• 22 Dicembre 2024 21:06

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Sinner il migliore, Tsitsipas il peggiore. Le pagelle delle Atp Finals

Nov 19, 2023

Jannik Sinner – il più bravo di tutti: voto 9

Peccato per il calo di tensione e di convinzione in finale contro un super Djokovic. Per il resto, le Atp Finals di Jannik Sinner sono state semplicemente perfette, memorabili. Ha vinto 4 partite contro altrettanti top 8, ha battuto Nole per la prima volta, ha dato a tutti la sensazione di aver fatto nell’ultimo anno i progressi decisivi per puntare alla vetta: è migliorato sul servizio, sull’uscita dal servizio, sulla tenuta nervosa quando è sotto col punteggio, sulla capacità di giocare diagonali strette che rendono il campo più grande all’avversario). Non ha pensato nemmeno per un istante al ‘biscotto’ con Rune nell’ultima partita del girone per far fuori Nole dalle semifinali. È stato perfetto nelle analisi delle sue partite, non si è risparmiato sugli autografi e nei selfie con i fan. È sembrato il ragazzo perfetto, che ogni mamma e ogni presidente di Federazione Tennis vorrebbe alle cene coi parenti per fare bella figura. Forse gli manca ancora un pizzo di cinismo e di cattiveria agonistica per stringere sui punti importanti, ma tra un anno, forse due non avrà più limiti. A 22 anni – questo torneo ha spazzato via ogni riserva – può diventare il più forte tennista del mondo. Voto: 9

Djokovic – il solito marziano: voto 9

Diciamo così: Novak Djokovic all’80% è ancora il giocatore più forte del mondo. Gli può capitare di perdere ogni tanto (6 volte nel 2023), per esempio contro un Sinner in serata di grazia e di autostima al massimo, davanti a 12 mila persone in visibilio. Ma poi vince lui, perché è ancora quello che si muove meglio su un campo da tennis e la fame di titoli e montepremi è quella del primo giorno. Djokovic è già e sarà sempre di più il tennista più forte (in termini di Slam e di tornei major vinti) di tutti i tempi e non era Torino il momento giusto per abdicare. Detto questo, e proprio per questo, ci si aspetterebbe da una leggenda vivente come lui un pizzicò di simpatia e leggerezza in più, per esempio con il pubblico che spesso non fa il tifo per lui perché tiene per il più debole (che non è mai lui). Per il resto, chapeau, Nole fa categoria a sè. Voto 9

Daniil Medvedev – genio compreso: voto 7

Per un giocatore di scacchi di alto livello accettare di perdere la terza partita consecutiva contro un giocatore che avevi battuto tu le prime quattro volte è abbastanza inaccettabile, inconcepibile. È successo a Daniil Medvedev contro Jannik Sinner e il russo – ottimo scacchista ed ex numero uno al mondo nel tennis – la spiegazione alla fine l’ha trovata: Sinner è migliorato, nel servizio e nella tenuta mentale, per questo anche a Torino (dopo Pechino e Vienna) ha vinto ancora lui. Sportivo e simpatico in conferenza stampa, Medvedv prima di incontrare l’altoatesino aveva fatto tutto bene: battuti Rublev e Zverev in due set, perso con Alcaraz in due set, senza affaticarsi ed evitando così Djokovic in semifinale. Meglio Sinner, contro il quale ho vinto 4 volte e perso le ultime due, aveva calcolato la mossa, l’alfiere moscovita. Errore grave. Sinner è diventato Grandmaster, bisogna accettarlo. Però applausi convinti a un campione sempre sorprendente e spettacolare, col suo tennis di resistenza e precisione chirurgica malgrado i colpi piatti rischiosissimi. Voto: 7.

