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Sciolto nell’acido per errore, i killer offrono un risarcimento

Apr 17, 2023

AGI – “Non vogliamo risarcimenti ma giustizia” che per la famiglia di Giulio Giacco, un operaio ucciso per uno scambio di persona a Napoli 22 anni fa, vuol dire solo una cosa: ergastolo. Il carcere a vita per i due imputati Carlo Nappi e Salvatore Cammarota per i quali domani inizierà l’udienza preliminare.

Hanno offerto un risarcimento di 30 mila euro in contanti e 120 mila in immobili per ottenere uno sconto di pena. Ma la richiesta è stata rifiutata dalla famiglia della vittima innocente. Giulio fu ucciso a 26 anni con un colpo di pistola alla testa, il cadavere preso prima a calci dal boss e poi sciolto nell’acido, i denti che non si erano dissolti, furono frantumati a martellate.

Un tragico scambio di persona

Era sospettato di avere una relazione con la sorella di un elemento apicale del clan Polverino. Ma fu un drammatico scambio di persona. Era il 30 luglio del 2000. Giulio era in piazza vicino casa sua in contrada Romano, una zona compresa tra Pianura e Marano. Si avvicinarono in quattro spacciandosi per poliziotti. “Salvatore devi venire con noi per accertamenti” disse uno dei finti agenti.

Giulio chiarì subito che non si chiamava Salvatore ma seguì lo stesso i finti poliziotti dietro le insistenze e le minacce di quest’ultimi. Salì così a bordo di una Fiat Punto di colore bordeaux e da allora mamma Rosa e papà Giuseppe, lei casalinga, lui agricoltore, non hanno mai saputo più nulla del figlio. Fino al 2015 con le prime dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il boss Roberto Perrone, che hanno portato, ben sette anni dopo, grazie anche a riscontri di altri pentiti, Procura e carabinieri a chiudere il cerchio e a chiedere e ottenere dal gip una misura cautelare in carcere nei confronti di due uomini a fine 2022.

Le indagini della direzione distrettuale antimafia partenopea e del Nucleo Investigativo dei carabinieri hanno accertato che Giulio Giaccio era estraneo ai contesti di criminalità organizzata e che gli esecutori del delitto l’avevano erroneamente identificato per un pregiudicato, tale Salvatore, che stava intrattenendo una relazione con la sorella di Cammarota, una donna divorziata ma che il giovane non poteva frequentare per il codice barbaro della camorra. E così fu ucciso. 

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