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Torino, arrestati sei agenti della penitenziaria: sono accusati di torture ai detenuti – La Repubblica

Ott 17, 2019

TORINO – Sono accusati di ripetuti atti di violenza e tortura nei confronti dei detenuti i sei agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere Lorusso e Cutugno di Torino che sono stati arrestati stamattina e ora sono ai domiciliari. L’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita dagli stessi colleghi del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria.

Le indagini sono state condotte dal pm Francesco Saverio Pelosi, che ha ricostruito una serie di episodi di violenza tra aprile 2017 e novembre 2018. A far scattare l’inchiesta è stata una segnalazione di Monica Gallo, garante dei detenuti del Comune di Torino, che era venuta a conoscenza di uno di quegli episodi in occasione di un colloquio in carcere.

Il reato contestato alle sei guardie è il 613 bis che “punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale”.

L’attività d’indagine, che riguarda non solo le persone oggi sottoposte a misura cautelare, ma anche altri indagati a piede libero, è ancora in corso per accertare eventuali responsabilità penali di altri soggetti e scoprire eventuali altri episodi analoghi, oltre a quelli finora denunciati. E per questo, essendoci il rischio di inquinamento delle prove, sono state applicate le misure cautelari.

“Questi arresti, sulla base delle dichiarazioni di qualche detenuto – attacca il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci – dimostrano il grave stato di disorganizzazione e l’assenza di qualsiasi capacità gestionale da parte degli attuali organi centrali dell’amministrazione penitenziaria, che non è in grado di prendere atto dello stato di abbandono e delle continue frustrazioni, offese e aggressioni subite ogni giorno dalle donne e dagli uomini della polizia penitenziaria.

Non possiamo negare d’altra parte il timore rispetto al richiamato reato di tortura, di recente introduzione, di un ‘effetto a catena’ che investa ogni criticità riguardo alle condizioni della popolazione detenuta italiana a differenza del persistente disinteresse per l’effettiva vivibilità lavorativa delle carceri per il personale di polizia penitenziaria”.

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