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Tragedia sulle Alpi, come funziona il business della montagna

Mag 5, 2018

La montagna non solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi e pascoli. La montagna un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura. Ma quanto resta di tutto questo, davanti al boom delle vette? E quanto spesso invece succede, che se diventa un prodotto acquistabile, la montagna – si chiede Paolo Cognetti, vincitore del premio Strega l’anno scorso con “Otto Montagne” – si ribella?.

Domande che assumono un peso ancor maggiore, dopo la successione di incidenti drammatici nel ponte del Primo maggio, con almeno 15 vittime. E davanti all’exploit del turismo ad alta quota, diventato anche un business, in cui – oltre a professionisti, come le guide alpine – complice anche una norma ormai vecchia di trent’anni – si trovano sempre pi anche figure intermedie, con molte meno regole. Ma anche con pi rischi? C’ un associazionismo sportivo che con questa veste fa passare un abusivismo mascherato da fai da te. Un fenomeno non trascurabile nei numeri, denuncia il presidente del Collegio nazionale delle guide alpine italiane, Cesare Cesa Bianchi.

Montagna che vai, difficolt che trovi. Ma quanti ne sono consapevoli e quanti invece conservano l’agenda della citt, anche nella programmazione di escursioni ad alta quota? Di sicuro, i numeri dicono che i frequentatori dell’alta quota sono sempre di pi e sempre pi diversi. Negli ultimi tempi, infatti, grazie anche ai successi dei nostri atleti con gli sci e ad un’intensa promozione, le vette innevate, i fuoripista, le pareti rocciose attirano sempre pi turisti. E quella che si chiusa stata una stagione molto soddisfacente: pi 15% Dolomiti SuperSki, quindi Veneto, Trentino Alto Adige e anche Lombardia; la Val d’ Aosta conferma il dato dell’anno scorso, + 25%, e ancor pi significativo il trend nelle stazioni sciistiche pi vicine alle citt, conferma la presidente Anef, Valeria Ghezzi. Un forte incremento lo registra anche lo scialpinismo. Tanto vero che se nel 1983, in pochi riuscivano ad esercitare a tempo pieno la professione di guida alpina – continua il presidente Cesa Bianchi – ora lo fa oltre il 90%. E questo significa che c’ pi richiesta di arrampicata su roccia, alpinismo, escursionismo sui ghiacciai, sci fuori pista. Una crescita esponenziale, che non riescono a soddisfare del tutto. Ci sono meno guide, rispetto alle richieste.

Un business in espansione

Al momento, sono 1.111 le guide alpine, gli iscritti cio all’albo professionale, con un’abilitazione ottenuta dopo una formazione di quattro anni e dopo un difficile esame. 132 invece sono gli aspiranti guida. Tutto il resto delle richieste – e quindi anche dell’ampio mercato della montagna – spesso viene coperto da figure intermedie di vario grado. Ci possono essere gli istruttori del Cai, Club Alpino Italiano, che ha una sua struttura, non professionistica, ma di ottimo livello che avvia gli appassionati, concordano gli esperti, ma ci possono essere anche quelli che il presidente delle guide alpine non esista a bollare come abusivi, nascosti sotto la veste dell’associazionismo sportivo. Perch sull’onda del Cai, anche altre associazioni hanno creato i loro istruttori e ci pu essere di tutto, anche chi accetta di correre qualche rischio in pi.

Ed in questa fascia intermedia, allora, quella che non arriva al grado massimo di difficolt, che i rischi aumentano, se prevale l’approccio “da citt” – dell’agenda e della convenienza economica – rispetto alle regole della montagna. A cominciare dalla disponibilit a rinunciare all’escursione, se il tempo cambia all’improvviso, anche se si pagato 1.200 euro, come era stato per gli scialpinisti vittime della sciagura di Zermatt sulla Haute Route, o molto di pi per avventure pi complesse. O anche se i giorni di vacanza finiscono e non si ha pi il tempo per quell’obiettivo, tanto ambito. E se anche per le montagne i tour operator organizzano pacchetti di vacanze, bisogna affidarsi ai professionisti, ripetono in coro gli esperti d’alta quota, in giornate difficili dopo i drammatici incidenti. E non bisogna pretendere l’emozione promessa a tutti i costi. Come a volte i clienti chiedono.

Ed allora, anche per tutto questo, proprio per la richiesta di montagna che aumenta, che diventa ancora pi urgente aggiornare la legge del 1989, che i suoi anni li dimostra tutti, commenta il capo delle guide alpine Cesa Bianchi, secondo cui “andrebbe aggiornata andando ad allargare le qualifiche professionali, che vadano a ricoprire queste attivit intermedie: l’ arrampicata sportiva su falesie, il canyoning, l’escursionismo invernale con le ciaspole su tutti i terreni dove fondamentale saper valutare i rischi insiti in questi terreni”.

Se dunque necessario aggiornare le leggi, anche per regolare di pi il rapporto con la montagna – a tutela degli utenti, davanti ad un business in espansione – la prima e principale regola resta sempre quella del rispetto delle regole della montagna, che alcune volte ti apre le porte e ti fa entrare, altre invece le chiude, racconta lo scrittore Paolo Cognetti.

“I rischi aumentano se prevale l’approccio della convenienza economica rispetto alle regole della montagna. A cominciare dalla disponibilit a rinunciare all’escursione, se il tempo cambia all’improvviso, anche se si pagato 1.200 euro”

Silenzio e umilt

Le tecnologie fanno credere di poter fare tutto e anche se la montagna sempre pi vista nella sua bellezza che attrae, l’alpinismo resta uno sport estremo e bisogna anche sapersi fermare, avverte l’alpinista Daniele Nardi, primo – tra l’altro – a conquistare lo sperone Mummery del Nanga Parbat. Ed soprattutto l’esperienza e l’intuito ad insegnare ai professionisti anche quando rinunciare a gite semplici, come una sulle Dolomiti che Nardi aveva deciso con la famiglia. Quando ho visto che le nuvole si caricavano di elettricit, non me la sono sentita. Mio fratello si arrabbiato, ma quel giorno poi in tre morirono per un fulmine, racconta.

Perch sempre e comunque la montagna resta infinitamente pi grande anche dei pi esperti. Anche se hai all’attivo 3.500 salite, come Reinhold Messner, devi essere cos grande, da riconoscere di non essere laureato in montagna, come ammette il celebre esploratore italiano. Che richiama all’umilt, al silenzio, alla misura. Bussola imprescindibile per gli escursionisti, ancor pi delle tecnologie e delle promesse dei tour operator.

Della montagna, dell’incidente sulla Haute Route, delle leggi e dei rischi del business dell’alta quota si parla a Storiacce, su Radio24, sabato 5 maggio alle 21.30

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