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Silvia Romano, le parole agli 007: “Convertita all’Islam, è stata una mia libera scelta” – Il Fatto Quotidiano

Mag 10, 2020

La questione è delicata e proprio per questo viene trattata con tutti gli accorgimenti del caso. Silvia Romano si è convertita all’Islam. A confermarlo, ormai da alcune ore, sono fonti investigative dell’intelligence citate dalle agenzie di stampa. Una conversione, quella della volontaria rapita in Kenya 18 mesi fa e liberata a 30 chilomentri da Mogadiscio, avvenuta durante il sequestro da parte di Al Shabab, gruppo terrorista somalo affiliato ad Al Qaeda.

Per questo motivo una vicenda squisitamente intima e personale come l’appartenenza a una religione assume rilievo investigativo. Secondo le stesse fonti, infatti, la conversione potrebbe essere frutto “della condizionepsicologica in cui si è trovata durante il rapimento“. La giovane cooperante, però, avrebbe dichiarato di non aver subito alcuna costrizione da parte dei rapitori. “Mi sono convertita all’Islam, è stata una mia libera scelta, sono stata trattata bene e non sono stata stata costretta al matrimonio“, sono le parole riportate da alcune fonti dei servizi italiani all’agenzia Adnkronos.

“Nulla di quello che accade all’interno del percorso di un sequestro, cioè della privazione violenta della libertà personale, é pienamente volontario“, dice il giornalista della Stampa, Domenico Quirico, a sua volta vittima di un sequestro, in Siria, nel 2013. Il cronista, però, sottolinea come sia sia “totalmente illegittimo fare speculazioni sulla conversione. Non dico niente fino a che non sarà lei a dire qualcosa in proposito”. Anche di questa vicenda Romano dovrà parlare con i pm della procura di Roma che la stanno interrogando sul sequestro. Anche subito dopo la liberazione, la ragazza avrebbe fatto riferimento alla sua possibile conversione all’Islam ma senza voler dare ulteriori indicazioni. “Prima ne voglio parlare con la mia famiglia“, ha riferito, rifiutandosi di cambiare l’abito, la veste lunga ticipamente somala che indossava al momento della liberazione. Una veste simile a quella verde che portava al momento dell’arrivo in Italia.

“Di questo non abbiamo parlato, il fatto che non abbia voluto cambiare gli abiti che aveva può significare molte cose, una consuetudine acquisita in questi mesi, non necessariamente motivazioni di altro tipo”, dice l’ambasciatore italiano in Somalia, Alberto Vecchi, che sottolinea di essere rimasto colpito dalla forza d’animo della ragazza. “Questa mattina era tutta sorridente, contenta, ha reagito molto bene e ha raccontato di aver dormito benissimo nella stanzetta della foresteria dell’ambasciata che le abbiamo messo a disposizione. Ieri sera, invece, abbiamo mangiato la pizza che lei aveva chiesto, non era il massimo, abbiamo fatto quello che si poteva”.

Nei mesi scorsi si erano già diffuse indiscrezioni, sempre smentite dagli 007 italiani, sul fatto che la giovane italiana avrebbe sposato uno dei suoi carcerieri con un rito di religione islamica. Racconti che oggi vengono smentiti dalla diretta interessata, mentre sul tavolo resta l’ipotesi che la conversione sia dovuta alle pressioni dei rapitori e alle difficili condizioni fisiche e psicologiche vissute nei 15 mesi di prigionia. Subito dopo l’atterraggio, però, la cooperante ha detto di stare bene sia “fisicamente che psicologicamente”.

Durante l’interrogatorio con il pm Sergio Colaiocco e gli ufficiali dell’antiterrorismo del Raggruppamento operativo dell’Arma saranno toccati anche altri temi. Per esempio gli investigatori vogliono capire in quali rifugi è stata tenuta la giovane italiana. Rapita il 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama in Kenya e poi subito finita in Somalia nelle mani di Al Shabab, gruppo terrorista affiliato ad Al Qaeda, Romano sarebbe stata tenuta prigioniera in tre covi: Bulo Fulay, Harardhere, Janale. Secondo fonti di Mogadiscio ci sono prove che la volontaria sia stata nascosta a Janale, da ottobre 2019 a marzo 2020 (la città venne liberata dopo il trasferimento dell’ostaggio). Poi, nuove tracce la fanno ricomparire a fine aprile, insieme ad altri ostaggi, in una zona impervia tra South West e Jubaland chiamata la foresta degli elefanti, area sotto il controllo dei miliziani jihadisti, tra l’altro di frequente sotto attacco Usa.

Nella notte tra venerdì e sabato, finalmente la svolta: Silvia Romano sarebbe stata accompagnata fuori dalla foresta, in zona libera controllata dal governo federale, sulla strada Afgoye-Mogadiscio, dove è scattato il blitz turco-somalo che ha portato alla sua liberazione. Nel corso del blitz sarebbero stati fatti anche degli arresti, ma i sospetti sarebbero già stati rilasciati. In ogni caso, ora sul sequestro e sull’operazione per la liberazione della cooperante italiana – anche per cercare collegamenti che portino a ritrovare gli altri ostaggi nelle mani di Al Shabab – ha aperto un fascicolo anche la procura federale somala, dopo che già l’Alta Corte del South West State era impegnata a indagare sul caso da luglio 2019.

Secondo quanto ricostruirono allora gli investigatori locali, la 24enne italiana sarebbe stata portata subito in Somalia da un gruppo di pirati reclutati e organizzati da Al Qaeda per specifici sequestri politici e sarebbe stata gestita “come ostaggio politico, con lo stesso protocollo adottato per le spie”, passando di mano fra diversi gruppi interni ad al Al Shabab per ragioni di sicurezza.

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