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Torino: “Il cellulare come Hiroshima: ecco il legame tra tumore e telefonino”

Apr 27, 2017

“Il rischio oncologico per i sopravvissuti alle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki é stato individuato nella misura di 1,39 per tutti i tumori, mentre il rischio individuale per un uso così massiccio e prolungato nel tempo di telefoni cellulari è pari ad una misura di 1,44”. È uno dei passaggi delle motivazioni relative alla sentenza emessa da giudice del lavoro di Ivrea, Luca Fadda, che nei giorni scorsi ha condannato l’Inail a risarcire un lavoratore della Telecom che si era ammalato di un tumore benigno al cervello dopo aver usato il cellulare, per lavoro, in maniera costante per diverse ore al giorno per 15 anni.

“Vi è l’associazione tra un tumore raro e un’esposizione altrettanto rara come l’utilizzo dal 1995 di telefonia cellulare ad elevate emissioni: se ne può inferire che la rarità della doppia circostanza depone per una associazione causale. Senza contare che l’uomo è destrimane e la patoloia è insorta nella parte destra”, continua il giudice.

Roberto Romeo, assistito dagli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone e Chiara Ghibaudo, nel 2011 aveva scoperto di essere affetto da neurinoma dell’acustico destro, cosa che gli ha provocato un danno biologico acclarato del 23 percento. Tuttavia l’Inail non aveva riconosciuto l’invalidità sostenendo che non si trattasse di malattia professionale. Ma il dipendente ha fatto ricorso e il giudice ha ritenuto che in efeftti il lavoratore aveva “utilizzato in maniera abnorme telefoni cellulari nel periodo 1995-2010”, visto che “coordinava l’attività di 15-20 persone” e con ognuno si sentiva “2-3 volte al giorno, a volte anche di più”, senza contare altre telefonate istituzionali, con i superiori o con gli enti, e le chiamate “non erano brevissime, della durata di crca 5-10 minuti”,

come hanno spiegato i testimoni al processo. Inoltre “nessuno strumento all’epoca era stato fornito al lavoratore per attenuare la sua esposizione alle radiofrequenze (tipo “cuffiette”) ed il tutto era aggravato dall’uso frequente di questi primi telefoni cellulari (per circa 5 anni, dal 1995 al 2000, con tecnologia Etacs) all’interno dell’abitacolo di una autovettura”, precisa il tribunale.

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