Carlos Alcaraz – battibile se gioca al 70%: voto 6

Dal campione di Wimbledon e numero due del mondo ti aspetti sempre che vinca il torneo o al limite che perda in finale. Se poi si parla di Carlos Alcaraz, anche la piazza d’onore suona strana. A Torino il campione spagnolo ha perso contro Zverev e Djokovic (e vinto contro Rublev e Medvedev), apparendo non concentrato al 100%, come del resto negli ultimi tornei dopo l’estate. Qualche ingenuità nei punti decisivi, qualche gratuito di troppo che da lui non te lo aspetti. Alcaraz al 70% è un giocatore formidabile ma battibile, specie su un campo indoor e veloce come questo. La domanda è: errore di programmazione o performance sottotono, prevista e messa in conto? Tra due mesi c’è lo Slam australiano e avremo la risposta. Comunque grazie a Carlos per i fuochi d’artificio e certi recuperi impossibili, il suo è un tennis a 24 carati che emana sempre luce propria: voto 6.

Holger Rune – genio, potenza e sregolatezza: 7 di incoraggiamento

A guardare Holger Rune – 20 anni da Gentofte (Danimarca) – colpire una pallina da tennis hai l’impressione che potresti non vederla più, a un certo punto, la pallina. Non solo per quanto tira forte, ma per la quantità di potenza che sembra rimanere bloccata, inespressa, dentro quelle cosce da sollevatore di pesi bulgaro. E pensi: se questo troverà il modo di sfruttare tutta la leva del quadricipite, i buchi sul campo e le palle scoppiate si conteranno a decine. Qui a Torino Rune il sistema di tirare ancora più forte non l’ha trovato e il risultato è stata l’eliminazione nel girone, anche se sia contro Djokovic che con Sinner è stato in partita fino all’ultimo. Boris Becker, il suo nuovo coach, è stato un altro con le cosce esplosive che faceva i buchi per terra (49 tornei vinti in carriera, 6 Slam, numero uno Atp per diverso tempo), ma aveva maggiore fiducia in se stesso e un pizzico di sangue freddo in più durante i 15 decisivi di un match. Se gli riuscisse di trasmettere la sua mentalità al giovane Ercole, diventerà difficile per tutti non perdere di vista la pallina e vincere qualche finale. Voto 7 (di incoraggiamento)

Andrey Rublev – simpatico ma troppo instabile: voto 3

Ha perso tre partite su tre, Andrey Rublev, russo che odia la guerra e lo ha scritto su tante telecamere in questi ultimi mesi. Ci sta, erano tutti forti in questi giorni a Torino. Però ha perso male, sclerando, ferendosi le gambe con la racchetta, facendo una lagna infernale a quelli del suo team. Inaccettabile per un top ten. Deve lavorare sulla gestione della rabbia affidandosi a uno specialista. E magare tornare e vincere un paio di Slam. Voto: 3

Alexander Zverev – alla ricerca della forma migliore: voto 7

Il pennellone tedesco di origini russe, malato dall’età di 4 anni di diabete mellito di tipo 1 e vincitore di 21 titoli Atp (ma mai uno Slam), sta lentamente trovando la condizione di una volta, quella che nel giugno del 2022 lo portò ad occupare il secondo posto nella classifica mondiale. Il grave infortunio alla caviglia al Roland Garros di un anno fa lo ha tenuto fermo 7 mesi e gli ha fatto perdere diverse posizioni nel ranking. Ma la buona volontà e il talento non mancano a Sasha. Il suo problema è la continuità. Vittorioso in queste Finals contro uno spento Alcaraz, Zverev ha ceduto due set a zero contro Medvedev, e ha chiuso la kermesse torinese con un successo (sebbene ininfluente ai fini della classifica) su Rublev. Voto: 7

Stefanos Tsitsipas – tanto bello quanto antipatico: voto 1

Dispiace deludere le tantissime fan che strabuzzano gli occhi quando il greco si arma di racchetta. Ma a Torino Tsitsipas l’ha combinata davvero grossa. Sceso in campo contro Sinner già in precarie condizioni fisiche (aveva interrotto due allenamenti per noie al gomito operato), il numero 1 della Grecia del tennis si è concesso appena 17 minuti contro Rune, salvo poi ritirarsi lasciando di stucco gli oltre 11mila spettatori presenti. Ha detto che i dolori alla schiena erano davvero insopportabili e ha scaricato la colpa sui medici che nelle ore precedenti il match lo avevano visitato e avevano dato disco verde. Dicono che per quei tre game giocati con il danese abbia intascato 80mila euro più altri 130mila per aver sfidato l’azzurro. Gli addetti ai lavori sostengono che ogni tennista ha il diritto di provarci, fino a quando non è costretto ad arrendersi all’evidenza, ma nessuno ha aggiunto che anche lo spettatore ha tutto il diritto di non essere turlupinato, soprattutto quando per l’acquisto di un biglietto bisogna pagare cento euro e passa. Voto: 1

