ROMA. Un piano per gestire il post terremoto in tre fasi: emergenza, ricostruzione e prevenzione. E 2-3 miliardi all’anno per rimettere in sesto l’Italia. La prima fase è in corso, nelle mani, con i fondi e le procedure d’urgenza della Protezione Civile. Le altre due cominciano e prendere forma e sono sui tavoli del ministero delle Infrastrutture e dell’Economia. Oltre che all’attenzione prioritaria di Palazzo Chigi. Non a caso il premier Renzi ieri è volato a Genova per coinvolgere l’architetto e senatore a vita Renzo Piano, raccogliendone i suggerimenti e la disponibilità di massima, come fu per il progetto sulle periferie da rammendare, per le quali il governo ha già stanziato 700 milioni in due bandi.
La timeline è dunque pronta. Al termine della fase attuale, partirà lo sgombero delle macerie per arrivare a una prima importante stima dei danni, essenziale per gli stanziamenti ulteriori da mettere in conto. Entro un mese le persone abbandoneranno le tende – il governo ne è convinto – e saranno alloggiate nei primi edifici su moduli, poi nelle casette in legno. Entro 4-5 mesi, stimano i tecnici del governo, tutti dovrebbero avere una sistemazione stabile. Anche se a quel punto saremo nel pieno dell’inverno e dunque bisognerà correre. Entro 6-8 mesi, nella primavera del 2017, partirà la ricostruzione secondo la filosofia del tutto dov’era e com’era. Centrale in questo senso la figura del supercommissario – l’ex governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani – che dovrebbe essere nominato in settimana per decreto.
Come ricostruire è il grande punto interrogativo. Che proverà a sciogliere anche l’archistar Renzo Piano (ieri ne ha parlato per quattro ore a pranzo con il premier e la moglie Agnese). L’idea di fondo è “togliere il cemento e rammendare senza distruggere”. Vedremo come i suoi suggerimenti potranno essere tradotti in un territorio così straziato. “Per la prima volta nella storia dei terremoti ricostruiremo le nuove abitazioni accanto a quelle crollate, per non perdere l’identità”, assicura Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice che ne ha parlato ieri con Renzi. “Iniziamo nelle 68 frazioni e poi arriviamo in città. Recuperiamo tutti i simboli, a partire dalla Chiesa di Sant’Agostino, la basilica e la torre civica. E diamo priorità a scuole e abitazioni”.
Contestualmente alla fase uno e due, partirà a brevissimo anche Casa Italia, il grande piano del governo per la prevenzione. Si può già dire che l’esecutivo intende mettere almeno 2-3 miliardi l’anno, tra incentivi ai privati sul modello ecobonus e interventi diretti (alcuni dicono che sarebbero necessari per dieci o anche vent’anni) per “rammendare” (il verbo ritorna anche qui) scuole, periferie e edifici, sottoposti a una vera cura antisismica. “Fare le cose bene e con calma, con i migliori e non gli amici degli amici”, si ripete a Palazzo Chigi. Il ministro delle infrastrutture Delrio ha già stilato le “Linee guida per la classificazione della vulnerabilità sismica degli edifici”, una sorta di vademecum previsto da un decreto del 2013 con la metodologia e lo standard per classificare il rischio sismico di tutte le costruzioni esistenti, compresi edifici pubblici, strutture complesse e dedicate alle attività produttive.
Avere un parametro di riferimento, una sorta di bollino del mattone, consentirà al governo di capire le priorità di intervento – dove muoversi subito – e indirizzare meglio le agevolazioni fiscali. Gli ecobonus dunque non solo saranno confermati, ma potenziati, aperti ai condomìni e rivolti sia all’efficientamento energetico che al rischio antisismico. Ma avranno bisogno di un meccanismo diverso per funzionare davvero. Quello esistente al 65% di fatto è stato un flop: troppo alto l’anticipo da versare, rimborso solo in dieci anni e limiti di capienza Irpef (i redditi bassi non riescono ad avvalersi delle detrazioni).
La legge di bilancio dovrà fare chiarezza. E tenere dentro crescita, conti sostenibili e ora anche sicurezza del territorio.