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Sci, gli operatori contro lo stop del governo: “Sicurezza garantita”. Gli albergatori: “Natale e Capodanno pilastri della stagione”

Nov 23, 2020
MILANO – In nove mesi non c’è stato un solo provvedimento congiunto tra i vari Paesi europei e ora si unirebbero tutti solo per chiudere lo sci?”.Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef, l’associazione degli operatori funiviari italiani, non maschera il proprio disappunto dopo lo stop che il governo intende imprimere all’avvio della stagione sciistica: “Ci si unisce per chiudere uno sport che si fa all’aria aperta, che è per sua natura distanzato e solo perchésecondo il governo non siamo in grado di gestire la distanza nei punti di partenza delle cabinovie. Chiediamo che su questo si decida non seguendo l’emotività, ma il contesto generale delle riaperture”.

A preoccuparsi non solo gli operatori, ma anche albergatori e ristoratori: in ballo una stagione che vale tra i 10 e i 12 miliardi, e che nelle tre settimane che vanno da Natale all’Epifania, spiega Filippo Gerard, presidente Adava Federalberghi Valle D’Aosta, mette a segno il 30 per cento del fatturato: “

Natale e Capodanno costituiscono il pilastro dell’intera stagione, quindi perdere le vacanze di Natale significa perdere tutto. I costi delle piste, del personale, non sarebbero sostenibili se dovessimo aprire l’8 o alla fine di gennaio, considerato che già ad agosto abbiamo lavorato zoppi, con un calo del 20%”.

Il presidente del Consiglio però vorrebbe evitare che si ripeta a Natale quanto già accaduto durante l’estate. Un allentamento che ha fatto precipitare il Paese nel pieno della seconda ondata. Ma Ghezzi su questo chiarisce un punto: “E’ evidente che se il paese è tutto chiuso, i pronti soccorso sono in affanno, le terapie intensive piene, noi non pretendiamo che si vada a sciare, perché la salute vene prima di tutto: se non andiamo al ristorante non andiamo nemmeno a sciare. Non chiediamo un trattamento diverso. Ma nel momento in cui il Paese riapre, in qualsiasi modo riapra, lo sci non è da demonizzare”. Anche perché – ricorda – dietro questo mondo non ci sono ricchi italiani o stranieri che vogliono fare la vacanza sulla neve, ma un industria che nel complesso vale 120 mila posti di lavoro. Solo nel settore degli impianti sono 15 mila, di cui un terzo a tempo indeterminato e 2/3 stagionali qualificati, ricorrenti, che rischiano di non avere alcuna tutela come Naspi o Cig”.

Qualunque sia la decisione, taglia corto Gerard, a questo punto però va presa e comunicata agli operatori: “E’ veramente deplorevole che si debba venire a sapere dai quotidiani o dai talk show quello che sarà il nostro destino. Noi non possiamo continuare a rimandare di giorno in giorno le decisioni, senza sapere cosa accadrà domani. Le prenotazioni sono ferme, anche per l’incertezza sulla possibilità di movimento tra le Regioni. E in Val d’Aosta la questione non riguarda solo la stagione sciistica ma anche i centri benessere. Serve una risposta chiara e definitiva del governo, e se non possiamo aprire a questo punto è fondamentale la proroga della Cassa Integrazione e l’arrivo di indennizzi veri, quelli arrivati finora sono stati solo pallitativi, che coprano almeno il 20% della media degli incassi delle ultime tre stagioni”.

Una preoccupazione che raggiunge anche chi lavora “sul campo”, come i maestri di sci. “La preoccupazione è tanta”, spiega Maurizio Bonelli, presidente dell’Associazione Nazionale Maestri di Sci. “Parliamo di 15 mila maestri con le loro famiglie ma anche di tutto quello che ruota intorno a questo settore, come segretari o autisti di pulmini. Chiudere fino all’Epifania per noi significa perdere quasi il 40% della stagione”. Un settore che rischia di essere anche completamente scoperto dalle tutele del governo: “Siamo liberi professionisti, non abbiamo diritto alla cassa integrazione. Abbiamo percepito solo i 600 euro per i lavoratori autonomi. Quanto ai ristori, sono basati sulla perdita del fatturato di aprile, quando per noi la stagione è conclusa”.

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