VITERBO. «Sì, certo, sono io che ho mandato quel messaggio sulla chat». Nella sua agenzia assicurativa in periferia di Viterbo, Roberto Licci non si nasconde. Lacoste nera, cuore nero devoto a CasaPound, giacca di pelle nera come nero è il cane, un gigantesco rottweiler che osserva i passanti davanti alla porta finestra del giardino. Licci è cordiale, risoluto. Nell’ordinanza che dispone il fermo di suo figlio Riccardo e del suo amico Francesco Chiricozzi per stupro, alle 23,16 — annotano gli inquirenti — il “mittente Papa” scrive sulla chat del gruppo Blocco Studentesco: «Riccardo, butta il cellulare subito».
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Perché ha mandato quel messaggio?
«Per cercare di aiutarlo. Sono il padre, non ho difficoltà ad ammetterlo: aiutare un figlio non è qualcosa per cui si possa essere incriminati».
Li ha visti, quei video?
«No».
I magistrati scrivono che le immagini sono state condivise «con soggetti terzi, ivi compreso il padre del Licci». Cioé lei.
«No, guardi, non li ho visti e invece li vorrei vedere, sa. Per capire cosa sia successo davvero. Perché finora il processo lo state facendo voi giornalisti, e questi due ragazzi li avete già condannati».
Ne ha parlato, con suo figlio? Lo ha visto, dopo l’arresto?
«L’ho visto stamattina in carcere, insieme a mia moglie; ma cosa ci siamo detti non glielo dico. Sta male, e per le regole carcerarie noi potremo vederlo solo sei ore ogni mese. Siamo una famiglia conosciuta e siamo persone per bene, chieda in giro. Ho quattro figli, mai avuto problemi».
Le accuse contro suo figlio sono molto gravi.
«Emergono cose che hanno scritto i giornalisti, e alcune sono già state smentite. Avete parlato di droga dello stupro, ma ve lo siete inventati voi perché nelle carte non c’è da nessuna parte. E avete scritto che i ragazzi hanno intimato alla donna di non dire nulla perché tanto nessuno le avrebbe creduto, e anche questo è completamente inventato».
La difesa dice che era sesso consenziente, ma risulta che la vittima sia stata picchiata.
«Vedremo se c’è stato veramente, il pugno in faccia. Non voglio entrare nel merito di quello che è successo perché non lo conosciamo ancora».
Per gli inquirenti non ci sono molti dubbi: se emergesse che suo figlio è colpevole cosa gli direbbe?
«Se mio figlio fosse davvero colpevole sarei il primo a sapere come comportarmi con lui, mi creda. L’ho cresciuto con dei valori».
rep
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Gli ha insegnato anche a rispettare le donne?
«Certo. Sono quel tipo di padre, siamo quel tipo di famiglia».
E alla vittima cosa si sente di dire?
«Non posso dirle nulla, per ora, perché non sappiamo come siano andate realmente le cose. Ma se fosse vero… non siamo mica animali, fosse vero sarei disperato. Io e mia moglie siamo distrutti. È successo da pochi giorni, un fulmine a ciel sereno».
Qualcosa di grave quella notte è successo. Ne ha parlato con suo figlio?
«Certo che gli ho parlato… Immagini come posso sentirmi. Magari sarà padre anche lei, provi a capirmi».