AGI – Saman Abbas fu strangolata. La conferma è venuta dall’autopsia secondi cui la morte della ragazza fu causata “da asfissia meccanica da strozzamento o da strangolamento”.
Nella relazione firmata e depositata dai medici legali Cristina Cattaneo e Biagio Eugenio Leone nell’ambito del processo in corso a Reggio Emilia per l’omicidio della ragazza di 18 anni ‘punita’, questa è l’ipotesi dell’accusa, per aver rifiutato un matrimonio forzato in Pakistan, si citano elementi quali “la frattura vitale allo ioide, l’infiltrazione emorragica dei tessuti del collo, il sangue nei polmoni e l’assenza di altre cause lesive mortali desumibili dalle indagini esperite sul corpo”.
In particolare, il “trauma allo ioide e ai tessuti molli circostanti” fa pensare “a una compressione del collo negli istanti precedenti la morte”. Per il suo omicidio sono imputati i genitori, due cugini e uno zio.
Riconosciuta dal sorriso
L’identificazione è avvenuta confrontando le immagini della ragazza prima della morte con quelle successive all’omicidio. Decisiva, spiegano i medici legali, l’analisi dei denti. “Si è proceduto all’accostamento e sovrapposizione degli elementi dentari visibili in foto e video – si legge nella perizia che sarà discussa nell’udienza di venerdì – in cui la vittima rideva o apriva la bocca. Il confronto è stato fatto sia per l’arcata superiore sia per quella inferiore”.
Delitto d’onore
Per gli inquirenti la ragazza sarebbe stata assassinata per un delitto per l’onore che chiama in causa un’intera famiglia, avvolta nell’omertà.
“Io sono già morto, l’ho uccisa io, io l’ho uccisa per la mia dignità e il mio onore” è la frase pronunciata dal padre Shabbar, intercettato al telefono con un parente in Italia nel giugno 2021, un mese dopo la scomparsa della 18enne dalla casa di Novellara, nella Bassa Reggiana.
L’intercettazione è agli atti del processo. Lo stesso parente interlocutore del padre di Saman, che avrebbe ricevuto anche alcune telefonate minacciose dall’uomo, riferisce agli atti “che avrebbe giurato a Shabbar che non ne avrebbe parlato con nessuno“.
Saman era arrivata in Italia dal Pakistan nel 2016: a dare l’allarme della sua scomparsa, il fidanzato ‘italiano’ Saquib, che non ha mai voluto crederla morta. Già un anno prima della sua scomparsa, la 18enne si era rivolta ai servizi sociali per denunciare i genitori per maltrattamenti e induzione al matrimonio.
Poi era rientrata a casa, tentando di riavere i suoi documenti. Tra gli atti del processo, anche il filmato della telecamera di sicurezza che ha registrato gli ultimi istanti di vita di Saman, che esce di casa accompagnata dai genitori la notte della scomparsa