AGI – Il circuito cerebrale che produce dopamina potrebbe essere responsabile dell’alimentazione edonistica, legata al nutrirsi per il piacere delle sensazioni derivanti dall’atto piuttosto che per reale necessità. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati della McGill University. Il team, guidato da Zhenggang Zhu, ha utilizzato un modello murino per mappare i circuiti specifici delle cellule cerebrali. I risultati, commentano gli esperti, offrono spunti su come i farmaci agonisti del GLP-1 come la semaglutide influenzano la soppressione dell’appetito e perché cibi piacevoli e deliziosi possono prevalere sugli effetti di questi farmaci.
Meccanismi dell’alimentazione edonistica e sazietà
L’alimentazione edonistica, affermano gli scienziati, è la spinta a consumare per l‘esperienza piacevole del mangiare e il gusto gradevole del cibo, piuttosto che per esigenze energetiche fisiologiche. Desideri correlati possono portare a mangiare troppo e svolgere un ruolo importante nell’obesità. I comportamenti alimentari progrediscono attraverso tre fasi distinte: ricerca, consumazione e sazietà, ciascuna governata da complessi circuiti neurali responsabili dell’inizio, del mantenimento e della conclusione dell’alimentazione.
La fase di ricerca è influenzata dai segnali omeostatici del corpo e dagli stimoli ambientali appresi che predicono le ricompense alimentari. La sazietà, d’altro canto, è innescata da segnali che sopprimono l’ulteriore consumo, una risposta imitata da alcuni farmaci anti-obesità come gli agonisti del GLP-1R. Tuttavia, i meccanismi che sostengono la fase di consumo durante l’alimentazione edonistica sono poco compresi.
Implicazioni per i trattamenti e ricerche future
Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno scoperto che l’aumento artificiale dell’attività dei neuroni VTA DA durante il consumo di cibo migliorava la durata del pasto, mentre la soppressione dell’attività di queste cellule riduceva il consumo senza influenzare l’inizio del pasto. In particolare, gli scienziati hanno dimostrato che la semaglutide, che coinvolge i percorsi di sazietà, poteva temporaneamente sopprimere l’attività dei neuroni VTA DA.
Tuttavia, dopo la perdita di peso indotta dal trattamento con semaglutide, la tendenza a consumare troppo cibo appetibile è tornata. Questo effetto è stato invertito dall’inibizione mirata dei neuroni VTA DA. Il lavoro, commentano gli esperti, suggerisce che i neuroni DA dell’area VTA regolano dinamicamente l’alimentazione edonistica durante il consumo di cibo, contrastando gli effetti di soppressione dell’appetito causati dalla semaglutide. In una prospettiva correlata, Dana Small dell’Università della California a San Diego, sostiene che i risultati indicano che le differenze interindividuali nell’adattamento di questo circuito in risposta ai farmaci GLP-1 possono spiegare le differenze nell’efficacia del trattamento negli esseri umani. “Nei prossimi step – concludono gli autori – sarà interessante valutare opzioni di trattamento per ampliare il gruppo di individui che traggono beneficio dalla cura a base di agonisti del GLP-1”.