Hubert Hurkacz e Taylor Fritz – ma che colpa abbiamo noi: voto 7 e 6

Il polacco, idolo di casa anche in virtù della sua amicizia con Sinner, ha fatto il suo, conquistando un set nel match perso contro Djokovic e regalando l’automatica qualificazione in semifinale al tennista altoatesino. Sceso in campo come prima riserva una ventina di minuti dopo “l’improvviso” forfait di Tsitsipas, Hubi ha sfoderato qualche colpo nella speranza di strappare un sorriso al pubblico inferocito nel set di esibizione offerta assieme all’americano Fritz. Quest’ultimo, che aveva davvero l’aria di chi poco prima era impegnato nello shopping nella centrale via Roma, è sembrato un tennista per caso e non è stato risparmiato dai fischi. Poi alla fine, ha pure raccolto qualche applauso quando ha detto di non essersi del tutto ripreso dall’infortunio capitatogli a Parigi Bercy.

Giudici di sedia – impeccabili, voto 8

Dopo tanti tornei senza più giudici di linea a Torino si sono rivisti ed è stato un bel vedere. Il tennis sono anche loro, debolezze e cali di attenzione inclusi, tanto poi c’è il ‘Falco’ per le chiamate dubbie. Un 8 a tutti loro e ai 4 giudici di sedia che si sono alternati sul seggiolone: i francesi Renaud Lichtenstein e Aurelie Tourte, lo svedese Mohamed Lahyani e il brasiliano Carlos Bernardes. Impeccabili, credibili, capaci di un italiano più che sufficiente. I fantastici 4 del circuito, giusto che qui ci fossero loro. Voto: 8

PalaAlpitour – elegante realtà ma i parcheggi dove sono?: voto 8

Il PalaAlpitour, costruito nel 2005, lascia a bocca aperta: bellissima l’acustica, tutto l’impianto ha un qualcosa di avveniristico con i suoi enormi interni e l’ottima visuale da qualsiasi posizione. Al resto pensano i maxischermi che sono posizionati in alto. Le fasi di gioco sono sottolineate da effetti sonori e giochi di luce di un certo impatto. Gli amanti del tennis di una volta (quello silenzioso, in cui non volava una mosca e non c’erano i flash dei cellulare a dare fastidio a chi sta in campo) possono storcere il naso di fronte alla presenza del dj che approfitta delle pause per tenere alto il ritmo e coinvolgere il pubblico con la musica. Piaccia o no, fa parte della moda del momento.

Unica, ma grossa pecca del palazzetto: i parcheggi nei dintorni sono complessi (bisogna setacciare le vie limitrofe all’impianto) e insufficienti. E anche i mezzi pubblici (bus e tram) lasciano a desiderare.

Fan village – esteso ma troppo caotico: voto 5

La struttura è sicuramente molto spaziosa ma quando c’è tanta gente (e le Nitto Finals sono state letteralmente prese d’assalto) la confusione è garantita. Ovunque si vada ci sono code, per andare al bagno, per andare a mangiare o per superare i varchi con il braccialetto al polso, previa una perquisizione (questa sì, veloce) a borse e zaini. I punti della ristorazione sono tantissimi ma per il caffè pare sia obbligatorio raggiungere il Central Bar Lavazza in piazzale Grande Torino. Buonissimo il caffè e lo doveva essere per forza, dopo 45 minuti di fila. Cari signori Lavazza (uno dei principali sponsor della kermesse), perchè non aprire un altro punto di ristoro? E ancora: nel villaggio non c’erano gli store che vendono l’abbigliamento tecnico-sportivo dei giocatori. E’ un peccato. Possibile che non ci abbia pensato nessuno?

