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Strage Piazza Fontana, cosa è successo a Milano il 12 dicembre 1969

Dic 11, 2019

Come è potuto succedere? Gli accertamenti successivi conducono alla scoperta di un ordigno collocato «sotto a un tavolo» nel salone circolare, non a caso quello riservato ai clienti. È una scatola metallica che comprimeva 7 chilogrammi di gelignite, un esplosivo con una potenza superiore alla dinamite. Gli effetti sono devastanti, ma la carneficina è l’acuto di una giornata convulsa. Alle 16:25, sempre a Milano, era stato rinvenuto un ordigno inesploso nella Banca Commerciale Italiana in Piazza della Scala, a neppure un chilometro in linea d’aria da piazza Fontana. Altri tre ordigni spuntano a Roma nelle stesse ore.

La prima bomba esplode alle 16:55 nel seminterrato della Banca del Lavoro in via Veneto, ferendo 14 persone. La seconda deflagra sull’Altare della Patria, sotto il pennone della bandiera, ferendo quattro persone. La terza entra in azione sui gradini del Museo del Risorgimento,f acendo crollare il tetto dell’Ara Pacis. Il bilancio della giornata è di cinque attentati nell’arco di 53 minuti, anche se l’unico a tradursi in una strage è quello che si è consumato a Piazza Fontana.

Ma cosa è successo dopo la strage?

Le indagini sulla strage si dipanano in un’odissea che sfiora i 40 anni di lunghezza, concludendosi senza condanne definitive. Il processo viene aperto a Roma, per poi essere spostato a Milano per incompetenza territoriale e infine a Catanzaro per questioni di «ordine pubblico». In un primo momento le indagini convergono sulla cosiddetta pista anarchica, portando a una serie di fermi in due circoli: il Circolo anarchico ponte della Ghisolfa di Milano e il Circolo 22 Marzo di Roma.

Al primo appartiene Giuseppe «Pino» Pinelli, un ferroviere milanese, già staffetta partigiana durante la Resistenza. Pinelli, sposato e padre di due figlie, viene condotto in questura il 12 dicembre. Tre giorni dopo il fermo, in una pausa degli interrogatori condotti dal commissario Luigi Calabresi, muore cadendo dal quarto piano della questura.

Le autorità rubricano il suo decesso come un «suicidio», scatenando un clima di tensioni che porterà a un isolamento sempre maggiore della figura di Calabresi. Il commissario viene assassinato con due colpi di pistola alle spalle il 17 maggio 1972. In una successiva sentenza del tribunale di Milano, verrà stabilito che Pinelli è morto per un «malore attivo», perdendo l’equilibrio mentre si trovava nei pressi della finestra.

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