Alla fine aveva ragione Giuseppe Conte a rassicurare i collaboratori di Palazzo Chigi stupiti dal precipitare delle tensioni tra M5S e Lega sulla Tav: «State sereni non ci sarà nessuna crisi di governo, tutta scena, tutto teatro». Questo è stato: la rappresentazione di un dramma, con un’attenta regia fino all’ultimo atto e Conte tra i protagonisti. Una poderosa operazione di comunicazione che aveva cominciato a svelarsi nella prudenza esibita da Luigi Di Maio durante la conferenza stampa di venerdì. «Siamo già in crisi» aveva detto subito dopo Stefano Buffagni, volto moderato del Nord, non a caso gettato nella mischia nelle ore che sembravano fatali. Sembravano. Perché l’happy end non poteva che essere più scontato. E a molti non ha potuto che ricordare quel che è avvenuto tre mesi fa, quando la sponda grillina del governo sosteneva di essere irremovibile dal 2,4% di deficit da inserire, quando sapeva che il traguardo sarebbe stato il 2,04.
DOCUMENTOLa lettera Conte a Telt, e la risposta al governo italiano
Un trucco cosmetico che si è riproposto con la stessa logica dell’escamotage sulla Tav, per nascondere una soluzione che era conosciuta da mesi. I bandi, che Di Maio aveva giurato di non far partire, sono evaporati in «manifestazione di interesse». Sarebbe questo il cuore dell’accordo tra Lega ed M5S: un cavillo giuridico che nasconde una dissimulazione semantica, che solo un avvocato esperto di sottigliezze tecniche come Giuseppe Conte avrebbe potuto trovare.
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Ma andiamo con ordine. Il premier manda una lettera a Telt e con piglio deciso invita la dirigenza della società italo-francese incaricata di realizzare l’opera «ad astenervi con effetto immediato, da ogni ulteriore azione che possa produrre, a carico dello Stato italiano, vincoli giuridici di sorta». Di Maio aveva detto, in altri termini, la stessa cosa: «Non saranno vincolati i soldi degli italiani». Conte cerca un modo per non legare Telt e Stato ai capitolati di gara, evitando così i possibili ricorsi delle aziende candidate. Ma le manifestazioni di interesse, spiegano fonti vicine all’azienda, altro non sono che la formulazione della prima fase dei bandi di gara. Ovvero: la Telt apre alle autocandidature per gli appalti. Per sei mesi non vengono affidati i lavori e i governi possono ritirarsi prima di affidare i cantieri. Nel frattempo Conte avvierà una trattativa con Parigi e Bruxelles (e ieri ha provveduto a informare Macron e Juncker delle novità) per ridisegnare l’intera Alta velocità. I bandi però partiranno e né Conte né Di Maio si azzardano a dire il contrario, nonostante le premesse. Partiranno i lotti di parte francese, nella lettera non a caso chiamati «avis de marchés» (inviti alle candidature). Quelli italiani seguiranno. Tutto come previsto: perché non poteva essere altrimenti entro il 31 marzo, pena la perdita dei 300 milioni di finanziamento. E per perderli, bisognava bloccare i bandi. E per bloccarli, serviva un voto del consiglio dei ministri o del Parlamento che Di Maio e Conte sapevano essere impossibile.
Ma la cautela non è mai troppa e così è la stessa Telt a ricordare al premier che la sua pur autorevole lettera non vale quanto un decreto. Nel finale, la società aggiunge che a ulteriore garanzia, prima delle trasmissioni dei capitolati di gara, servirà «il preventivo avallo dei due governi», e «l’esplicito riferimento alla facoltà per la Stazione appaltante di non dar seguito alle procedure», senza oneri per lo Stato. E’ questa la bandiera che, come spiega Stefano Patuanelli, sancirebbe la vittoria del M5S, dimenticando che era stato lo stesso Virano (Telt) in una nota inviata due mesi fa al governo a offrire questa ulteriore via d’uscita. Uno strumento che, impacchettato dalla comunicazione, si rivela essere a uso perlopiù interno, nel M5S, per placare la fronda dei No Tav più duri e puri. Ma c’è anche chi come Laura Castelli, legittimamente, dice che «è stato raggiunto un accordo politico internazionale (con Bruxelles e Parigi, ndr) che fino a ieri non esisteva. E chi non lo vede fa solo finta di non vederlo».
In attesa di capire dove porterà, Di Maio può tirare un sospiro di sollievo. Conte anche. Il governo scavallerà le Europee e per la Tav se ne riparlerà tra sei mesi, quando si riproporrà la stessa contesa. Ne sono consapevoli i 5 Stelle presenti al Villaggio Rousseau di Milano, costretti a ostentare un successo, mentre un sondaggio di Swg noto ai grillini certifica che tra gli elettori del M5S a Nord Ovest prevalgono i favorevoli alle mini-Tav (35% contro 34% di contrari). Matteo Salvini si limita a un commento di circostanza. L’accordo era stato sancito da una telefonata con Conte venerdì sera. E dal silenzio del leghista, è facile intuire quale fosse il patto. L’ordine esplicito alle truppe di non commentare, per regalare il palcoscenico ai 5 stelle in nome della continuità di governo. Da Di Maio solo un sms di auguri di buon compleanno.