivi km trascorsi sul TPL. Grazie alle carte magnetiche è possibile obliterare in entrata ed in uscita, lasciando traccia del percorso fatto e su cui poi viene applicata la tariffa. Funziona così a Londra, con la famosa Oyster Card, ma anche in molte altre città come Hong Kong, Tokyo, Singapore o Taiwan. In quest’ultima ad esempio una corsa singola va da NT$20 a NT$65 (rispettivamente 0,57 e 1,85€) in base alla distanza, mentre l’abbonamento di un giorno costa NT $ 150 (4,2€).
A Singapore invece il servizio si appoggia quasi totalmente alle carte magnetiche e c’è una precisa regolamentazione riguardo alla tariffe a distanza: non si può ad esempio uscire e rientrare nella stessa stazione ferroviaria o utilizzare la stessa linea di autobus di seguito, oppure compiere più di 5 cambi tra i vari mezzi di trasporto.
Nella metropolitana di Tokyo invece le cose sono più semplici e ci sono ben 5 range di chilometraggio a cui sono associati specifici biglietti. La prima va da 1 a 6 km e costa 180 yen (1,13 €), mentre l’ultima parte da 27 e arriva a 40 km, costando 330 yen (2,07€).
Ma non ci sono solo queste, tante grandi città dove l’urbanizzazione ha galoppato incontrollata tendono ormai ad adottare sistemi simili, un tempo impensabili senza l’informatizzazione e con i normali biglietti.
Quali soluzioni
Il buon servizio che offrono queste città dimostra che le aziende che gestiscono il relativo TPL sono sane: probabilmente lo stato o i privati intervengono con investimenti, ma è altrettanto innegabile che stiano attuando delle strategie corrette. In Italia non troviamo traccia di sistemi simili, perlomeno non legalmente. Famosa è stata infatti la notizia uscita un paio di anni fa in cui si parlava dello strano “bagarinaggio” che avveniva nella metropolitana di Milano, dove fuori dalle stazioni si vendevano biglietti utilizzati parzialmente e ad un prezzo inferiore, esattamente quello che negli altri paesi viene chiamato short-term tickets.
Le soluzioni da attuare per contrastare l’illegalità e favorire la giustizia economica sembrano quindi esserci e sono quelle che le grandi città ci offrono come esempio. Bisogna investire nell’informatizzazione e nella carte magnetiche, nella semplificazione e nell’offerta di titoli di viaggio. L’aumento delle multe e dei controlli è sicuramente un metodo, ma tende ad essere meno efficace e a drenare personale che potrebbe invece dedicarsi ad altre mansioni.
Alcuni pensano anche che variare le tariffe in base al reddito possa essere una soluzione: sicuramente è possibile, però bisogna tenere conto che si tratta tratta di un sistema troppo spesso eludibile, oltre che macchinoso dal punto di vista burocratico.
Short-term ticket e tariffe a distanza potrebbero essere invece utili strumenti da applicare, con i primi dei due che non comportano alcun costo di attivazione: forse una possibilità la meritano.