L’organizzazione – oltre ai soldi c’è di più: voto 5

Una volta si diceva che il cliente che paga ha sempre ragione. Nel tennis non è così: è normale che uno Tsitsipas qualunque decida di ritirarsi lasciando lo spettatore con un pugno di mosche in mano dopo aver magari speso denari per prendere un volo aereo, occupare una stanza di albergo e comprare il biglietto della partita? Il regolamento non prevede alcun risarcimento (neanche parziale) se il tennista si fa male, qualunque sia la fase del match. Un affettuoso appello al presidente Binaghi: non parli sempre e soltanto dei biglietti venduti, dell’incasso introitato o del ricco montepremi messo a disposizione degli otto migliori in classifica. Ogni tanto dedichi un pensiero anche a chi decide di aprire il portafogli a suo rischio e pericolo.

Rai e Sky – un match combattuto ancorché impari: voto 8

Per Raidue le partite di Sinner sono state un trionfo in termini di ascolti, neanche giocasse la nazionale di calcio. Record degli ultimi 10 anni di spettatori e di share per il tennis sulla tv di Stato. Bravi a stare dietro alla programmazione del torneo e a mettere in campo una formazione di voci e volti credibili (Marco Fiocchetti alle telecronache e Adriano Panatta al commento tecnico delle partite. Interviste curate da Maurizio Fanelli; Cristina Caruso alla guida dello studio con ospiti Paolo Canè e Rita Grande). Tutto molto bello, per dirla con Bruno Pizzul. 
Chi segue il tennis su Sky, invece, non è rimasto per nulla sorpreso del livello altissimo della copertura televisiva: una programmazione – tra dirette, partite registrate, studio post-match e rubriche di approfondimento – che ha sfiorato le 24 ore di programmazione. Il solito trionfo di competenza e accuratezza. Merito di un team affiatato e una rosa ampia (Elena Pero, Luca Boschetto e Paolo Bertolucci, con interventi da bordocampo di Ivan Ljubicic e Paolo Lorenzi. Studio a rotazione con Angelo Mangiante, Dalila Setti e Stefano Meloccaro che ha curato le interviste, commenti tecnici affidati a Filippo Volandri, Raffaella Reggi e Laura Golarsa). Chi ha vinto la sfida tra Rai e Sky? Match impossibile e ingiusto vista la disparità di ore di programmazione tra i due broadcaster. Voto: 8, una media che resta segreta.

