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“Spiava le indagini di magistratura e polizia”. Arrestato l’imprenditore Antonello Montante

Mag 14, 2018

E’ stato il paladino dell’ultima stagione antimafia di Confindustria, l’ex presidente degli imprenditori siciliani Antonello Montante è ora agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine. Le indagini della squadra mobile e della procura di Caltanissetta gli contestano di aver creato una rete illegale per spiare l’inchiesta che era scattata nei suoi confronti tre anni fa, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia. Arresti domiciliari anche per altre cinque persone, a una sesta è stato notificato un provvedimento di interdizione (sospensione per un anno dal lavoro): sarebbero i componenti della rete di spionaggio al servizio di Montante, questa l’accusa mossa dai sostituti procuratori Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, dall’aggiunto Gabriele Paci e dal procuratore capo Amedeo Bertone.

Il 22 gennaio di due anni fa, Montante aveva ricevuto un avviso di garanzia per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, venivano ipotizzati legami d’affari e rapporti di amicizia con Vincenzo Arnone, boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino della provincia di Caltanissetta morto suicida in carcere nel 1992. Vincenzo Arnone è stato testimone di nozze di Montante. A caccia di riscontri, gli investigatori della squadra mobile nissena diretti dal vicequestore aggiunto Marzia Giustolisi avevano perquisito abitazioni e aziende dell’imprenditore. Era stata scoperta una stanza segreta nella villa di Serradifalco di Montante, una stanza piena di dossier su magistrati, politici ed esponenti della società civile. Ora, i magistrati ritengono che quei file siano il frutto di una massiccia attività illegale di spionaggio messa in campo dal leader di Confindustria. Che, intanto, ha continuato a sostenere: “I pentiti che mi accusano sono mafiosi che ho contribuito a colpire duramente con le mie denunce”.

Eccolo, il nodo dell’inchiesta. Le denunce che Montante ha fatto alla magistratura nel corso degli ultimi anni: sincero slancio civico poi sancito nel codice etico di Confindustria (“Chi non denuncia è fuori dall’associazione”) o solo lo stratagemma di un imprenditore spregiudicato per rifarsi un’immagine antimafia? Salvatore Dario Di Francesco, uno dei quattro

pentiti dell’inchiesta, ha messo a verbale davanti i pm di Caltanissetta che il boss Vincenzo Arnone si sarebbe speso per l’elezione di Montante a presidente di Sicindustria. Ma, adesso, le accuse di mafia restano sullo sfondo, e i guai giudiziari dell’ex capo dell’industriali siciliani sono per una lunga serie di corruzioni. Avrebbe comprato la fedeltà di alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine con costosi regali e assunzioni per i familiari.

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