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Studi di settore, sempre meno controlli

Ott 24, 2016

Nel cammino verso la riforma degli studi di settore che si avvier nel contesto della manovra 2017 un punto di partenza c’ gi. Se l’obiettivo arrivare a eliminare i controlli verso i contribuenti pi virtuosi, nei fatti l’utilizzo di accertamenti e verifiche collegato allo strumento ha perso sempre di pi appeal nel corso degli ultimi anni. I numeri parlano chiaro in tal senso ed facile trovare una ragione nella “svolta” giurisprudenziale che c’ stata alla vigilia di Natale del 2009.

Ma andiamo con ordine. Nel 2015 gli accertamenti da studi di settore sono stati 8.149. Tanto per intenderci, facendo una proporzione “spicciola”, significa lo 0,2% della platea chiamata a fare i conti con i ricavi stimati dal software Gerico e composta da 3,6 milioni di imprenditori, professionisti e societ.

In termini di variazioni relative, significa un calo del 33,6% rispetto a un anno prima e del 38,4% rispetto al 2012, quando erano stati 13.230. Lo spartiacque – come anticipato – da datare alla fine del 2009, quando le Sezioni unite della Cassazione con una serie di sentenze gemelle hanno sancito che gli studi di settore da soli non bastano a sostenere la rettifica dei ricavi o dei compensi ma vanno integrati con le ragioni sollevate dall’amministrazione finanziaria nella fase di contraddittorio in risposta alle (eventuali) eccezioni indicate dal contribuente. Quindi affinch l’atto di accusa del Fisco sia valido necessario passare preventivamente dal confronto tra le parti. Di fatto, si trasformato in una sorta di “disincentivo” a utilizzare gli studi di settore per gli accertamenti perch la procedura diventata pi complessa per gli uffici.

In realt, anche se si guarda anche agli accessi brevi – ossia alle verifiche esterne – per il controllo dei dati sugli studi di settore si registra un andamento discendente. A fronte dei quasi 36.500 effettuati nel 2012 si scesi a poco pi di 21mila nel 2015: in sostanza un calo del 42% e in termini di incidenza sul totale degli accessi brevi si passati dall’82% del 2012 a circa il 77% dell’anno scorso.

Ma se gli studi di settore non sono pi utilizzati per la “repressione” non altrettanto pu dirsi sul fronte della compliance. E questo almeno su due piani diversi.

1) Ancora i numeri dicono che nel 2014, se vero che la percentuale dei congrui scesa dal 71,4% di dodici mesi prima fino al 65,8 per cento. Allo stesso tempo, gli adeguamenti in dichiarazione hanno superato – anche se di poco – la soglia del 10% lasciando emergere una maggiore base imponibile di 2,32 miliardi di euro (dato in leggero aumento sull’anno precedente).

2) La strategia delle lettere bonarie delle Entrate ha portato nel 2015 all’invio di 190mila segnalazioni di anomalie (relative al triennio 2011-2013) che, come ammesso dall’Agenzia nell’ultima circolare sul ravvedimento, hanno avuto sia un effetto sulle correzioni dei precedenti comportamenti sia sulle dichiarazioni dei redditi da presentare.

Ed proprio questa la linea che puntano a rafforzare gli indicatori di fedelt fiscale deputati a sostituire i vecchi studi. Con in pi un sistema premiale che dovr portare a vantaggi come rimborsi pi veloci e all’eliminazione per legge dei controlli sui contribuenti pi virtuosi.

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