Jannik Sinner – il più bravo di tutti: voto 9
Peccato per il calo di tensione e di convinzione in finale contro un super Djokovic. Per il resto, le Atp Finals di Jannik Sinner sono state semplicemente perfette, memorabili. Ha vinto 4 partite contro altrettanti top 8, ha battuto Nole per la prima volta, ha dato a tutti la sensazione di aver fatto nell’ultimo anno i progressi decisivi per puntare alla vetta: è migliorato sul servizio, sull’uscita dal servizio, sulla tenuta nervosa quando è sotto col punteggio, sulla capacità di giocare diagonali strette che rendono il campo più grande all’avversario). Non ha pensato nemmeno per un istante al ‘biscotto’ con Rune nell’ultima partita del girone per far fuori Nole dalle semifinali. È stato perfetto nelle analisi delle sue partite, non si è risparmiato sugli autografi e nei selfie con i fan. È sembrato il ragazzo perfetto, che ogni mamma e ogni presidente di Federazione Tennis vorrebbe alle cene coi parenti per fare bella figura. Forse gli manca ancora un pizzo di cinismo e di cattiveria agonistica per stringere sui punti importanti, ma tra un anno, forse due non avrà più limiti. A 22 anni – questo torneo ha spazzato via ogni riserva – può diventare il più forte tennista del mondo. Voto: 9
Djokovic – il solito marziano: voto 9
Diciamo così: Novak Djokovic all’80% è ancora il giocatore più forte del mondo. Gli può capitare di perdere ogni tanto (6 volte nel 2023), per esempio contro un Sinner in serata di grazia e di autostima al massimo, davanti a 12 mila persone in visibilio. Ma poi vince lui, perché è ancora quello che si muove meglio su un campo da tennis e la fame di titoli e montepremi è quella del primo giorno. Djokovic è già e sarà sempre di più il tennista più forte (in termini di Slam e di tornei major vinti) di tutti i tempi e non era Torino il momento giusto per abdicare. Detto questo, e proprio per questo, ci si aspetterebbe da una leggenda vivente come lui un pizzicò di simpatia e leggerezza in più, per esempio con il pubblico che spesso non fa il tifo per lui perché tiene per il più debole (che non è mai lui). Per il resto, chapeau, Nole fa categoria a sè. Voto 9
Daniil Medvedev – genio compreso: voto 7
Per un giocatore di scacchi di alto livello accettare di perdere la terza partita consecutiva contro un giocatore che avevi battuto tu le prime quattro volte è abbastanza inaccettabile, inconcepibile. È successo a Daniil Medvedev contro Jannik Sinner e il russo – ottimo scacchista ed ex numero uno al mondo nel tennis – la spiegazione alla fine l’ha trovata: Sinner è migliorato, nel servizio e nella tenuta mentale, per questo anche a Torino (dopo Pechino e Vienna) ha vinto ancora lui. Sportivo e simpatico in conferenza stampa, Medvedv prima di incontrare l’altoatesino aveva fatto tutto bene: battuti Rublev e Zverev in due set, perso con Alcaraz in due set, senza affaticarsi ed evitando così Djokovic in semifinale. Meglio Sinner, contro il quale ho vinto 4 volte e perso le ultime due, aveva calcolato la mossa, l’alfiere moscovita. Errore grave. Sinner è diventato Grandmaster, bisogna accettarlo. Però applausi convinti a un campione sempre sorprendente e spettacolare, col suo tennis di resistenza e precisione chirurgica malgrado i colpi piatti rischiosissimi. Voto: 7.
Carlos Alcaraz – battibile se gioca al 70%: voto 6
Dal campione di Wimbledon e numero due del mondo ti aspetti sempre che vinca il torneo o al limite che perda in finale. Se poi si parla di Carlos Alcaraz, anche la piazza d’onore suona strana. A Torino il campione spagnolo ha perso contro Zverev e Djokovic (e vinto contro Rublev e Medvedev), apparendo non concentrato al 100%, come del resto negli ultimi tornei dopo l’estate. Qualche ingenuità nei punti decisivi, qualche gratuito di troppo che da lui non te lo aspetti. Alcaraz al 70% è un giocatore formidabile ma battibile, specie su un campo indoor e veloce come questo. La domanda è: errore di programmazione o performance sottotono, prevista e messa in conto? Tra due mesi c’è lo Slam australiano e avremo la risposta. Comunque grazie a Carlos per i fuochi d’artificio e certi recuperi impossibili, il suo è un tennis a 24 carati che emana sempre luce propria: voto 6.
Holger Rune – genio, potenza e sregolatezza: 7 di incoraggiamento
