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Sequestro al Piano di insediamento produttivo di Marano. Indagati gli imprenditori Cesaro

Dic 1, 2016

MARANO – Capannoni, aziende, depositi, e soprattutto servizi di urbanizzazione. Un insediamento industriale su cui aveva messo le mani anche la camorra, il clan Polverino. E su cui non si poteva sottilizzare, nei controlli finali. Così, molte opere erano state collaudate con firme false e illeciti, tutto sotto minaccia dei signori delle imprese vicino alla politica, e degli amici di cosca.

Un sequestro eseguito in queste ore dai carabinieri del Ros di Napoli a Marano, comune dell’hinterland napoletano, svelerebbe ancora una volta la longa manus della famiglia Cesaro sugli affari e i business della provincia: questa volta sotto i riflettori ci sono ampie aree del Piano di insediamento produttivo (Pip) di quel territorio.

Il blitz della Procura di Napoli applica i sigilli a beni per 4 milioni di euro, una fetta consistente del Pip. Sotto inchiesta finiscono gli imprenditori di Sant’Antimo Aniello e Raffaele Cesaro, 62 e 60 anni, gia’ coinvolti due anni fa in un’inchiesta su politica e camorra per investimenti a Lusciano, e fratelli del piu’ noto deputato di Fi Luigi – che e’ parlamentare da quattro legislature, piu’ una quinta a Bruxelles, e gia’ presidente della Provincia di Napoli. (Per Luigi fu chiesto anche l’arresto nel 2014, poi annullato dal Riesame, un’indagine finita per lui con un’archiviazione disposta tre mesi fa , su richiesta della stessa Direzione distrettuale antimafia) .

Il nome del politico, almeno per ora, non compare pero’ negli atti del sequestro. Le accuse: minaccia e falso materiale e ideologico, aggravati dalla finalita’ mafiosa. Oltre a varie violazioni di leggi in materia urbanistica. Con i due Cesaro senior, risulta indagato anche Francesco Scialo’, 63 anni, un collaboratore dei Cesaro.

L’inchiesta dei pm Mariella Di Mauro e Giuseppe Visone , coordinata dal procuratore aggiunto antimafia Giuseppe Borrelli, si avvale delle dichiarazioni di pentiti di camorra e tecnici che avevano lavorato sui vari adempimenti tecnici del Pip. I carabinieri guidati dal colonnello Gianluca Piasentin hanno acquisito atti, ascoltato testimoni, verificato la difformita’ tra alcune caratteristiche dei lavori cosi’ come erano stati prospettati, e quelli realmente eseguiti. Un lavoro che dopo il primo vaglio e’ confluito nel decreto di sequestro preventivo emesso dal gip Francesca Ferri.

I magistrati hanno raccolto numerosi riscontri, e ottenuto la collaborazione di chi era stato minacciato. Come il racconto di Giuseppe Nasto, le cui dichiarazioni rappresenterebbero il perno su cui ruota buona parte dell’impianto accusatorio. Nasto sarebbe stato convocato da Aniello Cesaro e Scialo’, e – come scrive il gip – i due gli avrebbero “prospettato” che “se non avesse firmato il collaudo provvisorio delle opere di urbanizzazione poste a servizio dell’insediamento del Pip di Marano, non avrebbe piu’ lavorato con le aziende del Cesaro e avrebbe anche perso il lavoro che stava ancora svolgendo presso il centro commerciale Il Molino, cosi’ da determinarlo a commettere il reato di falso ideologico in atto pubblico”.

Altro

aspetto inquietante e’ la prospettata connessione con gli ambienti della criminalita’ organizzata. Il giudice Ferri nei capi di imputazione scrive: “Con l’aggravante di aver commesso il fatto in piu’ persone riunite e di avere agito anche al fine di favorire l’attivita’ dell’associazione camorristica denominata clan Polverino, egemone nel comune di Marano la quale aveva rilevanti interessi economici nella realizzazione del Pip”.

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