• 20 Gennaio 2025 15:38

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Tav, è braccio di ferro a oltranza Il fantasma della crisi di governo – La Stampa

Mar 7, 2019

Matteo Salvini e Luigi Di Maio arrivano a Palazzo Chigi con l’elmetto in testa, determinati a darsi battaglia a colpi di Sì e di No alla Tav. Ma, nella notte più lunga e drammatica della coalizione gialloverde, si trovano davanti un premier altrettanto deciso a risolvere il più grave contrasto che divide M5S e Lega. Uno scontro che potrebbe anche sfociare nella crisi di governo. Dopo cinque ore di vertice non arriva nessuna decisione sui bandi. L’esecutivo prende tempo e chiede un bilaterale con la Francia sui criteri del finanziamento.

Le dichiarazioni del premier

Prima che i leader si chiudano al primo piano di Palazzo Chigi, gira l’indiscrezione che Conte avrebbe puntato a ricontrattare con Francia e Bruxelles la Torino-Lione e dirottare tutti i fondi per rafforzare e raddoppiare la linea storica del Fréjus, con una consistente riduzione dei costi. Sarebbe la scelta migliore per M5S. Una missione impossibile, una proposta che verrebbe rigettata, non praticabile. Per i leghisti «poco seria». Conte invece vuole andare fino in fondo e dare una risposta positiva o negativa, entro domani, ben sapendo che questo scontenterebbe Salvini o Di Maio. E proprio a loro dice: «Io prendo la mia decisione sulla base dei dati tecnici che mi avete portato e su ciò che è meglio fare dal punto di vista politico. Dopodiché sta a uno dei due smentirmi».

la scheda

andrea rossi, stefano scarpa

L’avvocato Conte, esperto di diritto amministrativo e civile, sa bene che per fermare la pallina alla casella No, chiedendo alla società italo-francese Telt di non lanciare i bandi per l’Alta velocità, è necessario un pronunciamento del Consiglio dei ministri. E chi voterebbe per fermare l’opera se ne assumerebbe tutte le responsabilità, anche in tribunale per i danni emergenti e il lucro cessante provocati alle società coinvolte. Nei giorni scorsi era circolata anche un’altra ipotesi: in caso di mancanza di indicazioni chiare, i componenti italiani del consorzio italo-francese potrebbero dare comunque il via libera alle gare e poi dimettersi. Ecco, il governo deve decidere almeno se dare il via libera ai bandi per evitare di perdere i 300 milioni messi a disposizione dall’Europa. I 5 Stelle sono divisi. Per la sindaca di Torino Appendino in questo modo «si farebbe precipitare la situazione perché sarebbe come dare l’ok alla Tav: meglio valorizzare il Fréjus».

Alla Camera

Il vertice di ieri, iniziato alle 19.30 e inoltratosi nella notte, è stato preceduto da un incontro al Viminale convocato da Salvini e al quale erano presenti Giorgetti, il capogruppo Molinari, il viceministro e il sottosegretario alle Infrastrutture Rixi e Siri. I leghisti sono molto preoccupati, pensano che sarà difficile ragionare sui dati tecnici, sui reali costi-benefici perché i 5 Stelle, a loro giudizio, hanno una posizione ideologica di cui Di Maio sarebbe prigioniero. Quindi tutti i tecnici che Di Maio, Toninelli, Salvini e Conte si sono portati dietro all’incontro (21 persone in tutto) potrebbe non servire a prendere una decisione. Al Viminale, prima di recarsi a Palazzo Chigi il capo del Carroccio ha detto che non vuole rompere con gli alleati, ma ha riconosciuto che «la situazione è al limite della crisi di governo».

politica

ANSA

Salvini ha poi aggiunto: «Di Maio deve tenere in piedi la baracca, capisco le sue difficoltà, ma temo che in questo caso non ci riesca, nelle ultime ore si è irrigidito. Ma io non voglio intestarmi il No con il rischio di subire una procedura europea e di risarcimento danni».

Sondando i 5 stelle, vengono fuori le vere ragioni di questo «irrigidimento» che Salvini imputa a Di Maio. «Se passa il Sì – ha spiegato il vicepremier grillino – si dimette Airola, e sicuramente qualche altro senatore. A quel punto a Palazzo Madama non avremo comunque più i numeri per una maggioranza». Per non parlare di Beppe Grillo, «si scatenerebbe sul blog», i No Tav, «verrebbero sotto casa nostra». «Per noi sarebbe la fine – ha confidato a Salvini – Abbiamo ingoiato tanto per voi. Anche la legittima difesa».

Da Bruxelles intanto arriva un’altra doccia fredda, un’indiscrezione secondo cui la Commissione europea è pronta a inviare una nuova lettera all’Italia per ricordargli che l’eventuale No comporterà la violazione di due regolamenti Ue del 2013 e la perdita di circa 800 milioni di cui 300 milioni entro marzo e il resto successivamente.

Per il Carroccio la via d’uscita a questo punto resta il referendum da tenersi in Piemonte. Ma non è possibile farlo subito, come vorrebbe Chiamparino, perché – è stata la valutazione dei leghisti riuniti al Viminale – questo istituto non è previsto nello statuto regionale. Il governatore Chiamparino avrebbe le mani legate. È stato pure valutato se indire la consultazione da parte del Viminale. Ma ci vuole tempo per studiare come fare (è già al lavoro l’ufficio elettorale del ministero): in ogni caso se ne parlerebbe dopo le europee, magari in autunno il giorno delle elezioni regionali della Emilia Romagna. Tanti i dubbi sulla possibilità di chiudere un accordo nella notte. E resta forte la sensazione che alla fine, a meno di un miracolo di Conte, l’unico esito resti l’implosione finale.

Licenza Creative Commons

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close