AGI – Sinner l’ha estromesso dal Master 1000 di Miami, togliendogli pure la possibilità di restare seduto sul trono da numero uno del tennis. Una doppia sconfitta difficile da digerire. Ma al termine di una semifinale epica (6/7-6/4-6/2 per l’azzurro) Carlos Alcaraz non ha spaccato la racchetta come abbiamo visto spesso fare a Fabio Fognini, e al momento della stretta di mano non ha neanche girato testa e scarpe frettolosamente. No, lo spagnolo ha abbracciato il rivale dicendogli “Vinci, io tifo per te”, in vista della finale contro Medvedev, un endorsement più unico che raro diventato subito virale sui social.
“Go for it man, I’ll cheer for you” ☺️@carlosalcaraz @janniksin @MiamiOpen | #MiamiOpen pic.twitter.com/yoYvX62nOE
— ATP Tour (@atptour)
April 1, 2023
E Sinner non è stato da meno, considerando che, intervistato in campo subito dopo il match, prima di celebrare la sua vittoria ha voluto sottolineare “il livello altissimo giocato da entrambi”. Altro stile, altro approccio all’agonismo rispetto a quanto avvenne nel 1995, quando dopo la semifinale (vinta) contro il rivale Agassi, Boris Becker lo apostrofò con un “nessuno ti ama, fai parte di una élite, sei aiutato dai direttori dei tornei e non riesci a vincere con condizioni di vento”, episodio raccontato dall’americano, che gli lasciò, aggiunse, “una ferita profonda”.
Sono rivali anche Alcaraz e Sinner, certo, ma il loro è un dualismo che li aiuta a migliorarsi tennisticamente e che va di pari passo con l’amicizia e con un rispetto profondo che arriva anche al pubblico come si è visto con l’applauso scrosciante al loro ingresso in campo: “Quando giochiamo io e Jannik – ha detto lo spagnolo – sento qualcosa di diverso nel pubblico. Penso che la gente di tutto il mondo veda queste sfide fra di noi perché sono proprio belle da guardare”.
I due sono amici, spesso compagni di allenamento e di selfie (prima dell’inizio di Montreal ’22 ne postarono uno con su scritto “siamo pronti”): “Siamo amici e brave persone, prima di tutto”, ha spiegato Alcaraz in una delle conferenze stampa in cui gli è stato chiesto di raccontare il rapporto con l’avversario con cui è destinato ad essere protagonista di sfide seriali che emuleranno i confronti tra Nadal e Federer, altra coppia di rivali che si è sempre rispettata. Tra i due c’è giusto il “vulnus” del mancato invito dello svizzero al matrimonio di Nadal con la sua Xisca ma Federer non se la prese per niente.
E le ricordiamo tutti le lacrime dello spagnolo nel giorno del ritiro di Federer e la foto virale in cui i due si stringono la mano. Meno votato all’amicizia con i rivali Djokovic l’altro protagonista del gruppo dei Fab Four, che non ha mai digerito l’amore smisurato del pubblico per Federer e che non ha mai legato tanto neanche con Murray, come ha certificato mamma Judy Murray.
Scaramucce le loro, comunque se paragonate a quanto arrivò a dire Boris Becker dell’odiato rivale Ivan Lendl quando quest’ultimo diventò il numero uno del ranking mondiale: “Lendl è diventato il numero uno per caso. Borg si è ritirato, io sono diventato vecchio, e a McEnroe si è intorpidito il cervello. Lendl ha solo saputo aspettare, questo il suo unico merito. E’ lì per caso, gli è andata bene, qualcuno doveva diventare numero uno ed è capitato a lui”.
Si detestavano cordialmente anche Lendl e McEnroe con il secondo che gli rifiutò anche un passaggio sul suo jet privato per raggiungere più agevolmente un torneo. Mentre Panatta e Pietrangeli stanno ancora oggi a dibattere su chi abbia vinto di più e continuano a punzecchiarsi a distanza (è recente l’accostamento dell’ex capitano di Davis tra il Berrettini in crisi e il Panatta che pensava troppo alla pubblicità, alle donne ed era forte solo dalla vita in su).
Rivalità che, vuoi per educazione innata, vuoi per affinità (e un po’ anche per strategia mediatica via social), oggi sono meno frequenti. Con qualche eccezione: il campione greco Tsitsipas e l’australiano di origine greca Kyrgios non si sopportano, soprattutto dopo lo scorso Wimbledon, quando l’australiano batté da sotto (e lo fa spesso) scatenando l’ira del greco che scagliò una palla tra gli spalti, con relativa richiesta di squalifica (non accordata) da parte dell’avversario, che poi vinse il match. Da allora i due continuano a dirsene tante, via social o interviste. “Bullo”: così Tsitsipas ha definito Kyrgios spiegando poi che era stato lui “facendo il clown a rompere la nostra relazione”.
Forse la chiave per capire certi legami tennistici sta tutta in questa parola: “relazione”, che richiama i rapporti sentimentali. Fatti, si sa, quando sono un po’ tossici di amore e di odio. Per fortuna quella tra Sinner e Alcaraz è una relazione sana. Vediamo se, chi si sposerà per primo, inviterà l’altro al matrimonio.