A guardare Holger Rune – 20 anni da Gentofte (Danimarca) – colpire una pallina da tennis hai l’impressione che potresti non vederla più, a un certo punto, la pallina. Non solo per quanto tira forte, ma per la quantità di potenza che sembra rimanere bloccata, inespressa, dentro quelle cosce da sollevatore di pesi bulgaro. E pensi: se questo troverà il modo di sfruttare tutta la leva del quadricipite, i buchi sul campo e le palle scoppiate si conteranno a decine. Qui a Torino Rune il sistema di tirare ancora più forte non l’ha trovato e il risultato è stata l’eliminazione nel girone, anche se sia contro Djokovic che con Sinner è stato in partita fino all’ultimo. Boris Becker, il suo nuovo coach, è stato un altro con le cosce esplosive che faceva i buchi per terra (49 tornei vinti in carriera, 6 Slam, numero uno Atp per diverso tempo), ma aveva maggiore fiducia in se stesso e un pizzico di sangue freddo in più durante i 15 decisivi di un match. Se gli riuscisse di trasmettere la sua mentalità al giovane Ercole, diventerà difficile per tutti non perdere di vista la pallina e vincere qualche finale. Voto 7 (di incoraggiamento)
Andrey Rublev – simpatico ma troppo instabile: voto 3
Ha perso tre partite su tre, Andrey Rublev, russo che odia la guerra e lo ha scritto su tante telecamere in questi ultimi mesi. Ci sta, erano tutti forti in questi giorni a Torino. Però ha perso male, sclerando, ferendosi le gambe con la racchetta, facendo una lagna infernale a quelli del suo team. Inaccettabile per un top ten. Deve lavorare sulla gestione della rabbia affidandosi a uno specialista. E magare tornare e vincere un paio di Slam. Voto: 3
Alexander Zverev – alla ricerca della forma migliore: voto 7
Il pennellone tedesco di origini russe, malato dall’età di 4 anni di diabete mellito di tipo 1 e vincitore di 21 titoli Atp (ma mai uno Slam), sta lentamente trovando la condizione di una volta, quella che nel giugno del 2022 lo portò ad occupare il secondo posto nella classifica mondiale. Il grave infortunio alla caviglia al Roland Garros di un anno fa lo ha tenuto fermo 7 mesi e gli ha fatto perdere diverse posizioni nel ranking. Ma la buona volontà e il talento non mancano a Sasha. Il suo problema è la continuità. Vittorioso in queste Finals contro uno spento Alcaraz, Zverev ha ceduto due set a zero contro Medvedev, e ha chiuso la kermesse torinese con un successo (sebbene ininfluente ai fini della classifica) su Rublev. Voto: 7
Stefanos Tsitsipas – tanto bello quanto antipatico: voto 1
Dispiace deludere le tantissime fan che strabuzzano gli occhi quando il greco si arma di racchetta. Ma a Torino Tsitsipas l’ha combinata davvero grossa. Sceso in campo contro Sinner già in precarie condizioni fisiche (aveva interrotto due allenamenti per noie al gomito operato), il numero 1 della Grecia del tennis si è concesso appena 17 minuti contro Rune, salvo poi ritirarsi lasciando di stucco gli oltre 11mila spettatori presenti. Ha detto che i dolori alla schiena erano davvero insopportabili e ha scaricato la colpa sui medici che nelle ore precedenti il match lo avevano visitato e avevano dato disco verde. Dicono che per quei tre game giocati con il danese abbia intascato 80mila euro più altri 130mila per aver sfidato l’azzurro. Gli addetti ai lavori sostengono che ogni tennista ha il diritto di provarci, fino a quando non è costretto ad arrendersi all’evidenza, ma nessuno ha aggiunto che anche lo spettatore ha tutto il diritto di non essere turlupinato, soprattutto quando per l’acquisto di un biglietto bisogna pagare cento euro e passa. Voto: 1
Hubert Hurkacz e Taylor Fritz – ma che colpa abbiamo noi: voto 7 e 6
Il polacco, idolo di casa anche in virtù della sua amicizia con Sinner, ha fatto il suo, conquistando un set nel match perso contro Djokovic e regalando l’automatica qualificazione in semifinale al tennista altoatesino. Sceso in campo come prima riserva una ventina di minuti dopo “l’improvviso” forfait di Tsitsipas, Hubi ha sfoderato qualche colpo nella speranza di strappare un sorriso al pubblico inferocito nel set di esibizione offerta assieme all’americano Fritz. Quest’ultimo, che aveva davvero l’aria di chi poco prima era impegnato nello shopping nella centrale via Roma, è sembrato un tennista per caso e non è stato risparmiato dai fischi. Poi alla fine, ha pure raccolto qualche applauso quando ha detto di non essersi del tutto ripreso dall’infortunio capitatogli a Parigi Bercy.
Giudici di sedia – impeccabili, voto 8
