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Tiziana, suicida per video hard: dal pm i quattro che lei querelò

Nov 14, 2016

Perché accusò persone che, come poi emergerà dalle indagine, erano del tutto estranee ai fatti? Forse Tiziana, la trentenne napoletana morta suicida dopo la diffusione dei video hard, è stata indotta a presentare la querela da qualcuno interessato a coprire i veri responsabili della pubblicazione in internet di quei video, pubblicazione che la spingerà a togliersi la vita? Sono questi gli interrogativi ai quali gli inquirenti della procura di Napoli stanno cercando di dare una risposta con la decisione di convocare, in qualità di testimoni, i quattro giovani che furono querelati per diffamazione da Tiziana.

La donna lì indicò inizialmente come responsabili della diffusione dei video hard. E a loro li aveva sicuramente inviati via whatsapp ma non furono certo loro o diffonderli in Rete.

Questo accertarono gli inquirenti – il pm Alessandro Milita e il procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli – soprattutto sulla base di quanto dichiarato successivamente dalla stessa Tiziana che, ascoltata dai pm in un secondo momento, modificò le dichiarazioni e di fatto scagionando i quattro destinatari dei suoi video. Nei loro confronti il pubblico ministero ha chiesto di recente l’archiviazione, per l’ipotesi di reato di diffamazione, sulla quale dovrà pronunciarsi tra non molto il giudice per le indagini preliminari. Appena archiviato questo fascicolo, i magistrati hanno avviato una nuova indagine, questa volta per il reato di calunnia. Se qualcuno ha spinto la giovane ad accusare delle persone pur nella consapevolezza che non avevano avuto alcun ruolo nella diffusione in rete dei filmati hard, lo ha fatto – è la nuova prospettiva accusatoria della procura – per tenere fuori dall’inchiesta il vero responsabile.

Gli inquirenti sono, tra l’altro, convinti che Tiziana non fosse la sola in possesso dei video (6 in tutto), registrati probabilmente in tempi diversi.

Due o forse tre dei giovani che ricevettero da Tiziana i file via whatsapp sono già stati ascoltati nei giorni scorsi dal pm Milita, mentre il quarto sarà interrogato tra non molto, appena farà ritorno dall’estero. Vengono tutti sentiti come testimoni assistiti, ovvero con la presenza di un difensore essendo indagati in un procedimento connesso, quello appunto per diffamazione per il quale è stata chiesta

(ma non ancora ottenuta) l’archiviazione.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Tiziana dopo aver trasmesso i video ai quattro, quando si accorse che le immagini cominciavano a circolare su diversi siti, aveva tentato inutilmente di farli rimuovere rivolgendosi prima alla polizia postale e promuovendo poi una causa davanti al Tribunale civile.

In seguito si recò in Procura a Napoli per sporgere una querela nei confronti dei quattro conosciuti in chat.

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