• 30 Novembre 2024 11:54

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Stato-mafia, il Quirinale invia le agende di Ciampi. La Corte ringrazia il presidente Mattarella

Dic 23, 2016

“Ringrazio pubblicamente il presidente della Repubblica, onorevole Sergio Mattarella – esordisce il giudice Alfredo Montalto nell’aula di Palermo dove si celebra il processo ‘Trattativa Stato-mafia’ – per l’assoluta disponibilità e la preziosa collaborazione assicurate al fine di consentire l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di documenti ritenuti utili per il completamento dell’istruttoria, nonostante gli stessi non siano attualmente accessibili al pubblico”. Il Quirinale ha inviato ai giudici della Corte d’assise stralci delle agende di Carlo Azeglio Ciampi, documenti che i pubblici ministeri Di Matteo, Del Bene, Tartaglia e Teresi avevano chiesto alla corte d’assise di acquisire.

In quelle pagine, l’allora presidente del Consiglio Ciampi annotava il dibattito intenso sul 41 bis. E’ uno dei temi del processo di Palermo. Secondo la procura, ci fu un allentamento del regime carcerario, ulteriore frutto di una trattativa.

LA NOMINA

Il 6 giugno 1993, Ciampi scriveva: “Colloquio con presidente della Repubblica Scalfaro, rappresenta preoccupazioni per il seguito della successione di Nicolò Amato alla direzione delle carceri. Conso avrebbe nominato anche un vice, troppo duro. Suggerisce che gli venga affiancato giudice Di Maggio, fa capire che è stato interessato da Parisi. Chiamo quest’ultimo che conferma quanto sopra. Chiamo Conso, che al contrario mi riferisce che tutto procede nel miglior modo. Gli suggerisco di mandare messaggio che politica carceraria non cambia. E’ d’accordo. Domani viene da me. Riferisco a Scalfaro”.

Perché non andava bene il vice del Dap “troppo duro” indicato da Conso? Perché poi spuntò il candidato di Scalfaro, il giudice Di Maggio, sostenuto dal capo della polizia Parisi? In una sua audizione davanti ai pm di Palermo, Scalfaro aveva detto di non saperne niente della nomina di Francesco Di Maggio. Di sicuro, in quei giorni difficili del 1993, Ciampi ribadiva: “Mandare messaggio che politica carceraria non cambia”. Chi, invece, all’interno delle istituzioni voleva cambiarla? Il 26 giugno, il nuovo vertice del Dap inviò al ministro della Giustizia, Giovanni Conso, una nota dove si proponeva di non prorogare più di trecento provvedimenti di 41 bis “per creare un clima positivo di distensione nelle carceri”. Due giorni prima, Ciampi aveva incontrato il super poliziotto Gianni De Gennaro, all’epoca a capo della Dia. Poi aveva annotato nella sua agenda: “Sostanzialmente fiducioso. I veri attentati, da quelli in Sicilia dello scorso anno a Firenze, sono della stessa matrice. Continuare nella linea di fermezza”.

Perché Ciampi sentiva il bisogno di ribadire la linea della fermezza?. Chi, invece, era di diverso avviso?

IL VERBALE

Lo stesso Ciampi, sentito anni fa a Palermo, aveva fatto riferimento alle sue agende conservate al Quirinale. “Ho una certa età, la memoria non mi aiuta – aveva detto – consultate quanto ho scritto”. Ed eccole, dunque, le agende del 1993-1994 dell’allora presidente del Consiglio. Il Quirinale ha inviato copia delle pagine selezionate dal presidente della corte d’assise Alfredo Montalto, che nei giorni scorsi si era recato all’archivio storico del Quirinale per individuare il materiale necessario all’indagine che si sta facendo in aula. Nessuna limitazione, nessun omissis, gli atti sono stati consegnati in forma integrale dal Quirinale. Già i giudici di Palermo avevano escluso che ci fossero motivi di riserbo su alcuni passaggi, sulla base della sentenza della Corte Costituzionale che ha fissato il principio dell’assoluta riservatezza dei colloqui anche informali del capo dello Stato. Aveva scritto Montalto nella sua ordinanza-richiesta: “L’acquisizione non riguarda minimamente l’attività che poi Ciampi avrebbe svolto in qualità di presidente della Repubblica, solo dopo anni, dal 1999 al 2006”. Il Colle non ha mosso alcun rilievo. A differenza di quanto era accaduto quattro anni fa, quando l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva sollevato un conflitto di attribuzioni contro la procura di Palermo che aveva intercettato casualmente il capo dello Stato a colloquio con uno dei testimoni (poi indagato) del processo, l’ex ministro Nicola Mancino.

LA NOTTE DELLE BOMBE

L’ultima annotazione di Ciampi restituisce tutta la drammaticità di quei giorni. E’ il 27 luglio, la notte delle bombe di Roma e Milano. “Decido di rientrare a Roma, cerco contattare anche Scalfaro (gli parlo quando sono già in macchina). Mie preoccupazioni sono accresciute dal fatto che alle 0,20 circa si interrompe funzionamento telefoni con Palazzo Chigi. Verso le 1,10 entro Pal. Chigi. Anche nel mio ufficio non funziona colleg. con centralino”.

Quella notte, la notte in cui si temette

un golpe, si tenne un comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza. Ciampi così lo sintetizzava, in modo drammatico: “Dopo aver ascoltato tutti (in genere, tranne Parisi, molto deludenti) concludo in modo duro. Sottolineando: a) gravità pluralità attentati contemporanei; b) chiaro legame con attentati mesi fa; c) non si è stati capaci di prevenire; soprattutto, non si è fatto alcun progresso di rilievo dopo attentati due mesi fa. Gran gelo”

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close