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Savona contro Draghi: “Nel 2012 è intervenuto tardi, molte imprese erano già saltate”

Ago 20, 2019

MILANO – L’ex ministro per gli affari Europei e presidente della Consob Paolo Savona va all’attacco della Bce e di Mario Draghi. Le misure varate dalla Banca Centrale – ha detto al meeting di Rimini – “non hanno funzionato perché il debito italiano è esposto alla speculazione: gli interventi della banca centrale calmierano ma non risolvono” perché ad esempio “se interviene sul debito pubblico italiano poi deve intervenire anche su quello tedesco, che non ne ha bisogno”.

Quindi l’attacco diretto al presdiente Bce. “Draghi” ha aggiunto” fece il Quantitative easing nel 2012, quattro anni dopo lo scoppio della crisi, quando molte imprese italiane erano già saltate”. Tecnicamente però il Quantitative Easing venne lanciato dalla Bce nel marzo del 2015. Savona si riferisce probabilmente al programma Omt (Outright Monetary Trasanctions), conosciuto anche come “scudo anti-spread”, un programma di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario limitato ad alcuni Paesi, a fronte però della sottoscrizione di un memorandum, che impegnava il Paese beneficiario dell'”aiuto” all’adozione di una serie di misure.

Quanto alla prossima Manovra, Savona ha spiegato: “Il debito pubblico italiano è esposto alla speculazione. Nella nuova legge di bilancio l’Italia dovrebbe fare un preambolo” che consenta di fatto sforamenti ai parametri europei, ma che permetta al Paese di “campare”, con un “patto che sarebbe credibile” soprattutto se “la Bce sarà aggressiva e l’Italia si impegna a rivedere integralmente la sua struttura di bilancio”.

Savona ha quindi difeso la permanenza dell’Italia nell’Unione Europea. “La Societa’ italiana deve restare in Europa ma con la forza della ragione deve cambiare questi difetti di costruzione (dell’ue, ndr) nati nel 1992 quando i paesi non si fidavano uno dell’altro”, ha detto.

A proposito della crisi Savona ha invece preso atto delle distanze tra i due ex partner di governo: “Lega e Cinquestelle hanno provato a unire le due parti del Paese: quella che chiede assistenza e quella che più produce, ma poi le due parti hanno iniziato a dividersi, il sistema si è spaccato su questi elementi”, ha detto aggiungendo che più che di nuovi leader il Paese ha bisogno di “riprogrammare integralmente il bilancio dello Stato e di passare da un contratto di governo a un contratto sociale”.

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