AGI – La crescita dell’Italia rallenta: il governo ha ritoccato al ribasso le stime del Pil di quest’anno e del prossimo nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza. Il Consiglio dei ministri ha varato una Nadef che definisce all’insegna “della serietà e del buon senso”, figlia della difficile congiuntura economica internazionale caratterizzata dalla politica monetaria rialzista delle banche centrali e dal conflitto in Ucraina.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rivendica: “Abbiamo fatto le cose giuste, con responsabilità“. E parla di debito pubblico vincolato dal peso del Superbonus. Mentre la premier Giorgia Meloni avverte lo “stop agli sprechi del passato”, confermando l’impegno a destinare nella prossima legge di bilancio tutte le risorse disponibili “per i redditi più bassi e il taglio delle tasse”. Nel corso del 2023 il Pil viene stimato al +0,8% – era all’1% nel Def di aprile – all’1,2% nel 2024, e rispettivamente all’1,4% e all’1% nel 2025 e nel 2026.
La Nadef indica un deficit tendenziale a legislazione vigente che sale al 5,2% nel 2023 – era atteso al 4,5% – del 3,6% nel 2024, del 3,4% nel 2025 e del 3,1% nel 2026. Nello scenario programmatico invece il deficit è del 5,3% nel 2023 e del 4,3 nel 2024, in confronto alle previsioni del Def. Riguardo alle proiezioni per il 2025 e il 2026 il documento prevede rispettivamente il 3,6% e il 2,9%. Il rapporto debito/Pil e’ previsto ridursi dal 141,7% del 2022 al 139,6% nel 2026. Mentre il tasso di disoccupazione è previsto in calo dal 7,6% del 2023 al 7,3% del 2024. Il Mef ha già inviato alla Commissione Ue il testo della Nadef.
“Non rispettiamo il rapporto Deficit/PIl al 3% ma la situazione complessiva non induce a ritenere di fare politiche pro-cicliche che alimentano la recessione e quindi l’asticella si sposta a un livello di ragionevolezza”, spiega Giorgetti. Poi aggiunge: “Credo che alla Commissione ci siano delle persone che hanno fatto e fanno politica, diversamente dai banchieri centrali che fanno il loro mestiere e decidono in autonomia da altri tipi di considerazione, comprenderanno la situazione”. Poi il ministro annota: “Non vedo la correlazione con il Mes che dipende da altri tipi di valutazioni, onestamente questa retorica di uno scambio tra il Mes e scostamenti vari non l’ho mai posta e mai ne ho sentito parlare”.
Il titolare del Mef torna a imputare al peso del Superbonus la difficoltà di fermare la progressione del deficit e l’impossibilità di mobilitare maggiori risorse per la prossima manovra. “Il motivo per cui il debito non diminuisce come auspicato è perché, ormai diventa evidente a tutti, il conto da pagare per i bonus edilizi, soprattutto il Superbonus, i famosi 80 miliardi ahimè in aumento, sono pagati in 4 comode rate dal 2024. In assenza di questo il debito sarebbe calato di un punto percentuale ogni anno”, commenta Giorgetti.
Il M5s replica a breve giro agli attacchi sul Superbonus: “La Nadef, con il crollo della crescita, dimostra come il governo Meloni abbia riconsegnato l’Italia alla crescita zero. Nell’ennesimo tentativo di nascondere questo fallimento, Giorgetti palesa scarsa dimestichezza con il concetto di frazione. Con la crescita del Pil 2021-2022, propiziata dalle misure d’investimento del governo Conte II, lo Stato aveva incassato 100 miliardi in più di gettito fiscale, l’attuale esecutivo ha letteralmente dilapidato tutte queste eredità”.
La Nadef ha confermato il taglio del cuneo e l’avvio dell’applicazione della delega fiscale per proseguire nella politica di riduzione delle tasse. Il ministro dell’Economia specifica che “la delega fiscale comincera’ partendo dai redditi più bassi e dallo scaglione più basso del reddito”. Ora inizia la partita della ricerca delle risorse da impiegare nella legge di bilancio. Il maggiore ricorso al deficit rispetto alle stime del Def dovrebbe consentire di reperire le risorse per finanziare il taglio del cuneo per i redditi medio bassi, interventi sulla sanità, risorse per la natalità e i fondi per avviare i rinnovi del contratto del pubblico impiego.
Quanto al Ponte sullo Stretto, nel 2024 dovrebbe arrivare un primo stanziamento. Per reperire risorse arriva una sforbiciata sui ministeri da circa 2 miliardi per il 2024, se non provvederanno a comunicare in autonomia la loro spending review interverra’ il Mef. La giornata ha visto rincorrersi voci di possibile avvio della cessione della quota di Monte dei Paschi detenuta dal Mef dopo il salvataggio dell’istituto di credito operato negli scorsi anni.
Giorgetti chiarisce: “Il se e il quando le privatizzazioni verranno effettuate lo decide il ministro dell’Economia. Mps è una storia di un grande successo italiano, una banca solida. Se e quando verranno decise delle operazioni lo deciderà il ministro dell’Economia e lo dirà, evitando fenomeni di speculazione che invece di sembra di vedere in questi giorni”. E ancora: “L’obiettivo è di fare politica industriale. Mps può rappresentare una leva per costituire un polo forte. Non abbiamo necessita’ di fare cassa subito”.