Dopo tanti tornei senza più giudici di linea a Torino si sono rivisti ed è stato un bel vedere. Il tennis sono anche loro, debolezze e cali di attenzione inclusi, tanto poi c’è il ‘Falco’ per le chiamate dubbie. Un 8 a tutti loro e ai 4 giudici di sedia che si sono alternati sul seggiolone: i francesi Renaud Lichtenstein e Aurelie Tourte, lo svedese Mohamed Lahyani e il brasiliano Carlos Bernardes. Impeccabili, credibili, capaci di un italiano più che sufficiente. I fantastici 4 del circuito, giusto che qui ci fossero loro. Voto: 8
PalaAlpitour – elegante realtà ma i parcheggi dove sono?: voto 8
Il PalaAlpitour, costruito nel 2005, lascia a bocca aperta: bellissima l’acustica, tutto l’impianto ha un qualcosa di avveniristico con i suoi enormi interni e l’ottima visuale da qualsiasi posizione. Al resto pensano i maxischermi che sono posizionati in alto. Le fasi di gioco sono sottolineate da effetti sonori e giochi di luce di un certo impatto. Gli amanti del tennis di una volta (quello silenzioso, in cui non volava una mosca e non c’erano i flash dei cellulare a dare fastidio a chi sta in campo) possono storcere il naso di fronte alla presenza del dj che approfitta delle pause per tenere alto il ritmo e coinvolgere il pubblico con la musica. Piaccia o no, fa parte della moda del momento.
Unica, ma grossa pecca del palazzetto: i parcheggi nei dintorni sono complessi (bisogna setacciare le vie limitrofe all’impianto) e insufficienti. E anche i mezzi pubblici (bus e tram) lasciano a desiderare.
Fan village – esteso ma troppo caotico: voto 5
La struttura è sicuramente molto spaziosa ma quando c’è tanta gente (e le Nitto Finals sono state letteralmente prese d’assalto) la confusione è garantita. Ovunque si vada ci sono code, per andare al bagno, per andare a mangiare o per superare i varchi con il braccialetto al polso, previa una perquisizione (questa sì, veloce) a borse e zaini. I punti della ristorazione sono tantissimi ma per il caffè pare sia obbligatorio raggiungere il Central Bar Lavazza in piazzale Grande Torino. Buonissimo il caffè e lo doveva essere per forza, dopo 45 minuti di fila. Cari signori Lavazza (uno dei principali sponsor della kermesse), perchè non aprire un altro punto di ristoro? E ancora: nel villaggio non c’erano gli store che vendono l’abbigliamento tecnico-sportivo dei giocatori. E’ un peccato. Possibile che non ci abbia pensato nessuno?
L’organizzazione – oltre ai soldi c’è di più: voto 5
Una volta si diceva che il cliente che paga ha sempre ragione. Nel tennis non è così: è normale che uno Tsitsipas qualunque decida di ritirarsi lasciando lo spettatore con un pugno di mosche in mano dopo aver magari speso denari per prendere un volo aereo, occupare una stanza di albergo e comprare il biglietto della partita? Il regolamento non prevede alcun risarcimento (neanche parziale) se il tennista si fa male, qualunque sia la fase del match. Un affettuoso appello al presidente Binaghi: non parli sempre e soltanto dei biglietti venduti, dell’incasso introitato o del ricco montepremi messo a disposizione degli otto migliori in classifica. Ogni tanto dedichi un pensiero anche a chi decide di aprire il portafogli a suo rischio e pericolo.
Rai e Sky – un match combattuto ancorché impari: voto 8
Per Raidue le partite di Sinner sono state un trionfo in termini di ascolti, neanche giocasse la nazionale di calcio. Record degli ultimi 10 anni di spettatori e di share per il tennis sulla tv di Stato. Bravi a stare dietro alla programmazione del torneo e a mettere in campo una formazione di voci e volti credibili (Marco Fiocchetti alle telecronache e Adriano Panatta al commento tecnico delle partite. Interviste curate da Maurizio Fanelli; Cristina Caruso alla guida dello studio con ospiti Paolo Canè e Rita Grande). Tutto molto bello, per dirla con Bruno Pizzul.  Chi segue il tennis su Sky, invece, non è rimasto per nulla sorpreso del livello altissimo della copertura televisiva: una programmazione – tra dirette, partite registrate, studio post-match e rubriche di approfondimento – che ha sfiorato le 24 ore di programmazione. Il solito trionfo di competenza e accuratezza. Merito di un team affiatato e una rosa ampia (Elena Pero, Luca Boschetto e Paolo Bertolucci, con interventi da bordocampo di Ivan Ljubicic e Paolo Lorenzi. Studio a rotazione con Angelo Mangiante, Dalila Setti e Stefano Meloccaro che ha curato le interviste, commenti tecnici affidati a Filippo Volandri, Raffaella Reggi e Laura Golarsa). Chi ha vinto la sfida tra Rai e Sky? Match impossibile e ingiusto vista la disparità di ore di programmazione tra i due broadcaster. Voto: 8, una media che resta segreta.

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