ServizioServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’EMERGENZA ACCIAIO
Uno scenario di produzione zero da parte di Taranto porterà a uno sbilanciamento della bilancia commerciale dei prodotti siderurgici, già pericolosamente in bilico
di Matteo Meneghello
15 novembre 2019
3′ di lettura
Un’Italia senza la produzione di laminati piani (in estrema sintesi sono i coils, i «rotoloni» prodotti dall’ex Ilva) è un’Italia che, inevitabilmente, dovrà prestare il fianco ai flussi di importazioni dai Paesi terzi. Lo confermano i dati di Federacciai relativi alla prima metà dell’anno, che segnalano il rischio di un pericoloso sbilanciamento, nel futuro, se gli altiforni di Taranto dovessero cessare la produzione. Russi, indiani, serbi, turchi premono alle porte e sono pronti a colmare il «vuoto» lasciato da Taranto. Ma lo faranno alle loro condizioni.
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Le difficoltà della gestione di ArcelorMittal nel secondo trimestre hanno già lasciato il segno sui numeri della produzione siderurgica italiana. I dati di Federacciai, aggiornati a settembre, segnalano nell’ultimo mese un calo dell’1,1%, con una produzione di 2,208 milioni di tonnellate. Sulla distanza dei nove mesi la produzione è di 17,621 milioni di tonnellate, circa il 4% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando l’output era stato pari a 18,328 milioni di tonnellate. Rimbalzi all’orizzonte non se ne vedono: il presidente di Federacciai, Alessandro banzato, ha sottolineato nell’ultima assemblea dei soci che non si aspetta miglioramenti significativi, ritenendosi soddisfatto se la frenata dovesse confermarsi di questa dimensione.
Leggendo la suddivisione tra i due principali segmenti produttivi («piani» e «lunghi»), aggiornata ad agosto, emerge però come il peso principale della flessione sia da imputare ai primi. In questo mercato, in Italia, operano sostanzialmente due operatori: ArcelorMittal Italia e Arvedi. Entrambi stanno subendo le difficoltà del mercato (Arvedi ha annunciato un taglio della produzione del 70% in questi ultimi due mesi dell’anno), ma a preoccupare maggiormente è l’ex Ilva. Nel solo mese di agosto, con la cassa a Taranto e i primi segnali di resa di ArcelorMittal(anche a causa di eventi come il sequestro del quarto sporgente legato all’infortunio mortale di un gruista), la produzione di piani italiana è crollata del 31 per cento.
Nei primi otto mesi anno la produzione italiana di coils è stata di poco superiore ai 5 milioni di tonnellate, in linea con il trend dell’anno scorso, chiuso a dicembre con 8,436 milioni.
Ma da questo mometo in poi, se la casella Ilva verrà cancellata, cambia tutto. Con lo scenario Ilva-zero non potrà essere Arvedi a supplire al fabbisogno italiano di coils. Bisognerà ricorrere alle importazioni.