AGI – Sinner l’ha estromesso dal Master 1000 di Miami, togliendogli pure la possibilità di restare seduto sul trono da numero uno del tennis. Una doppia sconfitta difficile da digerire. Ma al termine di una semifinale epica (6/7-6/4-6/2 per l’azzurro) Carlos Alcaraz non ha spaccato la racchetta come abbiamo visto spesso fare a Fabio Fognini, e al momento della stretta di mano non ha neanche girato testa e scarpe frettolosamente. No, lo spagnolo ha abbracciato il rivale dicendogli “Vinci, io tifo per te”, in vista della finale contro Medvedev, un endorsement più unico che raro diventato subito virale sui social.
“Go for it man, I’ll cheer for you” ☺️@carlosalcaraz @janniksin @MiamiOpen | #MiamiOpen pic.twitter.com/yoYvX62nOE — ATP Tour (@atptour)
April 1, 2023
E Sinner non è stato da meno, considerando che, intervistato in campo subito dopo il match, prima di celebrare la sua vittoria ha voluto sottolineare “il livello altissimo giocato da entrambi”. Altro stile, altro approccio all’agonismo rispetto a quanto avvenne nel 1995, quando dopo la semifinale (vinta) contro il rivale Agassi, Boris Becker lo apostrofò con un “nessuno ti ama, fai parte di una élite, sei aiutato dai direttori dei tornei e non riesci a vincere con condizioni di vento”, episodio raccontato dall’americano, che gli lasciò, aggiunse, “una ferita profonda”.
Sono rivali anche Alcaraz e Sinner, certo, ma il loro è un dualismo che li aiuta a migliorarsi tennisticamente e che va di pari passo con l’amicizia e con un rispetto profondo che arriva anche al pubblico come si è visto con l’applauso scrosciante al loro ingresso in campo: “Quando giochiamo io e Jannik – ha detto lo spagnolo – sento qualcosa di diverso nel pubblico. Penso che la gente di tutto il mondo veda queste sfide fra di noi perché sono proprio belle da guardare”.
I due sono amici, spesso compagni di allenamento e di selfie (prima dell’inizio di Montreal ’22 ne postarono uno con su scritto “siamo pronti”): “Siamo amici e brave persone, prima di tutto”, ha spiegato Alcaraz in una delle conferenze stampa in cui gli è stato chiesto di raccontare il rapporto con l’avversario con cui è destinato ad essere protagonista di sfide seriali che emuleranno i confronti tra Nadal e Federer, altra coppia di rivali che si è sempre rispettata. Tra i due c’è giusto il “vulnus” del mancato invito dello svizzero al matrimonio di Nadal con la sua Xisca ma Federer non se la prese per niente.
E le ricordiamo tutti le lacrime dello spagnolo nel giorno del ritiro di Federer e la foto virale in cui i due si stringono la mano. Meno votato all’amicizia con i rivali Djokovic l’altro protagonista del gruppo dei Fab Four, che non ha mai digerito l’amore smisurato del pubblico per Federer e che non ha mai legato tanto neanche con Murray, come ha certificato mamma Judy Murray.
Scaramucce le loro, comunque se paragonate a quanto arrivò a dire Boris Becker dell’odiato rivale Ivan Lendl quando quest’ultimo diventò il numero uno del ranking mondiale: “Lendl è diventato il numero uno per caso. Borg si è ritirato, io sono diventato vecchio, e a McEnroe si è intorpidito il cervello. Lendl ha solo saputo aspettare, questo il suo unico merito. E’ lì per caso, gli è andata bene, qualcuno doveva diventare numero uno ed è capitato a lui”.
Si detestavano cordialmente anche Lendl e McEnroe con il secondo che gli rifiutò anche un passaggio sul suo jet privato per raggiungere più agevolmente un torneo. Mentre Panatta e Pietrangeli stanno ancora oggi a dibattere su chi abbia vinto di più e continuano a punzecchiarsi a distanza (è recente l’accostamento dell’ex capitano di Davis tra il Berrettini in crisi e il Panatta che pensava troppo alla pubblicità, alle donne ed era forte solo dalla vita in su).
Rivalità che, vuoi per educazione innata, vuoi per affinità (e un po’ anche per strategia mediatica via social), oggi sono meno frequenti. Con qualche eccezione: il campione greco Tsitsipas e l’australiano di origine greca Kyrgios non si sopportano, soprattutto dopo lo scorso Wimbledon, quando l’australiano batté da sotto (e lo fa spesso) scatenando l’ira del greco che scagliò una palla tra gli spalti, con relativa richiesta di squalifica (non accordata) da parte dell’avversario, che poi vinse il match. Da allora i due continuano a dirsene tante, via social o interviste. “Bullo”: così Tsitsipas ha definito Kyrgios spiegando poi che era stato lui “facendo il clown a rompere la nostra relazione”.
Forse la chiave per capire certi legami tennistici sta tutta in questa parola: “relazione”, che richiama i rapporti sentimentali. Fatti, si sa, quando sono un po’ tossici di amore e di odio. Per fortuna quella tra Sinner e Alcaraz è una relazione sana. Vediamo se, chi si sposerà per primo, inviterà l’altro al matrimonio.