I costi
Ma cosa c’è dietro questo business, perché questa formidabile crescita? Sicuramente i costi evidentemente alti dello smaltimento lecito dei rifiuti hanno dato impulso a una industria parallela. Camorra, mafie estere, faccendieri italiani e spedizionieri magrebini senza scrupoli hanno fiutato l’affare miliardario. Perché nei fatti il ciclo illecito dei rifiuti ha un vantaggio per l’impresa che non intende sostenere spese cospicue. Facciamo un esempio. Una tonnellata di plastiche e gomme per essere regolarmente smaltita può costare tra 200-250 euro. Seguendo la via illegale la spesa non supera 100-150 euro.
Maggiore, invece, è la convenienza per i Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche): lo smaltimento di una tonnellata, per esempio di pannelli fotovoltaici esausti, costa 400-500 euro. L’intermediario è però in grado di far fruttare questi materiali inquinanti: attraverso la falsificazione delle matricole e un giro di fatture per operazioni inesistenti, i pannelli sono riciclati e fatti apparire come usati ma ancora funzionanti o anche nuovi. Così, una tonnellata non solo ha zero spese di smaltimento ma anzi porta a guadagni fino a 50mila euro, grazie alla vendita fatta in paesi africani. Proprio per questo i traffici transfrontalieri di Raee rappresentano una emergenza.
I Raee
Lungo tutta la dorsale tirrenica sono presenti enormi magazzini gestiti soprattutto da magrebini: l’intermediario-faccendiere tratta con imprese dislocate soprattutto tra Sicilia, Puglia, Marche, Umbria, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Toscana e Piemonte per acquisire pannelli fotovoltaici esausti, che poi sono custoditi nei magazzini.
La successiva falsificazione delle bolle e dei codici, trasforma quelli che sono rifiuti in pannelli usati o nuovi. Quando non sono sequestrati, dai porti di Napoli, Venezia e Ancona – passando in alcuni casi da Valencia in Spagna – i container carichi di tonnellate di pannelli fotovoltaici esausti transitano indisturbati dalle frontiere magrebine grazie a prezzolati funzionari doganali, per poi essere inviati nell’Africa nera, tra Mali, Senegal, Burkina Faso e Mauritania.
La frode ai paesi africani
Gli accertamenti si fermano al traffico. Ma gli atti investigativi di una inchiesta dei pm Bologna e della Tutela ambientale, fanno luce sul ruolo di broker magrebini che fanno incetta di pannelli solari esausti in Italia per poi immetterli nel circuito dei parchi fotovoltaici africani. Un business che sta parassitando non solo sui finanziamenti della Banca africana ma anche sugli incentivi erogati dal Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile in Africa per la lotta alla povertà energetica.