“Puoi sposare due, tre o quattro donne. Ma se non puoi trattarle tutte allo stesso modo allora sposane una sola”. È la sura 4:3 del Corano nonché motto di SecondWife, il sito d’incontri per musulmani fondato da Azad Chaiwala, imprenditore pachistano, per aiutare chi, come lui, è in cerca di una seconda moglie. Un’idea che non è passata inosservata. Soprattutto perché, in poco tempo, sono stati quasi 35mila gli inglesi di fede islamica a iscriversi al servizio. Un numero inatteso per una nazione in cui la poligamia è un reato punibile con il carcere fino a sette anni. Per Chaiwala però non c’è nulla di illegale: “È per chi il matrimonio lo prende seriamente”. Per SecondWife bisogna compilare una scheda con le proprie informazioni, che verranno lette e interpretate dal motore di ricerca per far incontrare i partner. Bisogna indicare se si è già sposati, con quante mogli, qual è la religione di appartenenza e quanto spesso si prega. Per conoscersi tra loro i membri possono chattare privatamente, l’importante è che la conversazione non prenda mai direzioni “non halal”, cioè proibite dall’Islam. Gli utenti si controllano a vicenda denunciando situazioni poco piacevoli, mentre un team di esperti lavora per monitorare che le foto caricate sui profili o inviate in privato rispettino la decenza delle donne.
Secondo Chaiwala, quello offerto, è un servizio che richiama gli antichi valori della tradizione, promuove la fedeltà e aiuta le donne a non rimanere sole. Visione, la sua, che non mette d’accordo quasi nessuno. Tra i contestatori c’è chi, come Khalid Mahmood, parlamentare labourista, tenta di dissuadere le donne facendo leva sui rischi finanziari e legali, o chi, come Mariam Khan, rappresentate al Consiglio cittadino di Birmingham, denuncia l’utilizzo distorto dei precetti islamici. Anche su Twitter non sono mancate le polemiche, tra insulti e pregiudizi. Il fenomeno però esiste. “Quelli che protestano sono ipocriti”, commenta l’imprendore pachistano, mentre spiega che la religione musulmana consente di avere fino a quattro spose solo se, di volta in volta, c’è il consenso delle mogli con cui ha già convolato a nozze: la prima deve acconsentire per la seconda, entrambe per la terza e così via. “I siti – aggiunge Azad – sono pubblici proprio perché non c’è nessun invito a violare la legge. I Paesi occidentali proibiscono la poligamia, ma questi matrimoni non vengono registrati ufficialmente. Per essere vissuta, una relazione non ha bisogno di pezzi di carta”.
La poligamia è già praticata da alcuni musulmani che vivono in Europa. L’ordinamento occidentale non riconosce i matrimoni islamici a meno che non vengano registrati. Così basta non comunicare una o più unioni – gli imam non hanno l’obbligo di segnalarle alle autorità – e la famiglia allargata è fatta. La conferma arriva da Javid, un utente che da Londra scrive: “Per le leggi dei Paesi europei è come se fossimo fidanzati”. Anche lui, che in Pakistan ha già una moglie, utilizzerà questo espediente.
Il solo caso in cui l’unione poligama viene riconosciuta è quando è stata contratta in Paesi in cui è legale. Accade così nel Regno Unito e in Francia, ma non sempre in Italia, dove i giudici si sono espressi con sentenze contrastanti sia sulla validità del legame sia sulla possibilità di accettare il ricongiungimento familiare con le altre mogli a un marito poligamo che in Italia abbia ne abbia già portata una. È difficile sapere con esattezza quante famiglie poligame ci sono in ogni Paese d’Europa. Si stima che in Gran Bretagna e in Francia ve ne siano almeno 20mila. Mentre in Italia i matrimoni poligami sarebbero tra i 15 e i 20mila. Neppure troppo nascosti. E non tutti celebrati tra stranieri. Dice Azad: “La poligamia è un desiderio che va oltre l’Islam, anima uomini e donne di ogni credo”. Motivo per cui ha aperto un secondo sito – Polygami.com – aperto a tutti. Ma su Twitter c’è già chi ironizza: “Ho difficoltà con una moglie, figuriamoci con quattro”.