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Sul Codice antimafia si amplia il fronte del no. Boccia: mina i diritti

Set 30, 2017

Dalla politica all’imprenditoria fino al mondo accademico e dentro la Consulta. L’allargamento delle misure di prevenzione, soprattutto patrimoniali, previste dal nuovo Codice antimafia ormai terreno di scontro trasversale sul “colpo di coda” di fine legislatura nella lotta alla criminalit organizzata e alla corruzione (che talvolta “spia” e finalit della prima).

L’attacco pi duro, ma non isolato, arriva da Confindustria: Con il nuovo codice antimafia si equipara l’attivit degli imprenditori a quella dei delinquenti – ha detto ieri il presidente Vincenzo Boccia -. In questo Paese ogni mattina si deve combattere con una cultura antindustriale e iperideologica che, pensando di far bene, fa in realt molto male al Paese intero. Per Boccia c’ un errore madornale di impostazione che abbiamo denunciato e non da soli: anche Raffaele Cantone, anche Sabino Cassese sono andati su questa linea. A questo servono i corpi intermedi, a far sentire la voce degli interessi autentici del Paese. Secondo il presidente di Confindustria, la nuova versione del codice antimafia pu presentare anche aspetti di incostituzionalit. Ma il punto di rottura – chiosa – in una visione della societ anomala, in cui non si capisce cos’ un’impresa. Un imprenditore vive di reputazione, se lo rovini con la cultura del sospetto e della prevenzione non che poi, quando lo riammetti al consesso sociale senza macchia, lo riabiliti in pieno, ormai lo hai comunque distrutto.

Il capo dell’Anac, Raffaele Cantone, citato da Boccia, sceglie una esegesi pi diplomatica, anche se non nasconde qualche perplessit nel matrimonio normativo tra antimafia e anticorruzione: Nella legge ci sono criticit e pi rischi che vantaggi, ma adesso va applicata – ha detto Cantone -: da magistrato sono abituato a esprimere le critiche prima, ma poi, una volta che una legge stata approvata, sono abituato ad applicarla. Questa legge contiene norme molto utili sull’uso dei beni confiscati ed un peccato che ci siano tante polemiche. Avevo affermato in precedenza che non aveva molto senso applicare le norme del codice antimafia alla corruzione, perch non sono n utili n opportune, n aggiungono qualcosa se non elementi critici nel sistema.

Colorita, come abitudine di esternazione, la sintesi del governatore campano Vincenzo De Luca, che taccia il codice di propaganda politica, sostanzialmente una truffa ai danni dei cittadini italiani, una violazione dei principi elementari di civilt politica.

Fronte compatto invece sul versante parlamentare che ha sostenuto l’aggiornamento del codice. Duro il commento del relatore in Parlamento, il deputato Pd, DavideMattiello: Trovo grotteschi e dal sapore eversivo certi attacchi al nuovo Codice antimafia che contraddicono i giudizi chiari espressi dal Consiglio superiore della magistratura, dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, e dalla seconda carica dello Stato, che peraltro l’ex Procuratore nazionale antimafia, il presidente Grasso. Sembra che dietro a questi attacchi ci stiano due pregiudizi: che i magistrati siano pericoli pubblici e che la corruzione sistemica sia un fattore di crescita del Paese. Io penso esattamente il contrario. Cos il relatore del Codice Antimafia alla Camera,

Lucrezia Ricchiuti, senatrice di Articolo1-Mdp ha detto che i nessi tra mafia e corruzione sono ormai un dato consolidato dell’esperienza italiana. Le mafie corrompono molto e uccidono di meno, solo in caso di necessit.

Tra pro e contra, c’ anche chi dai corridoi di Montecitorio bolla il nuovo codice di eccessiva debolezza di contenuti e di messaggio. Per il deputato di M5s, Alfonso Bonafede, il codice non d un esempio di lotta netta contro la mafia, ma a tratti molto debole. Ogni legge un messaggio che viene dato alla societ e deve essere forte, sia a favore degli onesti che contro i disonesti.

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