MILANO – Ignazio Visco si prepara a iniziare il suo nuovo mandato come governatore della Banca d’Italia con una doppia agrodolce certezza: il suo stipendio è stato (e sarà) una frazione delle maxi-buste paga incassate dai grandi banchieri privati tricolori su cui vigila. Tra i colleghi ai vertici degli istituti centrali, però, lui rimane un Paperone. I numeri parlano chiaro: la sua remunerazione lorda è di 450mila euro l’anno. Tanto o poco? Dipende.
Vista con gli occhi di un comune mortale è una paga niente male, visto che a conti fatti si tratta di 37mila euro al mese o 1.100 euro al giorno, festivi compresi. Se il punto d’osservazione è Piazza Affari, invece, sono briciole: Carlo Messina, ad di IntesaSanPaolo, ha guadagnato nel 2016 ben 4,1 milioni, Tommaso Cartone di Banco Desio 879mila euro, il doppio di lui. Usando come pietra di paragone i suoi omologhi al vertice delle banche centrali Ue, i 450mila euro di Visco sono un tesoretto che fa invidia a molti colleghi anche (teoricamente) più blasonati. Meglio del numero uno di via Nazionale nel Vecchio Continente fanno solo Mark Carney della Bank of England (540mila euro più 6mila euro la settimana per l’affito della casa) e Jan Smets della Banca del Belgio a 481mila euro. Gli altri sono tutti alle spalle dell’inquilino di via Nazionale. Mario Draghi, grazie a un cospicuo aumento dell’1% nel 2015, è arrivato a mettersi in tasca 389.670 euro all’anno. Haruhiko Kuroda della Bank of Japan – che si è visto ritoccare all’insù i compensi una sola vola in nove anni – è fermo a 237mila euro. Tra i fanalini di coda – per incassi, non certo per responsabilità – c’è invece Janet Yellen: la numero uno della Fed ha una remunerazione di 179.700 dollari, una cifra che Jamie Dimon – amministratore delegato di Jp Morgan – mette insieme in meno di 72 ore.
Lo stipendio di Visco, pur garantendogli il podio tra i banchieri centrali Ue, è solo una frazione di quello che il governatore della Banca d’Italia guadagnava qualche anno fa. Nel 2011 la sua busta paga ammontava a 757.714 euro lordi l’anno. Poi è arrivata la tempesta dello spread, la crisi delle banche, i crac che hanno messo a rischio la sua conferma sulla poltrona di Governatore. E lui, impegnato in una pressante opera di moral suasion per convincere i manager privati del credito a ridurre i propri compensi spesso faraonici, ha deciso di dare il buon esempio con una sforbiciata volontaria alla sua remunerazione: in una prima fase l’ha tagliata a 495mila euro. Ora a 450mila, il 40% in meno di quattro anni prima. E lo stesso hanno fatto i massimi dirigenti dell’istituto che pure sono sopra il tetto dei 240mila euro imposto alle amministrazioni pubbiche in virtù del principio di indipendenza finanziaria.