Questa notte l’uscita dai binari di un carro di un convoglio merci nei pressi della stazione di Castello ha provocato danni talmente gravi all’infrastruttura da dover sospendere la circolazione ferroviaria tra Firenze e Bologna. La tempesta perfetta per tutti quei viaggiatori che, in fretta e furia, hanno dovuto riprogrammare i loro spostamenti tra possibili percorsi alternativi, ritardi, cancellazioni e limitazioni. Insomma, una giornata infernale che ha coinvolto migliaia di italiani in viaggio e che ha bloccato il traffico nel capoluogo toscano. La buona notizia è che, dalle 11.30, è ripartita la circolazione dei treni ad alta velocità, la cattiva è che rimane irrisolto il “nodo Firenze” che riguarda l’intero asse ferroviario italiano tra nord e sud.
Un nodo ferroviario capace di fermare l’Italia
Il nodo ferroviario di Firenze è decisamente democratico: ogni volta che si verifica un incidente rimangono fermi tutti, dai convogli ad alta velocità ai treni merci, senza dimenticare i regionali pieni di pendolari. La motivazione non è solo geografica, Firenze è lì da sempre, ma riguarda le infrastrutture che attraversano una città strategica per i collegamenti sull’asse nord-sud.
La linea ad alta velocità – che dovrebbe viaggiare in sede separata – qui si affianca a quella convenzionale. Non è un errore, è il risultato di una scelta che frena lo sviluppo tanto del traffico locale quanto quello a lunga percorrenza. Ancora oggi i treni che fermano a poche centinaia di metri dalla Cupola del Brunelleschi, devono invertire il proprio senso di marcia a Santa Maria Novella. Va meglio, ma non troppo, ai treni “no stop” che attraversano la città, a velocità ridotte sullo storico passante – ancora a due binari – tra i quartieri residenziali di Rifredi e Campo di Marte.
Negli ultimi decenni si è lavorato per attenuare questo collo di bottiglia: è stato quadruplicato il tratto tra Rovezzano e Campo di Marte, un fascio di quattro binari arriva a Santa Maria Novella ma il transito rimane legato a quei due soli binari che attraversano Firenze. Un problema in quel tratto ha potenzialmente effetti devastanti su tutta l’Italia, nella cintura fiorentina un singolo ingranaggio può mandare in tilt tutto il sistema. Come l’incidente di stanotte che, nonostante si sia verificato in uno dei tratti con quattro binari distinti per flusso, è riuscito a coinvolgere (e bloccare) tutta la struttura.
Raccontare il tunnel che non c’è
Una soluzione a questo problema esiste: è il noto sottoattraversamento ferroviario di Firenze che, una volta completato, permetterà di separare l’alta velocità dalla rete tradizionale con vantaggi per tutti. Almeno in teoria visto che quest’opera ancora non c’è, nonostante la Conferenza di servizi avesse approvato il progetto del nodo AV già nel marzo 1999. Ventiquattro anni fa.
Da allora è successo tutto e niente. “Il progetto di Firenze è stato di particolare interesse”, racconta il professor Fabrizio Coticchia che nei giorni scorsi ha pubblicato, assieme al collega Marco Di Giulio, un articolo su “Policy and Society” riguardo alla narrazione sviluppatasi su questo intervento. “Abbiamo analizzato questo caso come deviante in quanto, rispetto alle narrazioni presenti in situazioni del genere, coloro che hanno sostenuto il progetto nel corso degli anni si sono sempre ritirati nel fornire argomentazioni a favore dell’opera, probabilmente anche a causa dei continui stop and go che l’hanno caratterizzata”, spiega. C’è chi ha cambiato idea, ma “anche i contrari (al tunnel) hanno sempre optato per una narrazione molto tecnica, senza riuscire a raggiungere un ampio coinvolgimento”. Il risultato finale è paradossale: nonostante tutti siano d’accordo sulla necessità di liberare Firenze dal traffico ferroviario, la talpa ancora attende di essere accesa per scavare la galleria sotto la città.