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Terre rare: il passo dell’Italia per non dipendere dalla Cina

Apr 12, 2023

L’Italia necessita di indipendenza per quanto riguarda le materie prime e i chip, per rispondere alla Cina e tagliare quel legame che pare altrimenti indissolubile, ma anche in qualche modo dannoso per il nostro Paese. Per questo si sta muovendo in anticipo sull’estrazione di terre rare.

Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy ha dichiarato – a proposito – che serve questa indipendenza, vediamo il discorso appena fatto.

Le parole del Ministro Adolfo Urso

Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha rilasciato un’intervista a Repubblica, dichiarando: “Sull’estrazione di terre rare l’Italia si sta muovendo in anticipo. L’Europa ha capito che sul fronte della transizione green bisogna darsi obiettivi sfidanti e quello delle materie prime è un settore strategico, non solo dal punto di vista industriale, ma è in gioco la nostra libertà e sovranità”.

È così che il Ministro ha spiegato qual è la posizione del Governo rispetto al nuovo regolamento UE sulle materie prime strategiche. Ha inoltre aggiunto: “Serve un’operazione di onestà: la transizione ecologica non è pranzo di gala ma una nuova rivoluzione industriale, per arrivare pronti al 2030 ci dobbiamo porre obiettivi sfidanti”.

In Europa assumono oggi un ruolo di grande importanza i 34 elementi chimici che servono per produrre le batterie per auto elettriche e che dovranno finalmente staccarci dalla dipendenza da altri Paesi esteri. Il Ministro ha infatti spiegato: “Abbiamo appena capito quanto è stato pericoloso affidarci alle fonti fossili russe, non possiamo fare lo stesso con la Cina sulle terre rare e i minerali preziosi. In questi anni Pechino ha seguito una politica espansionistica con acquisizioni di giacimenti, soprattutto in Africa, e concentrando poi la lavorazione in patria. L’Europa si è posta quattro obiettivi: aumentare la produzione interna fino al 10% del consumo previsto nel 2030, che per alcuni minerali significherà un aumento della domanda da 3 a 10 volte. Lavorare fino al 40% di queste terre rare all’interno dell’UE, aumentare il riciclo che coprirà fino al 15% del consumo e ridurre l’esposizione a un singolo paese terzo per ciascuna materia strategica al massimo al 65% del fabbisogno”.

Per quanto riguarda l’Italia poi, “il lavoro che stiamo terminando con il ministro Pichetto è proprio di aggiornare entro i prossimi 3 o 4 mesi una mappa che è ferma da oltre 30 anni. È stato aperto un tavolo sulle materie prime critiche e dalle prime stime in Italia ci sono 15 dei 34 elementi. Ma il potenziale è ancora più alto”.

Urso assicura: “Parleremo con tutti: Regioni, comunità locali, imprese e sindacati, con l’entrata in vigore del regolamento UE ci saranno anche delle riforme legislative necessarie. Non verranno messi a repentaglio i nostri standard di tutela ambientale e sociale. Già altri Paesi d’Europa stanno sperimentando proteste e opposizioni. Ma qui si inserisce l’operazione di onestà: finora abbiamo lasciato che le terre rare arrivassero da Paesi dove i controlli ambientali e sulla qualità del lavoro erano minimi. Per convenienza economica e per difendere i nostri standard di vita abbiamo delegato il problema altrove. La riduzione delle emissioni, il passaggio a tecnologie più sostenibili non può avvenire senza queste materie prime e l’Europa ci chiede di accorciare le filiere sia sulle forniture che nella lavorazione. Si tratta di una scelta ecologica, industriale, di sovranità. La pandemia prima e la guerra poi ci hanno mostrato cosa significa essere totalmente dipendenti da qualcuno: le fonti fossili russe o i chip asiatici”.

Lo svantaggio dell’Italia

Oggi la produzione dei materiali critici che servono per la produzione delle batterie per le auto elettriche è controllata da pochissimi Paesi, che possiedono i giacimenti più redditizi. Ne fa parte ovviamente la Cina, che detiene il 40% delle riserve mondiali di terre rare e che si occupa di circa l’80% della loro produzione nel mondo.

L’Unione Europea importa da Pechino il 97% delle terre rare (che cosa sono) che utilizza. E lo stesso accade con il litio. Ovviamente con tutte le conseguenze che ne derivano: per fare un esempio, il Governo di Xi Jinping ha annunciato tempo fa di voler bloccare le estrazioni per irregolarità ambientali, e questo porterebbe dei danni enormi sul mercato mondiale.

Cile, Argentina e Bolivia sono gli altri Paesi produttori di questo metallo, formano quello che viene chiamato infatti il “triangolo del litio”, dove si concentra il 59% delle estrazioni di tutto il mondo. Il cobalto invece proviene soprattutto dal Congo.

L’Italia invece in che posizione si trova oggi? Ci sono delle zone nel nostro Paese dove è possibile trovare dei giacimenti di materiali critici? Ci risponde Andrea Dini, ricercatore dell’istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr: “Se sapessi rispondere con certezza, sarei già diventato milionario”, scherza.

Il nostro Paese, insieme a tutta l’Europa, parte in svantaggio. Sandro Conticelli, presidente della Società geologica italiana, spiega perché: “Le terre rare si trovano soprattutto nelle aree geologicamente più antiche, come Siberia, Cina, Brasile, Africa. L’Europa è la parte più giovane dei continenti, e quindi ne ha pochissime”.

Quali sono quindi i programmi futuri dell’Europa? Ci sono due opzioni disponibili per provare a soddisfare autonomamente la crescita della domanda di materiali critici:

investire nella ricerca e nell’esplorazione sul suolo europeo. Purtroppo però bisogna fare i conti con grossi limiti geologici di alcuni Paesi europei, che ancora una volta dovrebbero rivolgersi all’estero. La Commissione Europea ha quindi deciso di proporre delle iniziative volte a garantire l’approvvigionamento delle materie prime necessarie;
come gli esperti hanno spiegato, per assicurare l’indipendenza dell’Europa, è necessario fare riferimento a Paesi che dispongono delle materie prime ma che non hanno tecnologie e know how, come l’Africa. Al momento infatti la Cina – non è difficile immaginarlo – sta già investendo parecchio nel continente africano. Ma le ricadute ambientali e sociali di Pechino non sono ben viste dalle popolazioni locali, per questo l’UE potrebbe inserirsi e proporre investimenti più accettabili dal punto di vista etico e ambientale.

La strada da fare per l’Europa è ancora tanta, da oggi al 2035 l’impegno deve essere sostanzioso per raggiungere davvero gli obiettivi comunitari.

In particolare il nostro Paese dovrà correre parecchio, soprattutto per la ricerca dei materiali critici. Siamo sfavoriti geologicamente, questo è chiaro, ma come avverte Conticelli: “Lo siamo ancora di più da un punto di vista culturale. Gli italiani sanno quanti professori di giacimenti minerari ci sono in Italia? Pochissimi. E quanti geologi? Pochissimi. Se non iniziamo a investire davvero in ricerca e formazione, non andremo da nessuna parte”.

Gli esperti sperano che oggi, questa nuova attenzione verso i materiali critici, possa dare una svolta al settore: “Queste materie prime sono il futuro e spetta a noi riuscire a indicare dove si possono trovare, offrendo una ricetta di sostenibilità sia economica che ambientale. Il mestiere del geologo sarà sempre più importante”.

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