La crisi del mercato dell’auto ha sinora lasciato dietro di sé diverse vittime. In particolare, a pagare le conseguenze più pesanti sono stati gli operai di svariati stabilimenti, che si sono ritrovati dall’oggi al domani completamente per strada o nella migliore delle ipotesi in cassa integrazione. Nel post Covid la domanda è calata parecchio e il passaggio da termico ad elettrico non ha di certo aiutato. Le Case costruttrici, infatti, si sono ritrovate a sborsare enormi quantitativi di denaro per sviluppare auto che poi nei fatti non hanno venduto quanto sperato.
Persino la Germania, da tempo locomotiva d’Europa, ha incontrato una certa difficoltà nel gestire questa situazione. Volkswagen dopo anni a primeggiare in lungo e in largo sta affrontando una profonda crisi. Gli operai del colosso teutonico sono in rivolta e gli scioperi imperversano un po’ ovunque.
Il declino di Saab
Ciò che stiamo vivendo oggi però affonda le proprie radici in tempi più lontani. La pandemia, infatti, è stata solo l’ennesima batosta ad un mercato che ha già subito la crisi finanziaria del 2007-2008. Anche in quel frangente perdemmo per strada qualche importante costruttore. Uno di questi fu Saab. La società svedese, nata nel 1945, era specializzata in vari settori, tanto da diventare negli anni un vero e proprio fiore all’occhiello della propria Nazione.
Oltre alle auto, infatti, produceva aerei e dal 1969 si unì anche alla Scania-Vabis, che faceva veicoli industriali di grande affidabilità (oggi Scania è controllata da Traton del Gruppo Volkswagen). A partire dal 1990 Saab entrò a far parte della galassia General Motors, che ne acquistò il 51% con opzione a suo favore per acquistare le quote rimanenti entro 10 anni. Cosa che fece effettivamente nel 2000.
L’addio definitivo
Dopo qualche anno positivo però il colosso americano, sul finire del 2008, fu costretto ad abbandonare Saab, che finì in amministrazione controllata. Vano fu il tentativo nel 2010, da parte di Spyker Cars di provare a salvare il costruttore, che alla fine dovette fermare la propria produzione. Così come male è andato il tentativo di rilancio della NEVS. Lo scorso aprile l’azienda ha dovuto restituire il marchio all’originario produttore di aerei. Ora per l’azienda svedese è arrivato il momento di smembrare definitivamente lo stabilimento di Trollhattan.
Le attrezzature e i macchinari vari sono finiti nelle mani di Surplex, il colosso tedesco che si occupa della rivendita di impianti e beni aziendali. Con molta probabilità le presse, le linee di montaggio e le macchine a controllo numerico, verranno vendute a varie società. In teoria, con questi beni, si potrebbe addirittura produrre nuovamente la famosa 9-3 Saab, ma per farlo ci vorrebbero i diritti industriali. Nel 2010, secondo quanto riportato da Ansa, l’analista aziendale Tim Urquhart definì la situazione Saab, come “la cattiva gestione di un brand”. Con l’uscita di scena dei macchinari probabilmente a stretto giro verrà demolito l’intero impianto di Trollhattan. Quest’ultimo era stato ceduto dalla National Electric Vehicle Sweden (NEVS) nel 2023 alla svedese Stenhaga Invest. Inizialmente la fabbrica doveva essere venduta o affittata, ma poi non se ne è fatto più nulla. A questo punto potrebbe diventare un semplice investimento immobiliare. La realtà però è che una delle aziende più importanti d’Europa si sta sgretolando definitivamente sotto i nostri occhi.