Otto paesi di “buona volontà” (e tra questi l’Italia nonostante il “no” di Matteo Salvini) hanno finalmente messo fine allo strazio dei 49 immigrati a bordo della Sea Watch e della Sea Eye che, nei prossimi giorni, saranno smistati negli otto Stati europei che hanno dato la disponibilità ad accoglierli.
L’Italia, ovviamente, “andrà a prenderli in aereo” per utilizzare le parole con le quali ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva rintuzzato la presa di posizione di Salvini che escludeva persino l’accoglienza delle donne e dei bambini come proposto dal premier. La resa dei conti tra i due avverrà già stasera in un vertice convocato al rientro di Salvini dalla Polonia ma sarà tutta politica. Il ministro dell’Interno non ha alcun potere di ribaltare la decisione comunicata ufficialmente dal premier, né ha competenza sulla chiusura di porti e aeroporti. In polemica con la decisione dell’Italia di partecipare alla redistribuzione dei migranti, Salvini ha ricordato come, in precedenti operazioni del genere di migranti fatti approdare a Pozzallo e nel caso della nave Diciotti, i trasferimenti effettivi sono stati la metà e, tranne la Francia, gli altri Paesi non hanno tenuto fede interamente alle promesse. Come dire che l’Italia potrebbe fare lo stesso.
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In realtà non è ancora dato sapere chi arriverà veramente in Italia: nessun Paese si sceglie, come ad un mercato, i migranti da accogliere. La prassi, già seguita in casi analoghi di suddivisione di migranti tra Paesi europei, vuole che prima venga fatta l’identificazione delle persone, una prima valutazione dei requisiti tra chi è potenzialmente avente diritto ad una qualche forma di protezione e poi avvenga la ripartizione tenendo conto dei nuclei familiari ma anche di eventuali richieste dei migranti che, ad esempio, potrebbero voler raggiungere amici o familiari in un Paese o nell’altro.
Dunque, praticamente, i 49 migranti, tra cui tre bambini piccoli di 1, 4 e 9 anni, che viaggiano con i genitori, trasbordati sulle motovedette della marina militare maltese sono arrivati nel porto militare di Malta. Le due navi umanitarie non sono entrate in porto. La condizione posta dal premier Muscat è che dopo il trasbordo la Sea Watch e la Sea Eye lascino immediatamente le acque maltesi.
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Una volta a terra, i migranti (le cui condizioni di salute sono molto precarie dopo 19 giorni passati in mare al freddo e con un moto ondoso che ha provocato a tutti gravi disturbi) sono stati portati nel centro di prima accoglienza del porto de La Valletta per ricevere la prima assistenza. Poi come sempre c’è stata l’identificazione. Nei prossimi giorni i Paesi che hanno dato la loro disponibilità ad accoglierne una quota invieranno dei propri funzionari per la valutazione dei requisiti e, man mano, si procederà ai voli verso gli otto Stati membri che hanno garantito l’accoglienza dei 49 ma anche di altri 131 migranti salvati nei giornni scorsi dalle forze armate maltesi mentre altri 44, tutti originari del Bangladesh e ritenuti non aventi diritto, verranno rimpatriati da La Valletta.
Le quote più rilevanti, 50 persone a testa, andranno in Germania e in Olanda, i due Paesi la cui bandiera è battuta dalla Sea Watch e dalla Sea Eye. Gli altri 80 saranno divisi tra Italia, Francia, Portogallo, Malta, Lussemburgo, Romania e Irlanda. Nessuno ne prenderà più di 15. I tempi non saranno brevissimi. Per i migranti sbarcati a Pozzallo furono necessari tre mesi. In Italia molte città avevano già dato la disponibilità ad accogliere i migranti, quindi quando arriveranno sul suolo nazionale, dopo le ulteriori operazioni di identificazione, le persone verranno smistate nei centri di accoglienza dove potranno avanzare richiesta d’asilo e attendere l’esito dei colloqui con le commissioni territoriali. Senza alcuna lezione di italiano né possibilità di fare formazione né di lavorare. Solo vitto e alloggio per mesu, come prevede adesso la legge Salvini per i richiedenti asilo.